"Chi
ha trovato una grande gioia, la comunica..."
di Papa
Benedetto
...
Come primo evento saliente di questo periodo, trascorso
tanto velocemente, vorrei menzionare il viaggio in Brasile.
Il suo scopo era l'incontro con la V Conferenza generale
dell'Episcopato dell'America Latina e dei Caraibi e
conseguentemente, più in generale, un incontro con la
Chiesa nel vasto Continente latino-americano. Prima di
soffermarmi sulla Conferenza di Aparecida, vorrei parlare di
alcuni momenti culminanti di quel viaggio.
Innanzitutto
mi rimane nella memoria la solenne serata con i giovani
nello stadio di São Paolo: in essa, nonostante le
temperature rigide, ci trovammo tutti uniti da una grande
gioia interiore, da un'esperienza viva di comunione e dalla
chiara volontà di essere, nello Spirito di Gesù Cristo,
servi della riconciliazione, amici dei poveri e dei
sofferenti e messaggeri di quel bene il cui splendore
abbiamo incontrato nel Vangelo...
Aparecida...
Era cosa buona che lì ci riunissimo e lì elaborassimo il
documento sul tema "Discipulos e misioneros de
Jesucristo, para que en Él tengan la vida".
Certamente,
qualcuno potrebbe subito fare la domanda: Ma era questo il
tema giusto in quest'ora della storia che noi stiamo
vivendo? Non era forse una svolta eccessiva verso
l'interiorità, in un momento in cui le grandi sfide della
storia, le questioni urgenti circa la giustizia, la pace e
la libertà richiedono il pieno impegno di tutti gli uomini
di buona volontà, e in modo particolare della cristianità
e della Chiesa? Non si sarebbero dovuti affrontare piuttosto
questi problemi, invece di ritrarsi nel mondo interiore
della fede? Rimandiamo, per il momento, a dopo questa
obiezione.
Prima di
rispondere ad essa, infatti, è necessario comprendere bene
il tema stesso nel suo vero significato; una volta fatto
questo, la risposta all'obiezione si delinea da sé. La
parola-chiave del tema è: trovare la vita - la vita vera.
Con ciò il tema suppone che questo obiettivo, su cui forse
tutti sono d'accordo, viene raggiunto nel discepolato di
Gesù Cristo come anche nell'impegno per la sua parola e la
sua presenza.
I cristiani in
America Latina, e con loro quelli di tutto il mondo, vengono
quindi innanzitutto invitati a ridiventare maggiormente
"discepoli di Gesù Cristo" - cosa che, in fondo,
già siamo in virtù del Battesimo, senza che ciò tolga che
dobbiamo diventarlo sempre nuovamente nella viva
appropriazione del dono di quel Sacramento. Essere discepoli
di Cristo - che cosa significa? Ebbene, significa in primo
luogo: arrivare a conoscerlo. Come avviene questo?
È un invito
ad ascoltarlo così come Egli ci parla nel testo della Sacra
Scrittura, come si rivolge a noi e ci viene incontro nella
comune preghiera della Chiesa, nei Sacramenti e nella
testimonianza dei santi. Non si può mai conoscere Cristo
solo teoricamente. Con grande dottrina si può sapere tutto
sulle Sacre Scritture, senza averLo incontrato mai. Fa parte
integrante del conoscerLo il camminare insieme con Lui...
Il discepolo
di Gesù Cristo deve essere anche "missionario",
messaggero del Vangelo, ci dice quel documento.
Anche qui si
leva un'obiezione: è lecito ancora oggi
"evangelizzare"? Non dovrebbero piuttosto tutte le
religioni e concezioni del mondo convivere pacificamente e
cercare di fare insieme il meglio per l'umanità, ciascuna
nel proprio modo?
Ebbene, è
indiscutibile che dobbiamo tutti convivere e cooperare nella
tolleranza e nel rispetto reciproci. La Chiesa cattolica si
impegna per questo con grande energia e, con i due incontri
di Assisi, ha lasciato anche indicazioni evidenti in questo
senso, indicazioni che, nell'incontro a Napoli di
quest'anno, abbiamo ripreso nuovamente.
Al riguardo mi
piace qui ricordare la lettera gentilmente inviatami il 13
ottobre scorso da 138 leader religiosi musulmani per
testimoniare il loro comune impegno nella promozione della
pace nel mondo. Con gioia ho risposto esprimendo la mia
convinta adesione a tali nobili intendimenti e sottolineando
al tempo stesso l'urgenza di un concorde impegno per la
tutela dei valori del rispetto reciproco, del dialogo e
della collaborazione.
Il
riconoscimento condiviso dell'esistenza di un unico Dio,
provvido Creatore e Giudice universale del comportamento di
ciascuno, costituisce la premessa di un'azione comune in
difesa dell'effettivo rispetto della dignità di ogni
persona umana per l'edificazione di una società più giusta
e solidale.
Ma questa
volontà di dialogo e di collaborazione significa forse allo
stesso tempo che non possiamo più trasmettere il messaggio
di Gesù Cristo, non più proporre agli uomini e al mondo
questa chiamata e la speranza che ne deriva?
Chi ha
riconosciuto una grande verità, chi ha trovato una grande
gioia, deve trasmetterla, non può affatto tenerla per sé.
Doni così grandi non sono mai destinati ad una persona
sola. In Gesù Cristo è sorta per noi una grande luce, la
grande Luce: non possiamo metterla sotto il moggio, ma
dobbiamo elevarla sul lucerniere, perché faccia luce a
tutti quelli che sono nella casa (cfr Mt 5,15)...
Fonte:
Santa
Sede
(21.12.2007)
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