"...
porta luce al mondo.
..."
Papa
Benedetto, agli auguri natalizi
(...) La
speciale atmosfera del Natale.
Mi piace pensare che
essa sia quasi un prolungamento di quella misteriosa
letizia, di quell'intima esultanza che coinvolse la santa
Famiglia, gli Angeli e i pastori di Betlemme, nella notte in
cui Gesù viene alla luce. La definirei "l'atmosfera
della grazia" (...)
L'Anno Paolino è un
anno di pellegrinaggio non soltanto nel senso di un cammino
esteriore verso i luoghi paolini, ma anche, e soprattutto,
in quello di un pellegrinaggio del cuore, insieme con Paolo,
verso Gesù Cristo. In definitiva, Paolo ci insegna anche
che la Chiesa è Corpo di Cristo, che il Capo e il Corpo
sono inseparabili e che non può esserci amore per Cristo
senza amore per la sua Chiesa e la sua comunità vivente.
Tre specifici
avvenimenti dell'anno che s'avvia alla conclusione saltano
particolarmente agli occhi. C'è stata innanzitutto la
Giornata Mondiale della Gioventù in Australia, una grande
festa della fede, che ha riunito più di 200.000 giovani da
tutte le parti del mondo e li ha avvicinati non solo
esternamente - nel senso geografico - ma, grazie alla
condivisione della gioia di essere cristiani, li ha anche
avvicinati interiormente. Accanto a ciò c'erano i due
viaggi, l'uno negli Stati Uniti e l'altro in Francia, nei
quali la Chiesa si è resa visibile davanti al mondo e per
il mondo come una forza spirituale che indica cammini di
vita e, mediante la testimonianza della fede, porta luce al
mondo. Quelle sono state infatti giornate che irradiavano
luminosità; irradiavano fiducia nel valore della vita e
nell'impegno per il bene. E infine c'è da ricordare il
Sinodo dei Vescovi: Pastori provenienti da tutto il mondo si
sono riuniti intorno alla Parola di Dio, che era stata
innalzata in mezzo a loro; intorno alla Parola di Dio, la
cui grande manifestazione si trova nella Sacra Scrittura.
Ciò che nel quotidiano ormai diamo troppo per scontato,
l'abbiamo colto nuovamente nella sua sublimità: il fatto
che Dio parli, che Dio risponda alle nostre domande. Il
fatto che Egli, sebbene in parole umane, parli di persona e
noi possiamo ascoltarLo e, nell'ascolto, imparare a
conoscerLo e a comprenderLo.
Il fatto che Egli
entri nella nostra vita plasmandola e noi possiamo uscire
dalla nostra vita ed entrare nella vastità della sua
misericordia. Così ci siamo nuovamente resi conto che Dio
in questa sua Parola si rivolge a ciascuno di noi, parla al
cuore di ciascuno: se il nostro cuore si desta e l'udito
interiore si apre, allora ognuno può imparare a sentire la
parola rivolta appositamente a lui. Ma proprio se sentiamo
Dio parlare in modo così personale a ciascuno di noi,
comprendiamo anche che la sua Parola è presente affinché
noi ci avviciniamo gli uni agli altri; affinché troviamo il
modo di uscire da ciò che è solamente personale. Questa
Parola ha plasmato una storia comune e vuole continuare a
farlo. Allora ci siamo nuovamente resi conto che - proprio
perché la Parola è così personale - possiamo comprenderla
in modo giusto e totale solo nel "noi" della
comunità istituita da Dio: essendo sempre consapevoli che
non possiamo mai esaurirla completamente, che essa ha da
dire qualcosa di nuovo ad ogni generazione. Abbiamo capito
che, certamente, gli scritti biblici sono stati redatti in
determinate epoche e quindi costituiscono in questo senso
anzitutto un libro proveniente da un tempo passato. Ma
abbiamo visto che il loro messaggio non rimane nel passato
né può essere rinchiuso in esso: Dio, in fondo, parla
sempre al presente, e avremo ascoltato la Bibbia in maniera
piena solo quando avremo scoperto questo
"presente" di Dio, che ci chiama ora.
Infine era
importante sperimentare che nella Chiesa c'è una Pentecoste
anche oggi - cioè che essa parla in molte lingue e questo
non soltanto nel senso esteriore dell'essere rappresentate
in essa tutte le grandi lingue del mondo, ma ancora di più
in senso più profondo: in essa sono presenti i molteplici
modi dell'esperienza di Dio e del mondo, la ricchezza delle
culture, e solo così appare la vastità dell'esistenza
umana e, a partire da essa, la vastità della Parola di Dio.
