"(...) essere
solo un fatto insignificante e passeggero, uno
"straniero" in un universo costituitosi per caso.
(...)"
Dalla
lettera di Papa
Benedetto "Caritas
in veritate"
(29 giugno 2009)
(...) La
stupefacente esperienza del dono. La gratuità è presente
nella sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute
a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica
dell'esistenza. L'essere umano è fatto per il dono, che ne
esprime ed attua la dimensione di trascendenza. Talvolta
l'uomo moderno è erroneamente convinto di essere il solo
autore di se stesso, della sua vita e della società. È
questa una presunzione, conseguente alla chiusura egoistica
in se stessi, che discende - per dirla in termini di fede -
dal peccato delle origini.
(...) La convinzione di
essere autosufficiente e di riuscire a eliminare il male
presente nella storia solo con la propria azione ha indotto
l’uomo a far coincidere la felicità e la salvezza con
forme immanenti di benessere materiale e di azione sociale”.
(...) La convinzione poi della esigenza di autonomia dell’economia,
che non deve accettare ‘influenze’ di carattere morale,
ha spinto l’uomo ad abusare dello strumento economico in
modo persino distruttivo. (...)
Le povertà
spesso sono generate dal rifiuto dell'amore di Dio, da
un'originaria tragica chiusura in se medesimo dell'uomo, che
pensa di bastare a se stesso, oppure di essere solo un fatto
insignificante e passeggero, uno " straniero " in
un universo costituitosi per caso. L'uomo è alienato quando
è solo o si stacca dalla realtà, quando rinuncia a pensare
e a credere in un Fondamento. L'umanità intera è alienata
quando si affida a progetti solo umani, a ideologie e a
utopie false. Oggi l'umanità appare molto più interattiva
di ieri: questa maggiore vicinanza si deve trasformare in
vera comunione. Lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto
dal riconoscimento di essere una sola famiglia, che
collabora in vera comunione ed è costituita da soggetti che
non vivono semplicemente l'uno accanto all'altro. (…)
Non si tratta di uno
sviluppo garantito da meccanismi naturali, perché ognuno di
noi sa di essere in grado di compiere scelte libere e
responsabili. Non si tratta nemmeno di uno sviluppo in balia
del nostro capriccio, in quanto tutti sappiamo di essere
dono e non risultato di autogenerazione. In noi la libertà
è originariamente caratterizzata dal nostro essere e dai
suoi limiti. Nessuno plasma la propria coscienza
arbitrariamente, ma tutti costruiscono il proprio
"io" sulla base di un "sé" che ci è
stato dato. Non solo le altre persone sono indisponibili, ma
anche noi lo siamo a noi stessi. Lo sviluppo della persona
si degrada, se essa pretende di essere l'unica produttrice
di se stessa. Analogamente, lo sviluppo dei popoli degenera
se l'umanità ritiene di potersi ri-creare avvalendosi dei
"prodigi" della tecnologia. Così come lo sviluppo
economico si rivela fittizio e dannoso se si affida ai
"prodigi" della finanza per sostenere crescite
innaturali e consumistiche. Davanti a questa pretesa
prometeica, dobbiamo irrobustire l'amore per una libertà
non arbitraria, ma resa veramente umana dal riconoscimento
del bene che la precede. (...)
Il problema dello
sviluppo oggi è strettamente congiunto con il progresso
tecnologico, con le sue strabilianti applicazioni in campo
biologico. La tecnica - è bene sottolinearlo - è un fatto
profondamente umano, legato all'autonomia e alla libertà
dell'uomo. Nella tecnica si esprime e si conferma la
signoria dello spirito sulla materia. Lo spirito, "
reso così "meno schiavo delle cose, può facilmente
elevarsi all'adorazione e alla contemplazione del
Creatore". La tecnica permette di dominare la materia,
di ridurre i rischi, di risparmiare fatica, di migliorare le
condizioni di vita. Essa risponde alla stessa vocazione del
lavoro umano: nella tecnica, vista come opera del proprio
genio, l'uomo riconosce se stesso e realizza la propria
umanità. La tecnica è l'aspetto oggettivo dell'agire
umano, la cui origine e ragion d'essere sta nell'elemento
soggettivo: l'uomo che opera. Per questo la tecnica non è
mai solo tecnica. Essa manifesta l'uomo e le sue aspirazioni
allo sviluppo, esprime la tensione dell'animo umano al
graduale superamento di certi condizionamenti materiali. La
tecnica, pertanto, si inserisce nel mandato di
"coltivare e custodire la terra" (cfr Gn 2,15),
che Dio ha affidato all'uomo e va orientata a rafforzare
quell'alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere
specchio dell'amore creatore di Dio. Lo sviluppo tecnologico
può indurre l'idea dell'autosufficienza della tecnica
stessa quando l'uomo, interrogandosi solo sul come, non
considera i tanti perché dai quali è spinto ad agire. È
per questo che la tecnica assume un volto ambiguo. Nata
dalla creatività umana quale strumento della libertà della
persona, essa può essere intesa come elemento di libertà
assoluta, quella libertà che vuole prescindere dai limiti
che le cose portano in sé.
Il processo di
globalizzazione potrebbe sostituire le ideologie con la
tecnica, divenuta essa stessa un potere ideologico, che
esporrebbe l'umanità al rischio di trovarsi rinchiusa
dentro un a priori dal quale non potrebbe uscire per
incontrare l'essere e la verità. In tal caso, noi tutti
conosceremmo, valuteremmo e decideremmo le situazioni della
nostra vita dall'interno di un orizzonte culturale
tecnocratico, a cui apparterremmo strutturalmente, senza mai
poter trovare un senso che non sia da noi prodotto. Questa
visione rende oggi così forte la mentalità tecnicistica da
far coincidere il vero con il fattibile. Ma quando l'unico
criterio della verità è l'efficienza e l'utilità, lo
sviluppo viene automaticamente negato. Infatti, il vero
sviluppo non consiste primariamente nel fare. Chiave dello
sviluppo è un'intelligenza in grado di pensare la tecnica e
di cogliere il senso pienamente umano del fare dell'uomo,
nell'orizzonte di senso della persona presa nella globalità
del suo essere. Anche quando opera mediante un satellite o
un impulso elettronico a distanza, il suo agire rimane
sempre umano, espressione di libertà responsabile. La
tecnica attrae fortemente l'uomo, perché lo sottrae alle
limitazioni fisiche e ne allarga l'orizzonte. Ma la libertà
umana è propriamente se stessa, solo quando risponde al
fascino della tecnica con decisioni che siano frutto di
responsabilità morale. Di qui, l'urgenza di una formazione
alla responsabilità etica nell'uso della tecnica. A partire
dal fascino che la tecnica esercita sull'essere umano, si
deve recuperare il senso vero della libertà, che non
consiste nell'ebbrezza di una totale autonomia, ma nella
risposta all'appello dell'essere, a cominciare dall'essere
che siamo noi stessi. (...)
Senza Dio l'uomo non
sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli
sia. Di fronte agli enormi problemi dello sviluppo dei
popoli che quasi ci spingono allo sconforto e alla resa, ci
viene in aiuto la parola del Signore Gesù Cristo che ci fa
consapevoli: " Senza di me non potete far nulla "
(Gv 15,5)
qui
la lettera
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