PAPA FRANCESCO DICHIARA BEATO PADRE MARIO VERGARA MISSIONARIO DEL PIME

Celebrazione eucaristica e rito di Beatificazione
Sabato 24 maggio ore 18
Chiesa Cattedrale di Aversa

 
Il pomeriggio del sabato 24 maggio 2014, nella Cattedrale di Aversa (Caserta) verranno beatificati il padre Mario Vergara e il suo catechista Isidoro Ngei Ko Lat, martirizzati all’alba del 25 maggio 1950 a Shadaw nella Birmania orientale (Myanmar). Padre Vergara è il 19° missionario del Pime morto martire e il quinto che la Chiesa eleva alla gloria degli altari.

La celebrazione della beatificazione sarà preceduta da un convegno storico il 15 maggio al pomeriggio a Frattamaggiore presso il cineteatro De Rosa; il 22 maggio sera veglia di preghiera a Frattaminore presso la Parrocchia di san Simeone, presieduta dal Superiore Generale del Pime, padre Ferruccio Brambillasca. Il sabato 24 maggio alle ore 17,30 nella Cattedrale di Aversa il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione dei Santi, presiederà la celebrazione della beatificazione di Padre Mario Vergara e di Isidoro Ngei Ko Lat; il 25 maggio alle ore 18 Messa di ringraziamento nella basilica di San Sossio in Frattamaggiore, presieduta dal vescovo di Aversa mons. Angelo Spinillo

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Padre Mario e il catechista Isidoro

 

 

 

 

Padre Ferruccio Brambillasca, Superiore Generale PIME, alla Veglia di preghiera in preparazione alla Beatificazione di padre Mario Vergara e del catechista Isidoro
                                                                                                                                              
Frattaminore, 22 maggio 2014

Questa sera ci siamo radunati in questa chiesa di Frattaminore per pregare in preparazione alla Beatificazione di padre Mario Vergara e del catechista Isidoro, martiri in Myanmar. Siamo quindi in un clima di preghiera, una preghiera che ci prepara a una Beatificazione importante per questa Chiesa di Aversa, per la Chiesa del Myanmar e per il PIME.

Questa sera per chi dovremmo pregare? Questa Beatificazione, la vita di padre Vergara e del catechista Isidoro, quale invito alla preghiera ci insegnano, ci domandano? Credo siano tre gli inviti alla preghiera che questa Beatificazione ci richiama. Oggi innanzitutto siamo chiamati a pregare per questa terra, per questa Chiesa di Aversa dove padre Mario è nato, cresciuto e ha scoperto la sua vocazione missionaria. Il martirio di padre Mario, la sua Beatificazione non può lasciare indifferente questa terra, questa Chiesa aversana. Il martirio di padre Mario non può non essere un richiamo a ripensare la nostra vita, la nostra fede, la nostra vocazione cristiana.

Preghiamo allora questa sera per questa terra, per questa Chiesa, soprattutto per coloro che soffrono a causa di problemi economici, famigliari e sociali. Queste persone, che vivono in un certo senso il loro martirio quotidiano, possano trovare, sull’esempio di padre Vergara, la serenità che nasce quando ci si affida a Dio, il Signore della nostra vita. Oggi però siamo chiamati a pregare anche per la terra e per la Chiesa del Myanmar dove padre Vergara e il catechista Isidoro (primo Beato della chiesa del Myanmar) hanno lavorato fino a dare la vita per questa terra e per questa Chiesa. Come forse sapete, il Myanmar è in una fase di grande cambiamento politico, sociale ed economico. Anche la Chiesa, che quest’anno compie 500 anni di storia, sta avendo una fioritura di vocazioni e di opere sociali. 

Preghiamo questa sera per questa terra e per questa Chiesa del Myanmar che hanno tanto sofferto durante questi anni. L’esempio di padre Vergara e del catechista Isidoro ci richiamano l’importanza di una stretta collaborazione tra i laici e il clero nella costruzione di una società e di una Chiesa basate sull’amore e sulla fratellanza. Preghiamo veramente questa sera perché sull’esempio di padre Vergara e del catechista Isidoro, ci sia più collaborazione tra i preti e i laici nella costruzione della Chiesa di Dio. Papa Francesco parlando della Beatificazione di padre Vergara e del catechista Isidoro così affermava: “La loro eroica fedeltà a Cristo possa essere di incoraggiamento... specialmente ai catechisti che nelle terre di missione svolgono una preziosa e insostituibile opera apostolica...”.