Tuttavia abbiamo anche appreso che la Pentecoste è tuttora
"in cammino", è tuttora incompiuta: esiste una
moltitudine di lingue che ancora attendono la Parola di Dio
contenuta nella Bibbia. (...)
Della presenza della
Parola di Dio, di Dio stesso nell'attuale ora della storia
si è trattato anche nei viaggi pastorali di quest'anno: il
loro vero senso può essere solo quello di servire questa
presenza. In tali occasioni la Chiesa si rende pubblicamente
percepibile, con essa la fede e perciò almeno la questione
su Dio. Questo manifestarsi in pubblico della fede chiama in
causa ormai tutti coloro che cercano di capire il tempo
presente e le forze che operano in esso. Specialmente il
fenomeno delle Giornate Mondiali della Gioventù diventa
sempre più oggetto di analisi, in cui si cerca di capire
questa specie, per così dire, di cultura giovanile.
L'Australia mai prima aveva visto tanta gente da tutti i
continenti come durante la Giornata Mondiale della
Gioventù, neppure in occasione dell'Olimpiade. E se
precedentemente c'era stato il timore che la comparsa in
massa di giovani potesse comportare qualche disturbo
dell'ordine pubblico, paralizzare il traffico, ostacolare la
vita quotidiana, provocare violenza e dar spazio alla droga,
tutto ciò si è dimostrato infondato. È stata una festa
della gioia - una gioia che infine ha coinvolto anche i
riluttanti: alla fine nessuno si è sentito molestato. Le
giornate sono diventate una festa per tutti, anzi solo
allora ci si è veramente resi conto di che cosa sia una
festa - un avvenimento in cui tutti sono, per così dire,
fuori di sé, al di là di se stessi e proprio così con sé
e con gli altri. Qual è quindi la natura di ciò che
succede in una Giornata Mondiale della Gioventù? Quali sono
le forze che vi agiscono? Analisi in voga tendono a
considerare queste giornate come una variante della moderna
cultura giovanile, come una specie di festival rock
modificato in senso ecclesiale con il Papa quale star. Con o
senza la fede, questi festival sarebbe ro in fondo sempre la
stessa cosa, e così si pensa di poter rimuovere la
questione su Dio. Ci sono anche voci cattoliche che vanno in
questa direzione valutando tutto ciò come un grande
spettacolo, anche bello, ma di poco significato per la
questione sulla fede e sulla presenza del Vangelo nel nostro
tempo. Sarebbero momenti di una festosa estasi, che però in
fin dei conti lascerebbero poi tutto come prima, senza
influire in modo più profondo sulla vita.
Con ciò, tuttavia,
la peculiarità di quelle giornate e il carattere
particolare della loro gioia, della loro forza creatrice di
comunione, non trovano alcuna spiegazione. Anzitutto è
importante tener conto del fatto che le Giornate Mondiali
della Gioventù non consistono soltanto in quell'unica
settimana in cui si rendono pubblicamente visibili al mondo.
C'è un lungo cammino esteriore ed interiore che conduce ad
esse. La Croce, accompagnata dall'immagine della Mad re del
Signore, fa un pellegrinaggio attraverso i Paesi. La fede, a
modo suo, ha bisogno del vedere e del toccare. L'incontro
con la croce, che viene toccata e portata, diventa un
incontro interiore con Colui che sulla croce è morto per
noi. L'incontro con la Croce suscita nell'intimo dei giovani
la memoria di quel Dio che ha voluto farsi uomo e soffrire
con noi. E vediamo la donna che Egli ci ha dato come Madre.
