"...
molto più
elementare... cercare Dio!"
Papa
Benedetto a Parigi, venerdì 12 pomeriggio
(al Collège des Bernardins)
(...)Vorrei parlarvi
stasera delle origini della teologia occidentale e delle
radici della cultura europea. Ho ricordato all'inizio che il
luogo in cui ci troviamo è in qualche modo emblematico. È
infatti legato alla cultura monastica, giacché qui hanno
vissuto giovani monaci, impegnati ad introdursi in una
comprensione più profonda della loro chiamata e a vivere
meglio la loro missione. È questa un'esperienza che
interessa ancora noi oggi, o vi incontriamo soltanto un
mondo ormai passato? Per rispondere, dobbiamo riflettere un
momento sulla natura dello stesso monachesimo occidentale.
Di che cosa si trattava allora? In base alla storia degli
effetti del monachesimo possiamo dire che, nel grande
sconvolgimento culturale prodotto dalla migrazione di popoli
e dai nuovi ordini statali che stavano formandosi, i
monasteri erano i luoghi in cui sopravvivevano i tesori
della vecchia cultura e dove, in riferimento ad essi, veniva
formata passo passo una nuova cultura.
Ma come avveniva
questo? Quale era la motivazione delle persone che in questi
luoghi si riunivano? Che intenzioni avevano? Come hanno
vissuto? Innanzitutto e per prima cosa si deve dire, con
molto realismo, che non era loro intenzione di creare una
cultura e nemmeno di conservare una cultura del passato. La
loro motivazione era molto più elementare. Il loro
obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio. Nella confusione
dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano
fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che
vale e permane sempre, trovare la Vita stessa. Erano alla
ricerca di Dio. Dalle cose secondarie volevano passare a
quelle essenziali, a ciò che, solo, è veramente importante
e affidabile. Si dice che erano orientati in modo
"escatologico". Ma ciò non è da intendere in
senso cronologico, come se guardassero verso la fine del
mondo o verso la propria morte, ma in un senso esistenziale:
dietro le cose provvisorie cercavano il definitivo. Quaerere
Deum: poiché erano cristiani, questa non era una spedizione
in un deserto senza strade, una ricerca verso il buio
assoluto.
Dio stesso aveva
piantato delle segnalazioni di percorso, anzi, aveva
spianato una via, e il compito consisteva nel trovarla e
seguirla. Questa via era la sua Parola che, nei libri delle
Sacre Scritture, era aperta davanti agli uomini. La ricerca
di Dio richiede quindi per intrinseca esigenza una cultura
della parola o, come si esprime Jean Leclercq : nel
monachesimo occidentale, escatologia e grammatica sono
interiormente connesse l'una con l'altra (cfr L'amour des
lettres et le desir de Dieu, p.14). Il desiderio di Dio, le
désir de Dieu, include l'amour des lettres, l'amore per la
parola, il penetrare in tutte le sue dimensioni. Poiché
nella Parola biblica Dio è in cammino verso di noi e noi
verso di Lui, bisogna imparare a penetrare nel segreto della
lingua, a comprenderla nella sua struttura e nel suo modo di
esprimersi. Così, proprio a causa della ricerca di Dio,
diventano importanti le scienze profane che ci indicano le
vie verso la lingua. Poiché la ricerca di Dio esigeva la
cultura della parola, fa parte del monastero la biblioteca
che indica le vie verso la parola. (...)
Che cosa significhi
il trascendimento della lettera e la sua comprensione
unicamente a partire dall'insieme, egli l'ha espresso in
modo drastico nella frase: "La lettera uccide, lo
Spirito dà vita" (2 Cor 3,6). E ancora: "Dove
c'è lo Spirito … c'è libertà" (2 Cor 3,17). La
grandezza e la vastità di tale visione della Parola
biblica, tuttavia, si può comprendere solo se si ascolta
Paolo fino in fondo e si appre nde allora che questo Spirito
liberatore ha un nome e che la libertà ha quindi una misura
interiore: "Il Signore è lo Spirito, e dove c'è lo
Spirito del Signore c'è libertà" (2 Cor 3,17). Lo
Spirito liberatore non è semplicemente la propria idea, la
visione personale di chi interpreta. Lo Spirito è Cristo, e
Cristo è il Signore che ci indica la strada. Con la parola
sullo Spirito e sulla libertà si schiude un vasto
orizzonte, ma allo stesso tempo si pone un chiaro limite
all'arbitrio e alla soggettività, un limite che obbliga in
maniera inequivocabile il singolo come la comunità e crea
un legame superiore a quello della lettera: il legame
dell'intelletto e dell'amore. Questa tensione tra legame e
libertà, che va ben oltre il problema letterario
dell'interpretazione della Scrittura, ha determinato anche
il pensiero e l'operare del monachesimo e ha profondamente
plasmato la cultura occidentale.
