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Antonietta Meo, meglio conosciuta come Nennolina 

 

 

Potrebbe essere la beata non martire più giovane della storia della Chiesa.

 

In pieno centro di Roma, vicino alla Basilica di San Giovanni in Laterano, si trova la casa in cui nacque e visse Antonietta Meo, meglio conosciuta come Nennolina.

Antonietta, bambina molto allegra e profondamente spirituale. Pregava offrendo i suoi dolori, come Gesù sul Calvario, per la conversione dei peccatori, per le anime del Purgatorio e per scongiurare il pericolo della guerra.

Scrisse molte lettere a Gesù. Prima di imparare a scrivere le dettava a Maria, sua madre, poi le componeva personalmente. Le ultime erano firmate “Antonietta e Gesù”. Dietro a frasi semplici c'è un sorprendente contenuto mistico e teologico.

“Gesù, dammi la grazia di morire prima di commettere un peccato mortale”, scriveva la piccola in uno dei testi.

Nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, che fu la sua parrocchia, si trovano la sua tomba e alcune reliquie: i suoi vestiti, i giochi e dei manoscritti. Lì Antonietta ricevette il Battesimo, la Confermazione e la Prima Comunione.

ZENIT ha conversato con Margherita Meo, la sorella di Nennolina. Aveva 15 anni quando la piccola morì. La sua casa è piena di fotografie e ritratti della sorella venerabile.

A causa dell'osteosarcoma, il 25 aprile 1936 i medici dovettero amputare la gamba sinistra di Nennolina. Margherita ricorda che i suoi genitori soffrirono molto pensando al dolore della piccola. Quando Antonietta si svegliò dall'operazione, la madre le disse: “Figlia, hai detto che se Gesù ti avesse chiesto la mano gliel'avresti data. Ora ti ha chiesto la gamba”, e lei rispose: “Ho dato la mia gamba a Gesù”.

“La prima notte dopo l'amputazione fu terribile”, testimonia Margherita. “Ma lei offriva tutti i suoi dolori, al punto che festeggiò molto contenta i l primo anniversario dell'operazione, perché era un anno di offerte a Gesù”.

Alcuni mesi dopo iniziò ad andare a scuola con la protesi di legno. Nella notte di Natale fece la Prima Comunione. “Si inginocchiò per ricevere la Comunione e rimase in ginocchio anche nella seconda e la terza Messa di Natale”, racconta la sorella.

Alla bambina provocava molto dolore camminare, ma ripeteva con gioia: “Ogni passo che faccio sia una parolina d'amore”. “Le medicine la facevano soffrire molto e diventava pallida, tremava”, aggiunge Margherita.

Il 22 maggio 1937 Antonieta dovette abbandonare la scuola perché il tumore aveva prodotto metastasi. Entrò nell'ospedale di San Stefano Rotondo, dove poco dopo ricevette il sacramento dell'Unzione dei malati. Lì iniziò la sua agonia di un mese e mezzo.

Sua madre racconta nel diario che molti si recavano a far visita alla piccola e che una delle religiose infermiere che si prendeva cura di lei le domandò: “Antonietta mia, come hai fatto a sopportare in silenzio? Se l'avessero fatto a me, le grida si sarebbero sentite da San Giovanni in Laterano”.

Nella sua ultima lettera prima di morire, Nennolina scriveva a Gesù dicendo: “Io Ti ringrazio di avermi mandato questa malattia perché è un mezzo per arrivare in Paradiso. (...) Ti raccomando i miei genitori e Margherita”.

Margherita ricorda che la morte di Antonietta commosse profondamente tutti coloro che la conoscevano: “I funerali furono in parrocchia. Il parroco non voleva il nero perché era un angelo, e per la liturgia preferirono il bianco”.

La sorella di Nennolina afferma che questa piccola mistica continua a convertire molti cuori. Spiega che un pomeriggio un sacerdote suo amico commentò che qualche tempo prim a aveva incontrato un fedele che aveva divorziato dalla moglie e viveva con un'altra donna.

“Il sacerdote aveva in mano un libro di Antonietta e allora disse al signore, che era stato un ufficiale dell'Esercito, di leggerlo. Il signore rispose scandalizzato che lui, un alto ufficiale, non poteva leggere la storia di una bambina. Alla fine, per l'insistenza del sacerdote, accettò e prese il libro. La mattina dopo andò dal parroco: aveva letto il libro tutta la notte ed era tornato pentito dalla sua famiglia”.

Margherita dichiara che la vita semplice e ricca di Antonietta è un esempio di santità nelle piccole cose: “Per me essere santa è accertare giorno per giorno quello che Dio vuole, è volere bene a tutti gli altri, anche alle persone che sembra che non ti vogliano bene – confessa –. Con l'amore si possono superare tutti gli ostacoli”.

 

FONTE: ZENIT

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