Oggi si è compiuta questa "voce"...
di
Don Pierangelo Sequeri
Quando Gesù - con gli occhi di
tutti puntati addosso - ebbe finito di leggere il passo di
Isaia che profetizzava il riscatto degli avviliti e dei
disperati, fece una predica fulminante. Un sermone di nove
parole: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che avete
ascoltato". "Sarebbe potuto scoppiare un
applauso", accompagnato da un silenzioso pianto di
consolazione e di gioia, ha commentato il Papa nella sua
omelia del Giovedì santo. Invece, incominciò a montare un
risentimento gonfio di odio. Questa resistenza all'annuncio
di Gesù mostrava già di essere pronta a tutto per
corrompere la trasparenza delle sue parole e sporcare la
bellezza dei suoi gesti. Avrebbe cercato di intimidire la
fede del popolo delle Beatitudini, togliendole la fiducia. E
avrebbe preso in ostaggio la religione dei Padri,
oscurandone lo spirito.
La Pasqua del Papa ha seguito
idealmente il filo di quella straordinaria parola di Gesù,
facendosi eco della sua bellezza e della sua potenza. E del
suo segno di contraddizione nel momento presente.
Francesco ha parlato al popolo
delle Beatitudini, intendendo che tutti possono farne parte.
Di più. Ha fatto comprendere che solo accettando di farne
parte - condividendone le passioni e le sopportazioni,
custodendone la tenacia e l'abnegazione, sostenendone le
ferite e le umiliazioni - avremo accesso alla potenza della
misericordia di Dio.
È di lì, infatti, che
risplende l'amore che ci libera dal male oscuro del peccato
del mondo, che si presenta ogni giorno alla nostra porta. Mi
sembra di vedere due chiavi di lettura essenziali in questo
appassionato magistero pasquale della Misericordia di Dio,
che restituisce la fede alla sua rivelazione autentica, e
annuncia al mondo la conversione necessaria. Il primo è
questo. La durezza del cuore dei credenti pone ostacoli alla
potenza trasformatrice dell'amore di Dio quanto
l'incredulità che viene a patti col male.
Il popolo delle Beatitudini
sarà mortificato da entrambe. Scosso
nella sua fiducia in Dio, intimidito nel suo desiderio di
riscatto, di riconoscimento, di sostegno e di speranza.
La
religione che si chiude nei propri recinti separati, che si
prende cura solo dei presunti osservanti, che si lascia
prendere in ostaggio dai dottori della lettera senza
Spirito, ha già perso la sequela di Gesù: anche se invoca
ogni giorno 'Signore, Signore'. È una religione che non
semina più dovunque, con la signorile larghezza del
Seminatore evangelico, perché ha deciso di selezionare lei
stessa il terreno che le aggrada, lasciando il mondo al suo
destino. È una religione che non rimette il debito,
diventato impossibile da risarcire, con il gesto regale che
ha imparato dal suo Signore. E rischia di farsi complice,
piuttosto, del servo vigliacco della parabola: untuoso con
il suo padrone, ma pronto a strangolare il suo compagno per
un debito da poco. Da questa religiosità dispotica,
interamente legalizzata, mondanizzata, ideologizzata, che
sequestra la misericordia di Dio e non ascolta l'abbandono
dei perduti, il Papa ci incalza a uscire, una volta per
tutte.
E ci
scongiura farlo subito. Ma perché specialmente adesso?
Perché oggi il mistero del Crocifisso e del Risorto, che
lotta per conto di Dio contro i demoni della perdizione
dell'uomo, illumina orribili associazioni fra una nuova
barbarie e l'abuso del nome di Dio.
E
mostra una nuova vigliaccheria del paganesimo ingordo che ha
contro-evangelizzato il pianeta, senza neppure la
"dignità della vergogna" per le proprie
responsabilità. Il triangolo del denaro - il mercato della
guerra, la devastazione della terra, la corruzione del
potere ci affonda le navi occultando le prove. La religione
del denaro assume proporzioni globali, con le quali ci sta
insegnando a convivere: mentre impone ad altri di morire.
Bisogna contrastarla in tutti i modi.
La
bella 'Preghiera alla Croce' del Venerdì santo, in presa
diretta con questa evidenza, ha ritrovato per noi la ruvida
franchezza dei Salmi biblici, che abbiamo persa. L'appello
del Papa è forte come una profezia dell'esilio.
Se la
religione perde l'evidenza evangelica della prossimità
universale di Dio, e rimane impigliata nelle sue dispute di
sacrestia, il passaggio salvifico del Crocifisso attraverso
le nostre ombre terribili si trasforma nell'innocua
commemorazione di una disgrazia, che ci lascia inerti. E la
potenza del Risorto, che dà forza alle vittime e ammonisce
i predatori, rimarrà un mito senza vita. Non lo è.
"Il
Signore è vivo e vuole essere cercato tra i vivi", ha
ribadito papa Francesco. La comunione con questo mistero si
attinge al Cenacolo. Ma lo Spirito ci spinge fuori anche di
lì.
Fonte: Avvenire
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