“Volgeranno
lo sguardo a Colui che
hanno trafitto” (Gv
19,37)
Papa
Benedetto (dal messaggio per la quaresima 2007)
Dio
attende il “sì” delle sue creature come un
giovane sposo quello della sua sposa. Purtroppo fin dalle
sue origini l’umanità, sedotta dalle menzogne del
Maligno, si è chiusa all’amore di Dio, nell’illusione
di una impossibile autosufficienza (cfr Gn
3,1-7).
Ripiegandosi su se stesso, Adamo si è allontanato da quella
fonte della vita che è Dio stesso, ed è diventato il primo
di “quelli che per timore della morte erano tenuti in
schiavitù per tutta la vita” (Eb 2,15). Dio, però,
non si è dato per vinto, anzi il “no” dell’uomo è
stato come la spinta decisiva che l’ha indotto a
manifestare il suo amore in tutta la sua forza redentrice.
Quale
più “folle eros” (N. Cabasilas, Vita in
Cristo, 648) di quello che ha portato il Figlio di Dio
ad unirsi a noi fino al punto di soffrire come proprie le
conseguenze dei nostri delitti?
“Colui
che hanno trafitto”
Non
sorprende che, tra i santi, molti abbiano trovato nel Cuore
di Gesù l’espressione più commovente di questo mistero
di amore. Si potrebbe addirittura dire che la rivelazione
dell’eros di Dio verso l’uomo è, in realtà,
l’espressione suprema della sua agape.
In
verità, solo l’amore in cui si uniscono il dono gratuito
di sé e il desiderio appassionato di reciprocità infonde
un’ebbrezza che rende leggeri i sacrifici più pesanti.
Gesù ha detto: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò
tutti a me” (Gv 12,32).
La
risposta che il Signore ardentemente desidera da noi è
innanzitutto che noi accogliamo il suo amore e ci lasciamo
attrarre da Lui. Accettare il suo amore, però, non basta.
Occorre corrispondere a tale amore ed impegnarsi poi a
comunicarlo agli altri: Cristo “mi attira a sé” per
unirsi a me, perché impari ad amare i fratelli con il suo
stesso amore.
Sangue
ed acqua
“Volgeranno
lo sguardo a Colui che hanno trafitto”. Guardiamo con
fiducia al costato trafitto di Gesù, da cui sgorgarono
“sangue e acqua” (Gv 19,34)! I Padri della Chiesa
hanno considerato questi elementi come simboli dei
sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia. Con l’acqua
del Battesimo, grazie all’azione dello Spirito Santo, si
dischiude a noi l’intimità dell’amore trinitario.
Nel
cammino quaresimale, memori del nostro Battesimo, siamo
esortati ad uscire da noi stessi per aprirci, in un
confidente abbandono, all’abbraccio misericordioso del
Padre (cfr S. Giovanni Crisostomo, Catechesi, 3,14 ss.).
Il sangue, simbolo dell’amore del Buon Pastore, fluisce in
noi specialmente nel mistero eucaristico: “L’Eucaristia
ci attira nell’atto oblativo di Gesù… veniamo coinvolti
nella dinamica della sua donazione” (Enc. Deus
caritas est, 13).
Viviamo allora la Quaresima come un tempo ‘eucaristico’,
nel quale, accogliendo l’amore di Gesù, impariamo a
diffonderlo attorno a noi con ogni gesto e parola.
Contemplare “Colui che hanno trafitto” ci spingerà in
tal modo ad aprire il cuore agli altri riconoscendo le
ferite inferte alla dignità dell’essere umano; ci spingerà,
in particolare, a combattere ogni forma di disprezzo della
vita e di sfruttamento della persona e ad alleviare i drammi
della solitudine e dell’abbandono di tante persone.
(il
messaggio del Papa)
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