Sepolti
a Karamles i tre cristiani uccisi nel rapimento del vescovo
Rahho di Mosul (Iraq)
Si sono svolti stamattina
(1.3.2008) i funerali dell’autista e le due guardie del
corpo. Nella stessa cittadina anche la tomba di p. Ragheed
ucciso l’anno scorso nella zona dove ieri mons. Rahho è
stato rapito. Fonti dall’Iraq parlano di “segnali che
lasciano sperare che sia vivo”. L’appello del Papa e l’apprensione
dei fedeli e del Patriarcato: il vescovo è malato, ha
bisogno dei suoi medicinali.
Mosul – Si sono svolti stamattina a
Karamles, un villaggio cristiano vicino a Mosul, i funerali
delle tre persone uccise ieri nell’agguato all’arcivescovo
caldeo mons. Faraj Rahho, al momento in mano dei suo
rapitori. Si tratta di Faris Gorgis Khoder, l’autista,
Ramy e Samir, due guardie del corpo. Tutti e tre erano padri
di famiglia, ciascuno con tre figli. Intanto ancora nessuna
notizia ufficiale sulle condizioni del vescovo 67enne, che
al momento del sequestro aveva appena finito di celebrare la
Via Crucis alla parrocchia del Santo Spirito. Fonti di
AsiaNews in Iraq parlano di “segnali che lasciano sperare
che mons. Rahho sia ancora vivo e che i sequestratori
vogliano negoziare”. Dalla diocesi i fedeli esprimono
grande preoccupazione per il loro pastore: “Il vescovo
deve assumere quotidianamente dei medicinali, confidiamo
nell’umanità di questa gente”. Oggi anche il sito web
del Patriarcato caldeo esprime apprensione per la salute del
presule.
Un appello “affinché prevalgano
negli autori del rapimento ragione e umanità e mons. Rahho
venga restituito quanto prima alla cura del suo gregge” è
stato lanciato ieri sera anche dal Papa. Benedetto XVI si
dice “ amareggiato per tale nuovo esecrabile atto, che
colpisce profondamente l’intera Chiesa nel Paese e in
particolare la Chiesa caldea”. Esprime poi “vicinanza”
al patriarca card. Emmanuel III Delly (in questo momento ad
Amman, ndr) e “a tutta quella provata comunità cristiana,
come pure ai familiari delle vittime”. Il Papa ha infine
invitato la Chiesa universale “ad unirsi alla sua fervente
preghiera rinnovando anche l’auspicio che il popolo
iracheno ritrovi cammini di riconciliazione e di pace”.
Per tentare di liberare mons. Rahho si
stanno mobilitando i vertici della Chiesa in Iraq, come pure
esponenti della comunità musulmana. Dovrebbe arrivare tra
oggi e domani anche l’appello di alcuni imam iracheni.
L’arcivescovo di Mosul aveva
denunciato in passato la persecuzione dei cristiani in atto
nella città e lui stesso aveva già ricevuto diverse
minacce. Il 3 giugno 2007, proprio nei pressi della stessa
chiesa dove ieri è avvenuto il suo rapimento, p. Ragheed
Gani e tre suddiaconi sono stati uccisi a colpi di arma da
fuoco. “A Mosul – raccontano gli abitanti – siamo
tutti spaventati, cristiani e musulmani, abbiamo paura, ma
stiamo tutti pregando per il vescovo”.
FONTE: ASIANEWS
Papa Benedetto, Domenica delle
Palme (16.3.2008)
(...) In questa solenne Celebrazione,
in cui abbiamo meditato sulla Passione di Cristo, desidero
ricordare il compianto Arcivescovo di Mossul dei Caldei,
Monsignor Paulos Faraj Rahho, tragicamente scomparso pochi
giorni fa.
La sua bella testimonianza di fedeltà a Cristo,
alla Chiesa e alla sua gente, che nonostante numerose
minacce non aveva voluto abbandonare, mi spinge ad alzare un
forte e accorato grido: basta con le stragi, basta con le
violenze, basta con l'odio in Iraq!
