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... Con i miei ragazzi fuori dal buio...

 

A Port Moresby (Papua Nuova Guinea) 10 mila bambini non vanno a scuola. E molti vivono in modo traumatico il passaggio dalla vita tradizionale a quella moderna.
 
di padre Giorgio Licini  (PIME) 

Cercando un titolo per il programma educativo che vogliamo realizzare nei prossimi tre anni ho osservato con più attenzione vecchie carte intestate della nostra scuola. In alcune appare il motto «Living in the light»: «Vivere nella luce», dal Vangelo di Giovanni, a cui la missione è dedicata. 

Non c’è stato più bisogno di cercare. «Vivere nella luce», tuttavia, è più di uno slogan. È una sfida. 

È rivelazione divina. «In principio era la Parola», scrive infatti l’apostolo Giovanni, e tramite la Parola tutto fu fatto. Ciò che fu fatto era vita: vita che per l’uomo era anche luce. Una luce che splende nelle tenebre! 

A Port Moresby le tenebre assumono sagome precise. In una città di 300 mila abitanti, 10 mila bambini non vanno a scuola. 

Fino a pochi anni fa non li vedevi mendicare. Ora sì. Gli adolescenti e i giovani che possono studiare o lavorare sono meno della metà del totale. Non è sempre colpa delle istituzioni. 

Un buon numero di ragazzi sono incapaci di far fronte alle esigenze della vita moderna. Conservano la lentezza del villaggio. Passare al lavoro dipendente - con orari e condivisione di spazi ristretti - è qualcosa di più di una rivoluzione copernicana. 

La modernità sconvolge lo spirito, le relazioni, il rapporto con la natura. La povertà e il disorientamento sono più evidenti qui in città che nei villaggi di campagna. 

La generazione istruita del tempo dell’indipendenza dall’Australia (1975) ora è anziana. Era uscita dalle scuole delle missioni. Una generazione selezionata e quasi artificiale, preparata appunto per reggere il destino della nuova nazione, in possesso di un inglese perfetto e fortemente disciplinata. Non c’è stata replica. 

Molti figli di quella generazione non hanno avuto la stessa fortuna negli studi. Non solo. Sono meno capaci, a malapena riescono a leggere e scrivere. Da nessun’altra parte come su queste colline alla periferia di Port Moresby ho visto la difficoltà del passaggio dalla vita tradizionale a quella moderna e mi sono chiesto con quale giustizia sia stato imposto a tutti nel mondo lo stesso modello. 

Sulla barca dei sogni (lavoro stipendiato, corrente elettrica, casa in muratura, un diploma scolastico…) qui in Papua Nuova Guinea riesce a salire a malapena il 10 per cento della popolazione. 

Gli altri restano a terra, impantanati nell’economia stagnante delle campagne, o nella depressione delle periferie urbane. Si tratta quindi di dar battaglia alle tenebre dell’analfabetismo, dell’illegalità, della poligamia e dell’infedeltà matrimoniale, della droga e dell’alcol. Troppi ragazzi sono nelle strade perché le abitazioni sono sovraffollate, nessuno li manda a scuola, le bambine sono frequentemente insidiate. 

«Che fare?», ci siamo chiesti. Una prima risposta è venuta subito. Abbiamo una scuola (elementare e media) nell’area della missione. Una scuola con poche aule, troppi studenti assenti ogni giorno, senza biblioteca e sussidi didattici adeguati, ma comunque una scuola approvata. La possiamo sistemare. Andremo a vedere perché alcuni ragazzi sono assenti. Troveremo genitori a distanza per coloro le cui famiglie non possono sobbarcarsi l’onere della scuola. 

La partita si gioca prima dei dodici anni. Diventa quasi impossibile recuperare i ragazzi quando sono già in strada, analfabeti, senza prospettive di lavoro, malati, organizzati in bande. Li trovano prima i criminali, o la polizia quando cominciano a delinquere. E il virus dell’Aids li sorprende e se li porta via in numero crescente. 

«Apri gli occhi! - mi dice padre Giuda, francescano, animatore di diversi centri di prevenzione e cura -. La gente non parla, ma tu hai in media un malato per ogni strada». 

«Vivere nella luce» non può essere un programma di pochi: se ne farà carico tutta la comunità. Le signore della Legione di Maria nel 2006 hanno censito 142 famiglie cattoliche (presumibilmente il 20 per cento della popolazione) nella zona. Solo una dozzina partecipano alle attività della parrocchia o almeno alla Messa domenicale. Di 130 famiglie io, venuto da fuori, non so nulla. I leader locali non le hanno ancora accostate.

È vero, la nostra zona è piena di sbandati. I benpensanti non ci pensano nemmeno a fare un giro qui. I ragazzi però attaccano solo gli estranei. 

Le suore di Madre Teresa vanno ovunque. Non è l’abito a proteggerle, ma il sorriso, la visita ai malati, una preghiera attorno a una mensa povera, il trasporto nel loro sgangherato pulmino: prima da me per una benedizione, poi al famigerato reparto 4B dell’Ospedale, pieno di ragazzi che sembrano larve, ufficialmente malati di tubercolosi, in realtà trafitti dal virus bastardo dell’Hiv. 

«Vivere nella luce»: un primo sforzo per i nostri ragazzi, una scommessa in chiave di prevenzione per evitare il più possibile le tenebre dell’analfabetismo, della criminalità e della malattia. 

Una chance per 700 studenti

Durante tutto il 2008 Mondo e Missione sosterrà il progetto di rilancio della St. John’s Community School nel quartiere di Tokarara a nord-ovest della capitale della Papua, Port Moresby. 

Questo progetto rientra nella strategia di intervento messa a punto dal Pime per costruire una presenza rilevante in un contesto caratterizzato da gravi problemi sociali che toccano in primo luogo i giovani: dall’analfabetismo alla disoccupazione, dalle dipendenze all’Aids. 

Dopo la ristrutturazione e il completamento, la scuola (elementare e media) disporrà di ventuno classi, che potranno accogliere 690 studenti, all’interno di un progetto educativo che punterà su qualità dell’insegnamento e cura degli alunni, con particolare attenzione ai ragazzi più esposti al rischio di evasione scolastica. Un programma di borse di studio per bambini poveri ma meritevoli sarà messo a punto in concomitanza con la riqualificazione delle strutture scolastiche. I genitori degli studenti - e i membri della comunità in generale - contribuiranno attivamente alla costruzione dell’edificio che ospiterà le sei aule mancanti, il cui costo previsto è di 40 mila euro. 

Non mancherà l’apporto del volontariato: i ragazzi (una quindicina), che a luglio andranno a Sydney per la Gmg, da febbraio saranno impegnati il sabato per il doposcuola ai più piccoli e la visita alle famiglie.

 

FONTE: MONDO E MISSIONE