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CAMERUN

 

Il PIME è presente in Camerun dagli inizi degli anni Settanta, quando, in collaborazione con la diocesi di Treviso, si prese carico della missione di Ambam, nel sud del Paese. Da quei primi anni di cose ne sono cambiate . Non siamo più ad Ambam. Ci siamo trasferiti a Yaoundé, la capitale, nel centro del Paese. Certamente non più la foresta, ma la gente è quasi la stessa. Nella parrocchia di Ngousso, padre Carlo, il parroco, ci dice: «Quando osservo la comunità che il Signore mi ha affidato, mi vengono in mente le parole dell'Apocalisse: "... e vidi una folle enorme, difficile da contare, figure di ogni tribù e lingua...". Nella capitale arrivano da ogni parte del Paese, qualche parente e aspettano... Qui hai tutto il Paese: senti differenti lingue, incontri diverse tradizioni, diverse religioni: cristiani, musulmani e coloro che seguono la religione tradizionale. Il primo lavoro da fare è quello di aggregare la gente, interessandola ai problemi che tutti vivono nel quartiere: 1'acqua, la casa, le strade... e poi incontrare i giovani, che sono la maggior parte degli abitanti». A Yaoundé, di giovani, ce n'è in abbondanza. Anche di piccolissimi che vivono in strada: les enfants de la rue. Piccoli che dormono per strada, mangiano per strada, rubano, si picchiano, si drogano con la colla delle scarpe, vanno in prigione facilmente. Per tutti quelli che vogliono c'è una casa, il Foyer della Speranza, dove lavora padre Maurizio Bezzi. Lì sono accolti, accompagnati a ricominciare una vita più umana di quella di strada, ed eventualmente a rientrare nella famiglia, quando essa esiste. Molti arrivano per sbarcare il lunario. Hanno visto la televisione, le luci della città, le pubblicità. Miraggi. La realtà è ben altra.

A Nord del Camerun (a Guidiguis, Moutourwa, Touloum e Zouzoui), dove il deserto sta arrivando, ci sono le altre missioni del PIME. Clima duro, lingue complicate da imparare studiando di sera dopo una giornata di lavoro a 40 gradi all'ombra. La gente di questi luoghi è abituata a soffrire: per far crescere un albero si devono sudare le proverbiali sette camicie. Comunità cristiane piccole, ma vivaci. I catechisti, vere colonne della Chiesa a questi paralleli, sono seguiti con una attenzione particolare. Molto si è fatto per tradurre nelle lingue del posto la Bibbia e il messale con i salmi e i canti, musicati da trovatori locali. E ancora la raccolta delle tradizioni e delle leggende locali. Tutto per il desiderio di incontrare l'uomo concreto, nella sua tradizione, nella sua religione. Così inizia il dialogo della vita con il mondo musulmano, dentro la conoscenza e la stima reciproca. Accoglienza anche per coloro che sono normalmente emarginati: i portatori di handicap fisici e mentali, visti come coloro che sono stati «maledetti», per il loro comportamento strano. Anche per loro un luogo, una casa, dove essere amati e aiutati a recuperare la dignità che altri hanno loro negato.