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L'erto, caratteristico promontorio, sulle cui pendici settentrionali è sorta la città di Gaeta ed attualmente
denominato Monte Orlando
ha avuto nei tempi passati nomi diversi

  La prima denominazione Loco Planciano o Palanzano, come distortamente ebbe anche a definirsi dopo, la troviamo in un documento dell'anno 964, riportato nel Codex Diplomaticus Cajetanus: "ecclesie beati michaelis archangelis posita in loco planciano." (C.D.C., doc. LXVI).

  Chiaramente il termine Planciano deriva dal nome di Lucio Munazio Planco, il console romano, generale ed amico di Giulio Cesare, che sulla collina fece costruire una villa e, successivamente, il suo mausoleo.

  Nei secoli XI e XII la località ebbe il nome di Monte ad Arcum Timpanum. Questa denominazione, più volte riportata nel Codex Diplomaticus Cajetanus in documenti risalenti agli anni 1071, 1114, 1124, 1134, viene usata per descrivere il sito del Monastero della Trinità o Montagna Spaccata.

  È riferibile, verosimilmente, alla presenza della imponente grotta, comunemente detta "del Turco", originata da movimenti negli strati rocciosi ed allargata nel corso dei millenni dall'azione chimico-meccanica del mare.

  Scrive Donato Vaglio, nel suo testo "La Montagna Spaccata": "Quella grotta doveva apparire come un maestoso arco, capace certo d'impressionare il passeggero, ... Tenendo poi presente come quella grotta risuoni per le onde che si infrangono contro la roccia fragorosamente, ... 'ad arcum timpanum' sarebbe da tradursi 'presso l'arco risuonante'.".

  Mons. Salvatore Leccese, nel volume "Il Castello di Gaeta", riporta che il promontorio "nei secoli successivi, fu chiamato monte San Martino, monte della Guardia, monte Orlando… Il nome di San Martino gli venne evidentemente dalla chiesa omonima, che fu eretta alle falde sud orientali del monte. Fu detto Monte della Guardia dal corpo di guardia che in tempo di guerra, minacciata o aperta, era installato sulla sua cima con l'incarico di 'vigilare et custodire et bene perspicere… venientes… et facere signa de nocte cum igne et de die cum fumo'… A questo gruppo di guardie erano preposti due ufficiali chiamati Capitani del Monte. Perché la collina 'abbia poi preso il nome di Monte Orlando, toponimo privo di un deciso significato storico ed etimologico aderente alla realtà del luogo… non è facile da spiegare." ("L'evoluzione urbana di Gaeta" di Luigi Cardi).

  Il toponimo è comunque strettamente correlato al Mausoleo di Lucio Munazio Planco, chiamato nel passato Torre d'Orlando.

  Una descrizione di Gaeta, risalente al 1403, fatta da un ambasciatore del re Enrico III di Castiglia, parla di "un alto colle sulla cui cima vi è una torre che somiglia ad un grande osservatorio… dicono che l'abbia fatta Rolando, infatti la chiamano la Torre di Rolando".

  Questa descrizione costituisce forse il più antico documento nel quale viene usato il nome Orlando.

  Diversi storici hanno cercato di chiarire questa denominazione. Tra questi, Onorato Gaetani d'Aragona, nel descrivere il Mausoleo di Planco, ritiene che "nel XIII secolo, epoca della prima invasione francese sotto gli Angioini, questo fabbricato circolare a mo' di torre fosse chiamato 'Tour roulante', e poi man mano 'Torrolanda' nel dialetto popolare" sino a quando "i governanti della città … nobilitassero la parola dicendo 'Torre d'Orlando'".

  Quindi per estensione, fu chiamato "Monte d'Orlando" (o più semplicemente Orlando) il rilievo sulla cui cima esso è edificato.

  Un'altra ipotesi, avanzata da Nicola Aletta, fa risalire tale nome ai tempi della cavalleria feudale ed alla diffusione del ciclo carolingio nella toponomastica italiana, quando si amava dare ad edifici e luoghi importanti il nome del leggendario eroe, nipote di Carlo Magno, che combatté per alti ideali come la fede religiosa, la patria, il sovrano, l'onore.

  Infatti a similitudine di Capo Miseno, il promontorio di Gaeta, che da lontano ricorda un tumulo gigantesco, può aver fatto fiorire leggende sulla sepoltura del paladino carolingio per cui l'immaginazione popolare l'ha trasformato nel sepolcro di Orlando così come la leggenda di Enea, narrataci dai versi di Virgilio, vi aveva identificata la tomba di Cajeta, nutrice dell'eroe virgiliano.