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GUINEA BISSAU

 

I padri del PIME  presenti in Guinea dal 1947, hanno privilegiato soprattutto gli ambienti più rurali cercando gli ultimi in tutti i sensi: umano, spirituale, culturale, sociale. La Chiesa in Guinea, pur presente da 500 anni attraverso le colonie portoghesi, è ancora giovane e il lavoro dei missionari è sempre caratterizzato dalla lotta per un «equilibrio in due ambiti», che difficilmente si stabilizza in misure fisse a causa delle singole personalità e degli avvenimenti. Un equilibrio che è sempre da ricercare. Un equilibrio tra azione e contemplazione, tra aiuto che poteva scadere nell'assistenzialismo e pastorale che poteva scadere nel proselitismo. Ed un equilibrio da cercare e proporre nell'ambito sociale e politico. Abbiamo, infatti, usi e costumi tradizionali in evoluzione, cicatrici di abusi e soprusi risalenti ai tempi coloniali e ferite di abusi e soprusi della democrazia corrente non ancora consolidata (la Guinea Bissau si trova di nuovo nel dramma di una guerra assurda). In questo quadro è difficile ma necessario essere capaci di indicare il vero nella giusta misura e nella dovuta maniera.

Il PIME intende innanzitutto approfondire le lingue e gli usi etnici per una evangelizzazione più efficace. In quest'ottica, dal 1990 si è cominciato a parlare di aree culturali, ovvero, quelle situazioni più tipiche perché legate ad un'etnia e quindi ad una lingua particolare. Per cui, pur non escludendo altri tipi dì presenza di frontiera o di pastorale ordinaria. (abbiamo anche una parrocchia in centro città e nel profondo sud), il PIME sta cercando di rafforzare con personale le tre missioni. scelte che offrono le caratteristiche sopra indicate: Suzana tra l'etnia felupe, Mansoa per l'etnia balanta e Bubaque per l'etnia bijago. In questi luoghi si vorrebbe potere essere più capaci di giungere al cuore della gente nell'annunciare il Cristo a partire da una maggior conoscenza della loro lingua ed usi. È cominciato pure il processo di consegna di alcune missioni alla diocesi, che peraltro è anche una necessità poiché le forze sono sempre meno; è tuttavia soprattutto una scelta e il desiderio di essere dedicati in modo particolare agli ultimi. Se una missione ha una comunità valida, formata ed una struttura decente si consegna alla diocesi.

Oggi si sentono ancora gli effetti della recente guerra civile. L'improvviso e violento scoppio di una guerra

che si è mantenuta in prima linea cercando, con tutte le sue forze, la pace e appoggiando i più sofferenti e colpiti dalla guerra. All'inizio del terzo millennio ci troviamo a tentare di far fronte, assieme a tutti gli altri istituti e al clero locale, all'emergenza causata dalla follia umana; nello stesso tempo avvertiamo il dovere d'essere profetici e far sì che gli avvenimenti pur drammatici non ci costringano alla sopravvivenza ma ci animino al desiderio e alla speranza di edificare una Chiesa con una fede sempre più cosciente e dedicata a Colui che, unico, può offrire la vera pace e felicità al genere umano.