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MESSICO

Padre Massimo Segù, missionario del Pime in Messico racconta: "Il Messico è un grande paese con oltre ottanta milioni di abitanti, due milioni dei quali sono di etnia mixteca, un grande popolo che ha un passato glorioso, una grande civiltà, una delle poche del Messico ad avere elaborato un sistema di scrittura molto preciso grazie al quale si conosce parte della storia del Messico prima dell’arrivo dei colonizzatori spagnoli. La popolazione Mixteca occupa attualmente la parte meridionale del Messico, gli stati do Oaxaca, il sud dello stato di Puebla e parte dello stato del Guerrero confinante con Oaxaca, dove si trova la missione del PIME, costituita da tre piccoli villaggi. Gli abitanti sono circa diecimila di cui la maggior parte ancora parla la lingua mixteca e buona parte di loro non parla lo spagnolo. La popolazione della parrocchia è completamente di etnia mixteca e soffre dei problemi delle popolazioni indigene del Messico, cioè di essere considerati come cittadini di seconda classe. Benché il Governo formalmente riconosce il valore delle culture indigene in realtà queste popolazioni, proprio per il fatto di non parlare bene la lingua spagnola che è la lingua ufficiale del Messico, soffrono di una sorta di discriminazione e vivono in uno stato di estrema povertà che è aggravato dagli scarsi sistemi di comunicazione. La nostra parrocchia rimane isolata in gran parte della stagione delle piogge per la mancanza di una strada. Le vie di comunicazione sono difficili perché l’accesso ad esempio al telefono è molto limitato. Ciò porta ad una serie di problemi che impediscono un dignitoso sviluppo di questa popolazione. La missione del PIME, come dicevo, si compone di tre villaggi: Cuanacaxtitlan, Jolosotchil ed Arrojo Cumiapa i cui abitanti parlano la stessa lingua mixteca con varianti considerevoli. Un mio desiderio è quello di studiare e imparare questa lingua per poter comunicare in maniera efficace con la gente a cui siamo inviati ad annunziare il messaggio del vangelo". Padre Graziano Rota si trova nella missione di Cuanacaxtitlan dal marzo del 2000 con la funzione di parroco. "Il lavoro pastorale che si svolge in questa missione è ancora agli inizi. Qui la gente è cattolica, sono tutti battezzati. Il problema è il tipo di evangelizzazione ricevuta: ci si fonda molto sui sacramenti, mentre noi vorremmo che non ci si fermasse a ricevere il sacramento come tale ma si andasse alla radice e alla coscienza della propria fede. Il lavoro che stiamo portando avanti assieme a padre Massimo è quello di "coscentizzare" la gente circa la propria fede, la propria religione, studiando la maniera di formare soprattutto "leaders", persone che con il loro impegno e il loro lavoro possano coordinare gruppi e movimenti. La gente viene alla chiesa, ai sacramenti, però è ancora tenacemente legata alle proprie tradizioni dalle quali non riesce a scrollarsi, portandosi addosso il fardello di una cultura che, per alcuni versi senz’altro valida, necessita di una purificazione dalle usanze e di una ripulita dalle superstizioni che impediscono l’entrata del Vangelo puro. Una difficoltà in questo lavoro è proprio la resistenza da parte della gente per quanto riguarda il substrato religioso intriso senza soluzione di continuo da molta superstizione"