Le Giornate solenni sono soltanto il culmine di un lungo
cammino, col quale si va incontro gli uni agli altri e
insieme si va incontro a Cristo. In Australia non per caso
la lunga Via Crucis attraverso la città è diventata
l'evento culminante di quelle giornate. Essa riassumeva
ancora una volta tutto ciò che era accaduto negli anni
precedenti ed indicava Colui che riunisce insieme tutti noi:
quel Dio che ci ama sino alla Croce. Così anche il Papa non
è la star intorno alla quale gira il tutto. Egli è
totalmente e solamente Vicario. Rimanda all'Altro che sta in
mezzo a noi. Infine la Liturgia solenne è il centro
dell'insieme, perché in essa avviene ciò che noi non
possiamo realizzare e di cui, tuttavia, siamo sempre in
attesa. Lui è presente. Lui entra in mezzo a noi. È
squarciato il cielo e questo rende luminosa la terra. È
questo che rende lieta e aperta la vita e unisce gli uni con
gli altri in una gioia che non è paragonabile con l'estasi
di un festival rock. Friedrich Nietzsche ha detto una volta:
"L'abilità non sta nell'organizzare una festa, ma nel
trovare le persone capaci di trarne gioia". Secondo la
Scrittura, la gioia è frutto della Spirito Santo (cfr Gal
5, 22): questo frutto era abbondantemente percepibile nei
giorni di Sydney. Come un lungo cammino precede le Giornate
Mondiali della Gioventù, così ne deriva anche il camminare
successivo. Si formano delle amicizie che incoraggiano ad
uno st ile di vita diverso e lo sostengono dal di dentro. Le
grandi Giornate hanno, non da ultimo, lo scopo di suscitare
tali amicizie e di far sorgere in questo modo nel mondo
luoghi di vita nella fede, che sono insieme luoghi di
speranza e di carità vissuta. (...)
La fede nello
Spirito creatore è un contenuto essenziale del Credo
cristiano. Il dato che la materia porta in sé una struttura
matematica, è piena di spirito, è il fondamento sul quale
poggiano le moderne scienze della natura. Solo perché la
materia è strutturata in modo intelligente, il nostro
spirito è in grado di interpretarla e di attivamente
rimodellarla. Il fatto che questa struttura intelligente
proviene dallo stesso Spirito creatore che ha donato lo
spirito anche a noi, comporta insieme un compito e una
responsabilità. Nella fede circa la creazione sta il
fondamento ultimo della nostra responsabilità verso la
terra. Essa non è semplicemente nostra proprietà che
possiamo sfruttare secondo i nostri interessi e desideri. È
piuttosto dono del Creatore che ne ha disegnato gli
ordinamenti intrinseci e con ciò ci ha dato i segnali
orientativi a cui attenerci come amministratori della sua
creazione. Il fatto che la terra, il cosmo, rispecchino lo
Spirito creatore, significa pure che le loro strutture
razionali che, al di là dell'ordine matematico,
nell'esperimento diventano quasi palpabili, portano in sé
anche un orientamento etico. Lo Spirito che li ha plasmati,
è più che matematica - è il Bene in persona che, mediante
il linguaggio della creazione, ci indica la strada della
vita retta.
Poiché la fede nel
Creatore è una parte essenziale del Credo cristiano, la
Chiesa non può e non deve limitarsi a trasmettere ai suoi
fedeli soltanto il messaggio della salvezza. Essa ha una
responsabilità per il creato e deve far valere questa
responsabilità anche in pubblico. E facendolo deve
difendere non solo la terra, l'acqua e l'aria come doni
della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere anche
l'uomo contro la distruzione di se stesso. È necessario che
ci sia qualcosa come una ecologia dell'uomo, intesa nel
senso giusto. Non è una metafisica superata, se la Chiesa
parla della na tura dell'essere umano come uomo e donna e
chiede che quest'ordine della creazione venga rispettato.
Qui si tratta di fatto della fede nel Creatore e
dell'ascolto del linguaggio della creazione, il cui
disprezzo sarebbe un'autodistruzione dell'uomo e quindi una
distruzione dell'opera stessa di Dio. Ciò che spesso viene
espresso ed inteso con il termine "gender", si
risolve in definitiva nella autoemancipazione dell'uomo dal
creato e dal Creatore. L'uomo vuole farsi da solo e disporre
sempre ed esclusivamente da solo ciò che lo riguarda. Ma in
questo modo vive contro la verità, vive contro lo Spirito
creatore. Le foreste tropicali meritano, sì, la nostra
protezione, ma non la merita meno l'uomo come creatura,
nella quale è iscritto un messaggio che non significa
contraddizione della nostra libertà, ma la sua condizione.
