"...
per costruire la
pace della grande famiglia umana..."
Messaggio
di pace
di Papa Benedetto
(...) Una
delle strade maestre per costruire la pace è una
globalizzazione finalizzata agli interessi della grande
famiglia umana.
Per governare la
globalizzazione occorre però una forte solidarietà globale
tra Paesi ricchi e Paesi poveri, nonché all'interno dei
singoli Paesi, anche se ricchi.
È necessario un «
codice etico comune », le cui norme non abbiano solo un
carattere convenzionale, ma siano radicate nella legge
naturale inscritta dal Creatore nella coscienza di ogni
essere umano (cfr Rm 2,14-15). Non avverte forse ciascuno di
noi nell'intimo della coscienza l'appello a recare il
proprio contributo al bene comune e alla pace sociale? La
globalizzazione elimina certe barriere, ma ciò non
significa che non ne possa costruire di nuove; avvicina i
popoli, ma la vicinanza spaziale e temporale non crea di per
sé le condizioni per una vera comunione e un'autentica
pace.
La marginalizzazione
dei poveri del pianeta può trovare validi strumenti di
riscatto nella globalizzazione solo se ogni uomo si sentirà
personalmente ferito dalle ingiustizie esistenti nel mondo e
dalle violazioni dei diritti umani ad esse connesse. La
Chiesa, che è « segno e strumento dell'intima unione con
Dio e dell'unità di tutto il genere umano », continuerà
ad offrire il suo contributo affinché siano superate le
ingiustizie e le incomprensioni e si giunga a costruire un
mondo più pacifico e solidale.
Nel campo del
commercio internazionale e delle transazioni finanziarie,
sono oggi in atto processi che permettono di integrare
positivamente le economie, contribuendo al miglioramento
delle condizioni generali; ma ci sono anche processi di
senso opposto, che dividono e marginalizzano i popoli,
creando pericolose premesse per guerre e conflitti. Nei
decenni successivi alla seconda guerra mondiale, il
commercio internazionale di beni e di servizi è cresciuto
in modo straordinariamente rapido, con un dinamismo senza
precedenti nella storia. Gran parte del commercio mondiale
ha interessato i Paesi di antica industrializzazione, con la
significativa aggiunta di molti Paesi emergenti, diventati
rilevanti. Ci sono però altri Paesi a basso reddito, che
risultano ancora gravemente marginalizzati rispetto ai
flussi commerciali. La loro crescita ha risentito
negativamente del rapido declino, registrato negli ultimi
decenni, dei prezzi dei prodotti primari, che costituiscono
la quasi totalità delle loro esportazioni. In questi Paesi,
per la gran parte africani, la dipendenza dalle esportazioni
di prodotti primari continua a costituire un potente fattore
di rischio. Vorrei qui rinnovare un appello perché tutti i
Paesi abbiano le stesse possibilità di accesso al mercato
mondiale, evitando esclusioni e marginalizzazioni.
Una riflessione
simile può essere fatta per la finanza, che concerne uno
degli aspetti primari del fenomeno della globalizzazione,
grazie allo sviluppo dell'elettronica e alle politiche di
liberalizzazione dei flussi di denaro tra i diversi Paesi.
La funzione oggettivamente più importante della finanza,
quella cioè di sostenere nel lungo termine la possibilità
di investimenti e quindi di sviluppo, si dimostra oggi
quanto mai fragile: essa subisce i contraccolpi negativi di
un sistema di scambi finanziari – a livello nazionale e
globale - basati su una logica di brevissimo termine, che
persegue l'incremento del valore delle attività finanziarie
e si concentra nella gestione tecnica delle diverse forme di
rischio.
Anche la recente
crisi dimostra come l'attività finanziaria sia a volte
guidata da logiche puramente autoreferenziali e prive della
considerazione, a lungo termine, del bene comune.
L'appiattimento degli obiettivi degli operatori finanziari
globali sul brevissimo termine riduce la capacità della
finanza di svolgere la sua funzione di ponte tra il presente
e il futuro, a sostegno della creazione di nuove
opportunità di produzione e di lavoro nel lungo periodo.
Una finanza appiattita sul breve e brevissimo termine
diviene pericolosa per tutti, anche per chi riesce a
beneficiarne durante le fasi di euforia finanziaria.
Da tutto ciò emerge
che la lotta alla povertà richiede una cooperazione sia sul
piano economico che su quello giuridico che permetta alla
comunità internazionale e in particolare ai Paesi poveri di
individuare ed attuare soluzioni coordinate per affrontare i
suddetti problemi realizzando un efficace quadro giuridico
per l'economia. Richiede inoltre incentivi alla creazione di
istituzioni efficienti e partecipate, come pure sostegni per
lottare contro la criminalità e per promuovere una cultura
della legalità. D'altra parte, non si può negare che le
politiche marcatamente assistenzialiste siano all'origine di
molti fallimenti nell'aiuto ai Paesi poveri.
Investire nella
formazione delle persone e sviluppare in modo integrato una
specifica cultura dell'iniziativa
(...)
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