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   Pensando a chi soffre

 La sofferenza dell’uomo è un mistero grande e difficile da accettare. Ma non dobbiamo dimenticare che nel momento del dolore non siamo mai soli.

di padre Giuseppe Carrara, missionario del PIME

Desidero condividere con voi un fatto recente che mi è capitato qui, a Napoli: l’incontro, in un ospedale, con alcuni grandi ustionati. 

Li ho conosciuti alcuni mesi fa. Uno di loro, Nino, all’epoca era ancora in sala di rianimazione. Bruciato in volto, sul busto e sulle braccia a causa di un incendio doloso durante la recente torrida estate, in Sicilia. Sposato, con una bambina di due anni, le cui foto aveva fatto appendere alla parete della sua camera. Un altro, Nicolò, bergamasco, giovane studente, fidanzato con una siciliana. Genitori ex Lotta Continua (o simili). Ustionato per lo scoppio di una bombola del gas. Un terzo, Igor, ucraino, ortodosso, ustionato alle gambe per un incidente sul lavoro. 

Padre Giuseppe missionario a Kidapawan, Filippine

Unico parente in Italia, una sorella. Tipi diversi, sia umanamente sia religiosamente, ma accomunati dalla sofferenza, vissuta assieme per diversi mesi nello stesso ospedale. Ma anche dalla dignità e dalla forza. 

Nessuna bestemmia o volontà di vendetta, bensì voglia di vincere la disgrazia e di ricominciare la propria vita, consci del dono che questa è. Naturalmente, alcuni momenti di sconforto, ma non più di quelli che prendono anche le persone sane. 

Vi confesso che più volte mi sono ritrovato incapace di dire qualcosa. Solo la loro positività riusciva a farmi dire, non solo pensare, che loro erano per me la presenza più concreta di Gesù, quella che meritava la stessa devozione del Pane Eucaristico o della Parola. 

Qualcuno annuiva convinto; qualcuno rispettosamente taceva; ma tutti, indipendentemente dalle loro opinioni, incarnavano Gesù sofferente. 

Mi sono commosso quando mi hanno chiesto di dire con loro il rosario e anche quelli che, semplicemente, avevano manifestato di non essere praticanti si sono uniti a noi. Maria, come con Gesù nella povera capanna di Betlemme o sotto la Croce, è sempre una buona compagnia per resistere nella prova e nel dolore! 

Due di loro sono già tornati a casa, incominciando il lento processo di reinserimento nella vita quotidiana. Uno, Igor, è ancora in ospedale perché bisognoso di altre terapie alle gambe e anche perché non ha chi lo può assistere (viveva da solo). È vero che c’è sempre stato il dolore, anche prima di Gesù, ma solo perché Dio si è fatto uomo e ha preso le nostre sofferenze su di sé, condividendole fino in fondo, la sofferenza è diventata sopportabile. Non dico fisicamente, infatti grazie ai progressi della medicina ci sono più rimedi, ma moralmente e spiritualmente, perché ora sappiamo che non siamo soli: c’è l’Emmanuele, Dio è con noi. 

E sappiamo che la nostra sofferenza, se offerta, ha lo stesso valore della Sua. Naturalmente, quando si sta bene, è facile dirlo, quando invece siamo toccati nella carne, diventa difficile. 

Voglio allora invitarvi a pregare e a sostenere, per quello che potete, tutti coloro che soffrono. Sia, il vostro, come un soffio di energia positiva che, attraverso lo Spirito Santo, raggiunga la mente, il cuore, le membra dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che soffrono.


FONTE: MISSIONARI DEL PIME