Grandi teologi della Scolastica hanno qualificato il
matrimonio, cioè il legame per tutta la vita tra uomo e
donna, come sacramento della creazione, che lo stesso
Creatore ha istituito e che Cristo - senza modificare il
messaggio della creazione - ha poi accolto nella storia
della salvezza come sacramento della nuova alleanza. Fa
parte dell'annuncio che la Chiesa deve recare la
testimonianza in favore dello Spirito creatore presente
nella natura nel suo insieme e in special modo nella natura
dell'uomo, creato ad immagine di Dio. Partendo da questa
prospettiva occorrerebbe rileggere l'Enciclica Humanae
vitae: l'intenzione di Papa Paolo VI era di difendere
l'amore contro la sessualità come consumo, il futuro contro
la pretesa esclusiva del presente e la natura dell'uomo
contro la sua manipolazione. (...)
Se lo Spirito
creatore si manifesta innanzitutto nella grandezza
silenziosa dell'universo, nella sua struttura intelligente,
la fede, oltre a ciò, ci dice la cosa inaspettata, che
cioè questo Spirito parla, per così dire, anche con parole
umane, è entrato nella storia e, come forza che plasma la
storia, è anche uno Spirito parlante, anzi, è Parola che
negli Scritti dell'Antico e del Nuovo Testamento ci viene
incontro. Che cosa questo significhi per noi, l'ha espresso
meravigliosamente sant'Ambrogio in una sua lettera:
"Anche ora, mentre leggo le divine Scritture, Dio
passeggia nel Paradiso" (Ep. 49, 3). Leggendo la
Scrittura, noi possiamo anche oggi quasi vagare nel giardino
del Paradiso ed incontrare Dio che lì passeggia: tra il
tema della Giornata Mondiale della Gioventù in Australia e
il tema del Sinodo dei Vescovi esiste una profonda
connessione interiore. I due temi "Spirito Santo"
e " Parola di Dio" vanno insieme. Leggendo la
Scrittura apprendiamo però anche che Cristo e lo Spirito
Santo sono inseparabili tra loro. Se Paolo con sconcertante
sintesi afferma: "Il Signore è lo Spirito" (2 Cor
3, 17), appare non solo, nello sfondo, l'unità trinitaria
tra il Figlio e lo Spirito Santo, ma soprattutto la loro
unità riguardo alla storia della salvezza: nella passione e
risurrezione di Cristo vengono strappati i veli del senso
meramente letterale e si rende visibile la presenza del Dio
che sta parlando. Leggendo la Scrittura insieme con Cristo,
impariamo a sentire nelle parole umane la voce dello Spirito
Santo e scopriamo l'unità della Bibbia. (...)
La inseparabilità
di Cristo e dello Spirito Santo. Nella maniera forse più
bella essa si manifesta nel racconto di san Giovanni circa
la prima apparizione del Risorto davanti ai discepoli: il
Signore alita sui discepoli e dona loro in questo modo lo
Spirito Santo. Lo Spirito Santo è il soffio di Cristo. E
come il soffio di Dio nel mattino della creazione aveva
trasformato la polvere del suolo nell'uomo vivente, così il
soffio di Cristo ci accoglie nella comunione ontologica con
il Figlio, ci rende nuova creazione. Per questo è lo
Spirito Santo che ci fa dire insieme col Figlio: "Abba,
Padre!" (cfr Gv 20, 22; Rm 8, 15).
Così emerge
spontaneamente la connessione tra Spirito e Chiesa. Paolo,
in Prima Corinzi 12 e in Romani 12, ha illustrato la Chiesa
come Corpo di Cristo e proprio così come organismo dello
Spirito Santo, in cui i doni dello Spirito Santo fondono i
singoli in un tutt'uno vivente. Lo Spirito Santo è lo
Spirito del Corpo di Cristo. Nell'insieme di questo Corpo
troviamo il nostro compito, viviamo gli uni per gli altri e
gli uni in dipendenza dagli altri, vivendo in profondità di
Colui che ha vissuto e sofferto per tutti noi e che mediante
il suo Spirito ci attrae a sé nell'unità di tutti i figli
di Dio. "Vuoi anche tu vivere dello Spirito di Cristo?
Allora sii nel Corpo di Cristo", dice Agostino a questo
proposito (Tr. in Jo. 26, 13).