Ed elevo in pari tempo
un appello al Popolo iracheno, che da cinque anni porta le
conseguenze di una guerra che ha provocato lo
scompaginamento della sua vita civile e sociale: amato
Popolo iracheno, solleva la tua testa e sii tu stesso, in
primo luogo, ricostruttore della tua vita nazionale! Siano
la riconciliazione, il perdono, la giustizia e il rispetto
della convivenza civile tra tribù, etnie, gruppi religiosi,
la solidale via alla pace nel nome di Dio!
il
martirio del vescovo
Paulos Faraj Rahho
"Sono sicuro!" Lettera di Padre Douglas Al Bazi
a Monsignor Faraj P. Rahho (scritta dopo il suo rapimento)
"Oh! Padre buono, Monsignor Faraj, vescovo del
sorriso. Sono sicuro che tu ora sia in meditazione e che il
tuo pensiero stia vagando pur in un angusto spazio. Sono
sicuro che le domande che ti stanno ponendo ti investono con
la violenza degli spari e che la tua lingua prova vergogna
nel rispondere.
Sono sicuro che il profumo dell'incenso sui
tuoi abiti fa da scudo al ripugnante odore dell'alito marcio
dei tuoi rapitori, che tu puoi sentire l'odore dei tappeti
da preghiera, il cigolìo della porta, il richiamo alla
preghiera dai minareti e forse anche nella stessa buia
camera dove ti trovi, non è vero?
Sono sicuro che tu sei
dispiaciuto di ascoltare parole ed insulti privi di senso
che ti feriscono, ti imbarazzano, ti fanno sentire straniero
nella tua città e ti spingono a chiederti cosa puoi mai
avere fatto nella tua vita da suscitare tanto odio, non è
vero? Sono sicuro che non ci sono specchi nella casa dove ti
trovi, e d'altra parte, a cosa servirebbero? A rimandare
l'immagine di corpi senza anima, di "kefie"
indossate da chi teme la luce, di corpi impregnati
dall'odore dell'olio delle armi.
Sono sicuro che tu stai
mangiando per abitudine e non per fame, e che il cibo che ti
portano non viene da una terra irrigata da acqua o sudore ma
da sangue.
Sono sicuro che l'eco della tua possente voce
ancora risuona negli angoli e sotto gli archi della chiesa e
che la stessa voce sta ancora pregando ma seguendo un suo
proprio calendario. Che tu stai ora scegliendo i tristi inni
della preghiera del Digiuno di Ninive, che la tua situazione
non è diversa da quella del tuo Signore, e che quegli inni
ti stanno conducendo verso il Giovedì Santo velando il tuo
viso di tristezza. Che tu ti senti rilassato come quando da
bambino correvi negli stretti vicoli di Mosul dalle porte
delle chiese agli angoli dei monasteri cantando gli inni a
Maria senza curarti che fossero in arabo, assiro, caldeo o
siriaco o che fossero corretti; che quegli stessi inni sono
stati sempre nel cuore e ti hanno protetto fin'ora, ma lo
faranno in futuro? Sono sicuro che la Vergine ti sta ora
guidando nella scelta del tuo salmodiare sotto voce verso la
festa della Resurrezione. Non è vero? Sono sicuro che ti
stanno offrendo dell'acqua come se tu fossi un prigioniero
di guerra, e che lo stanno facendo per mostrare generosità
e benevolenza nei tuoi confronti dimenticando però di
vivere, essi stessi, in una palude di peccati. Eccellenza,
ti stiamo aspettando, che tu faccia ritorno o meno.
Tu sei
un martire, un testimone della Fede.
