La missione di Hong
Kong, oltre alla colonia inglese, comprendeva anche
tre distretti sul continente cinese: Po On, Way
Yeung e Hoi Fung.
Si estendevano lungo le
coste, per cui il mezzo di trasporto più
conveniente per i missionari era la barca.
Raggiungevano poi a piedi o
a cavallo i villaggi interni. Era una vita sempre in
movimento, che li portava ad avere contatti con
comunità e situazioni disparate.
Bisognava adattarsi a cibi
frugali, riposare in catapecchie, spesso correndo il
rischio di incidenti, incontri sfortunati con
briganti, malesseri indesiderati.
Con l’avvento del governo
comunista, i missionari italiani poterono continuare
a lavorare solo per pochi anni sul continente e,
alla fine, dovettero lasciare i loro posti, alcuni
anche dopo mesi di domicilio coatto.
L’ultimo fu monsignor
Lorenzo Bianchi che, liberato il 17 ottobre 1952,
rientrò in Hong Kong e assunse l’ufficio di
vescovo ordinario. I preti cinesi invece
continuarono a lavorarvi un po’ più a lungo, ma
presto il territorio fu ufficialmente separato dalla
diocesi di Hong Kong.
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