Essa si pone
nuovamente anche alla nostra generazione come sfida di
fronte ai poli dell'arbitrio soggettivo, da una parte, e del
fanatismo fondamentalista, dall'altra. Sarebbe fatale, se la
cultura europea di oggi potesse comprendere la libertà
ormai solo come la mancanza totale di legami e con ciò
favorisse inevitabilmente il fanatismo e l'arbitrio.
Mancanza di legame e arbitrio non sono la libertà, ma la
sua distruzione. (...)
La cosa nuova
dell'annuncio cristiano è la possibilità di dire ora a
tutti i popoli: Egli si è mostrato. Egli personalmente. E
adesso è aperta la via verso di Lui. La novità
dell'annuncio cristiano consiste in un fatto: Egli si è
mostrato. Ma questo non è un fatto cieco, ma un fatto che,
esso stesso, è Logos - presenza della Ragione eterna nella
nostra carne. Verbum caro factum est (Gv 1,14): proprio
così nel fatto ora c'è il Logos, il Logos presente in
mezzo a noi. Il fatto è ragionevole. Certamente occorre
sempre l'umiltà della ragione per poter accoglierlo;
occorre l'umiltà dell'uomo che risponde all'umiltà di Dio.
La nostra situazione di oggi, sotto molti aspetti, è
diversa da quella che Paolo incontrò ad Atene, ma, pur
nella differenza, tuttavia, in molte cose anche assai
analoga. Le nostre città non sono più piene di are ed
immagini di molteplici divinità. Per molti, Dio è
diventato veramente il grande Sconosciuto. Ma come allora
dietro le numerose immagini degli dèi era nascosta e
presente la domanda circa il Dio ignoto, così anche
l'attuale assenza di Dio è tacitamente assillata dalla
domanda che riguarda Lui. Quaerere Deum - cercare Dio e
lasciarsi trovare da Lui: questo oggi non è meno necessario
che in tempi passati. Una cultura meramente positivista che
rimuovesse nel campo soggettivo come non scientifica la
domanda circa Dio, sarebbe la capitolazione della ragione,
la rinuncia alle sue possibilità più alte e quindi un
tracollo dell'umanesimo, le cui conseguenze non potrebbero
essere che gravi. Ciò che ha fondato la cultura
dell'Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità ad
ascoltarLo, rimane anche oggi il fondamento di ogni vera
cultura.
E
a Lourdes, sabato sera, alla processione...
(...) Per bocca di
Bernadette noi sentiamo la Vergine Maria chiederci di venire
qui in processione per pregare con semplicità e fervore. La
processione "aux flambeaux" traduce ai nostri
occhi di carne il mistero della preghiera: nella comunione
della Chiesa, che unisce eletti del cielo e pellegrini della
terra, la luce zampilla dal dialogo tra l'uomo e il suo
Signore e una strada luminosa si apre nella storia degli
uomini, compresi anche i momenti più bui.
Questa processione
è un momento di grande gioia ecclesiale, ma anche un tempo
di riflessione austera: le intenzioni che portiamo con noi
sottolineano la nostra profonda comunione con tutti gli
esseri che soffrono. Pensiamo alle vittime innocenti che
subiscono la violenza, la guerra, il terrorismo, la
carestia, o che portano le conseguenze delle ingiustizie,
dei flagelli e delle calamità, dell'odio e
dell'oppressione, degli attentati alla loro dignità umana e
ai loro diritti fondamentali, alla loro libertà d'azione e
di pensiero. Pensiamo anche a coloro che vivono problemi
familiari o che soffrono in conseguenza della
disoccupazione, della malattia, dell'infermità, della
solitudine, della loro situazione di immigrati. Non voglio
inoltre dimenticare coloro che patiscono a causa del nome di
Cristo e che muoiono per Lui.
Maria ci insegna a
pregare, a fare della nostra preghiera un atto d'amore per
Dio e di carità fraterna. Pregando con Maria, il nostro
cuore accoglie coloro che soffrono. Come potrebbe la nostra
vita non esserne, di conseguenza, trasformata? Perché il
nostro essere e la nostra vita tutta intera non dovrebbero
diventare luoghi di ospitalità per il nostro prossimo?
Lourdes è un luogo di luce, perché è un luogo di
comunione, di speranza e di conversione.
Ora che cala la
notte Gesù ci dice: "Conservate le vostre lampade
accese" (cfr Lc 12,35): la lampada della fede, la
lampada della preghiera, la lampada della speranza e
dell'amore!
Questo camminare
nella notte, portando la luce, parla con forza al nostro
intimo, tocca il nostro cuore e dice molto di più che ogni
altra parola pronunciata o intesa.
Questo gesto
riassume da solo la nostra condizione di cristiani in
cammino: abbiamo bisogno di luce e, allo stesso tempo, siamo
chiamati a divenire luce. (...)
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