La morte per noi non è
la fine di tutto, e la situazione di crisi che stai vivendo
è quella di tutta la nostra Madre Chiesa. Forse non
vinceremo usando i loro stessi mezzi perchè la loro guerra
è autorizzata dai "mufti", dai principi del Jihad
o dalle autorità religiose. Anche Gesù non ha vinto una
battaglia ma ha vinto attraverso il Suo amore. Lui non ebbe
medaglie, o lauree, o certificati teologici, cristiani o
islamici, ma tutti gli ammalati si rivolgevano a Lui, colui
che li curava come già Suo Padre. Lui non portò mai armi e
non indossò mai una kefia, che fosse bianca e nera o bianca
e rossa, non creò mai milizie o bande, non chiuse mai le
strade, ma mostrò sempre il lato migliore dell'Uomo e di
Dio. "Questa è la vita eterna: che conoscano te, il
solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù
Cristo." (Gv 17:3) Oh! eccellenza, perchè non ci fanno
ascoltare la tua voce? Il tuo respiro si è forse fermato o
hanno paura? Paura di cosa? Certo hanno paura perchè sono
tuoi prigionieri nella guerra di cui non siamo parte ma che
è guidata da chi è convinto di essere vincitore, di avere
diritto al saccheggio od ad esigere la jizyia, la tassa di
protezione richiesta ai non musulmani. Sono sicuro che se
anche ti lasciassero parlare con noi le tue prime parole
sarebbero quelle della lettera di San Paolo ai Romani:
"Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno
muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il
Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore",
parole che nessun rapitore, fantoccio dell'occupante, vuole
sentire.
Alzati e torna da noi, Eccellenza. I tuoi figli ti
stanno aspettando e tu sai che noi abbiamo ereditato dai
nostri avi le parole e la tradizione del perdono, lo spirito
evangelico del dialogo, e la speranza nella luce del futuro,
anche se abbiamo lasciato il nostro paese o siamo stati
costretti a farlo. Anche i nostri avi portarono sulle spalle
i propri figli, le proprie masserizie, il sudario ed i già
troppo usati vestiti da lutto. Le nostre spalle sono
abituate a sopportare il peso delle pietre delle chiese e
dei villaggi distrutti e delle bare, ma ora non trasportano
più le ossa dei santi perchè ad ogni passo, ogni volta che
si scavano le fondamenta di una nuova casa o di una nuova
moschea, che sia nella pianura, nel deserto, nella palude,
in montagna - e quante volte in montagna! - o sotto la neve,
le ossa dei nostri santi vengono alla luce perchè le
immagini dei loro visi ornano ancora gli angoli delle case e
l'inchiostro dei manifesti di lutto è ancora fresco,
perchè ancora da esse emana il profumo della tranquillità
e risuona l'eterna domanda: "Quando finirà?" Oh!
Eccellenza, ritornerai da noi e ci dirai cosa è successo,
ma nei nostri pensieri e nella nostra coscienza sappiamo che
tu non volevi fosse pagato un riscatto nel caso del tuo
rapimento, sappiamo che sia tu sia i tuoi rapitori avete
ormai perso il conto di quante volte hai detto loro
"nessuno pagherà per il mio rilascio", che il tuo
coraggio non si è spento, è cresciuto e non diminuito, è
più forte e non più debole, e sappiamo anche che la paura
è negli occhi di chi ti ha rapito, negli occhi di chi
sfugge i tuoi.
Oh! Eccellenza, sono sicuro che tu stai
dicendo a te stesso: "Non sono meglio del mio Maestro,
del mio Salvatore" che è stato trascinato per i vicoli
di Gerusalemme di venerdì come tu lo sei stato in quelli di
Mosul. Ciò che sto per scrivere non è facile per me che ho
vissuto la tua stessa esperienza, vissuta da altri prima e
dopo di me. Quante volte ho chiesto che chi mi amava potesse
essere liberato dalla sofferenza che il mio sequestro
comportava. La mia opinione è ora quella del vecchio, del
giovane, del bambino: il nostro cimitero non è ora lontano
come in passato e non si raccontano più storie di fantasmi,
perchè esso ora si trova vicino alle nostre case, ai nostri
villaggi, ai campi da calcio, alle strade dove in
processione lodiamo i nostri santi. Il nostro cimitero è
ora dovunque, i fiori sono ancora freschi sulle sepolture,
quelli sulla tomba del giovane sacerdote stanno ora vivendo
la loro prima primavera, e l'aria risuona ancora delle urla
delle donne che piangono una morte prematura. Oh!
Eccellenza, torna da noi... tu ci stai aspettando... non è vero?
Father Douglas Al
Bazi
Fonte: baghdadhope.blog
L'IRAQ
DELLE RELIGIONI
LE
RELIGIONI NEL NUOVO IRAQ
Le
Chiese di san Tommaso Apostolo, Missionario
in Oriente
Fonte: Fides
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