Così con il tema
"Spirito Santo", che orientava le giornate in
Australia e, in modo più nascosto, anche le settimane del
Sinodo, si rende visibile tutta l'ampiezza della fede
cristiana, un'ampiezza che dalla responsabilità per il
creato e per l'esistenza dell'uomo in sintonia con la
creazione conduce, attraverso i temi della Scrittura e della
storia della salvezza, fino a Cristo e da lì alla comunità
vivente della Chiesa, nei suoi ordini e responsabilità come
anche nella sua vastità e libertà, che si esprime tanto
nella molteplicità dei carismi quanto nell'immagine
pentecostale della moltitudine delle lingue e delle culture.
Parte integrante
della festa è la gioia. La festa si può organizzare, la
gioia no. Essa può soltanto essere offerta in dono; e, di
fatto, ci è stata donata in abbondanza: per questo siamo
riconoscenti. Come Paolo qualifica la gioia frutto dello
Spirito Santo, così anche Giovanni nel suo Vangelo ha
connesso strettamente lo Spirito e la gioia. Lo Spirito
Santo ci dona la gioia. Ed Egli è la gioia. La gioia è il
dono nel quale tutti gli altri doni sono riassunti. Essa è
l'espressione della felicità, dell'essere in armonia con se
stessi, ciò che può derivare solo dall'essere in armonia
con Dio e con la sua creazione. Fa parte della natura della
gioia l'irradiarsi, il doversi comunicare.
Lo spirito
missionario della Chiesa non è altro che l'impulso di
comunicare la gioia che ci è stata donata. Che essa sia
sempre viva in noi e quindi s'irradi sul mondo nelle sue
tribolazioni: tale è il mio auspicio alla fine di
quest'anno. Insieme con un vivo ringraziamento per tutto il
vostro faticare ed operare, auguro a tutti voi che questa
gioia derivante da Dio ci venga donata abbondantemente anche
nell'Anno Nuovo. (...)
Qui
il testo completo
Di seguito il commento alle
parole del Papa di Padre Federico Lombardi, direttore della
Sala Stampa della Santa Sede
Invita tutti i
credenti a scoprire in questo Natale le sorprese di Dio.
Questo periodo in cui la Chiesa celebra la nascita di Gesù
è un tempo di “riscoperta delle grandi sorprese di Dio
per l'uomo”, afferma nell'editoriale di “Octava Dies”,
settimanale prodotto dal Centro Televisivo Vaticano, di cui
è direttore.
Padre Lombardi parla
delle sorprese che Dio fa all'uomo seguendo il bilancio
compiuto da Benedetto XVI sul 2008 insieme ai membri della
Curia Romana questo lunedì.
Il Papa ha insistito
“sulla sorprendente azione dello Spirito attorno a noi”,
ricordando soprattutto “l'esperienza delle Giornate
Mondiali della Gioventù” del luglio scorso a Sydney, in
Australia.
In particolare, il
Pontefice ha sottolineato il carattere particolare di “questi
raduni pervasi da una gioia composta e profonda, che i
giovani portano con sé anche tornando alle loro case”.
“Una gioia diversa
da quella effimera ed eccitata di altri eventi di massa,
segno di una presenza che aiuta a generare nuovi luoghi di
speranza e di carità vissuta”, spiega padre Lombardi.
Il discorso del Papa
si è allargato, aggiunge: “la sorpresa, la meraviglia,
nasce anche guardando il mondo intorno a noi, scoprendo che
la materia è intrisa di intelligenza e che perciò la
nostra mente è capace di leggerne la struttura dando
origine all'entusiasmante avventura della scienza moderna”.
“E la sorpresa
continua nel riconoscere la bellezza della creazione dell'es
sere umano come uomo e donna”, aggiunge il sacerdote.
“Il grido di
sorpresa e di gioia di Adamo quando Dio gli presenta la
donna echeggia fin dalle prime pagine della Scrittura. La
confusione antropologica che oscura il significato di questo
incontro rischia di spegnere la fonte di questa gioia”.
“Infine la sorpresa
più straordinaria: la venuta del Figlio di Dio nel mondo
come uno di noi, per stare con noi, camminare con noi,
parlarci con il nostro linguaggio, farsi ascoltare dalle
nostre orecchie, vedere dai nostri occhi, toccare dalle
nostre mani, e anche per rimanere con noi nella comunità
viva dei credenti”.
“Il Natale, dunque,
tempo di scoperta delle grandi sorprese di Dio per l'uomo.
A queste belle notizie e non alla polemica, mira sempre
l'annuncio della Chiesa”, conclude.
FONTE:
ZENIT
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