Infine vi chiedo di pregare per il nostro Istituto, il Pontificio Istituto Missioni Estere, dove padre Mario Vergara è diventato prete e missionario. Il nostro Istituto in 160 anni di storia ha avuto quasi una ventina di martiri, segno di una lunga tradizione segnata dal “dono” del martirio. Vi chiedo di pregare poiché in un mondo che continuamente si evolve e quindi anche la missione della Chiesa cambia, noi missionari, sull’esempio di padre Vergara e del catechista Isidoro, possiamo sempre essere dei missionari autentici fino al martirio.

Noi missionari senza le vostre preghiere non possiamo fare molto; continuate a pregare per noi, è la vostra preghiera che ci sostiene e ci da la forza per continuare la nostra missione. In questa preghiera vi chiederei di pregare anche per le vocazioni missionarie, perché sull’esempio di padre Vergara e del catechista Isidoro, ci siano ancora dei giovani capaci di donare la vita per Dio e per i fratelli. Grazie per le vostre preghiere, sono le preghiere che hanno sostenuto padre Vergara e che sosterranno anche noi. 

 

 

autore del quadro: Gianni Guadalaxara, pittore di Gaeta

 

autore del quadro: Gianni Guadalaxara, pittore di Gaeta

 

fonte: Avvenire

qui l'articolo di P.Costanzo Donegana sulla celebrazione

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fonte: Avvenire

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galleria foto-video dei festeggiamenti in onore del Beato
al Pime di Gaeta

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Beatificazione di P. Mario Vergara e del catechista birmano Isidoro Ngei Ko Lat

Il Decreto, che sarà promulgato prossimamente, spiana la via alla beatificazione. Il rito sarà celebrato il 24 maggio prossimo da un rappresentante del Santo Padre - che di solito è il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi - nella cattedrale di Aversa, sede della diocesi di origine di p. Mario Vergara. Il nostro Istituto partecipa alla gioia di questa diocesi - nel cui territorio è situata la nostra casa di Ducenta - e, in particolare, all’esultanza della comunità parrocchiale di san Sossio in Frattamaggiore, che ha dato i natali al nostro Beato e che, guidata dal suo dinamico parroco mons. Sossio Rossi, ha promosso la Causa e l’ha sostenuta fin dall’inizio anche sul piano economico, sia nella fase diocesana sia in quella romana. Tale comunità ha inoltre finanziato la costruzione di un Centro per minori e sta sostenendo le spese della costruzione di una nuova chiesa parrocchiale in Shadaw.

Da molti era stato espresso l’auspicio che la beatificazione si celebrasse nel territorio dove è avvenuto il martirio, cioè in Myanmar, anche in considerazione del fatto che il catechista Isidoro è il primo fedele birmano ad essere beatificato. Purtroppo la situazione politica di quel Paese - pur contrassegnata in questi ultimi tempi da notevoli aperture - ancora non permette un evento di questo genere. In tal senso si sono espressi sia il Vescovo di Loikaw, sia il Delegato Apostolico in Myanmar. Si spera che almeno qualcuno dei vescovi delle sedici diocesi di quel grande Paese asiatico, in particolare quello di Loikaw, e rappresentanti della comunità parrocchiale di Shadaw possano essere presenti alla cerimonia della beatificazione.

Per chi non avesse molta familiarità con le “cose ecclesiastiche”, chiariamo che la beatificazione è la tappa intermedia in vista della canonizzazione. È l’atto con il quale, svolte le debite inchieste (nella fase diocesana e in quella romana della Causa), il Santo Padre dichiara “Beato” il Servo di Dio, permettendo il culto pubblico ed ecclesiastico, ma con alcune limitazioni stabilite dalla legge. Mentre infatti tale culto con la canonizzazione è esteso a tutta la Chiesa, con la beatificazione è limitato a determinati luoghi, come la diocesi o una nazione particolare dove il Beato ha svolto il suo servizio ecclesiale, e/o a determinati gruppi, come la congregazione o l’istituto fondato dal Beato o al quale apparteneva.

È necessario il miracolo per la beatificazione?

Per la beatificazione di un confessore, cioè di un fedele non martire di cui sia stata riconosciuta l’eroicità delle virtù e la fama autentica di santità e di segni, sì, è necessario il miracolo, attribuito all’intercessione del Servo di Dio e avvenuto dopo la sua morte. Noi del PIME stiamo aspettando questo “sigillo divino” - e lo chiediamo umilmente al Signore - per i membri del nostro Istituto (in primo luogo per il fondatore mons. Angelo Ramazzotti), di cui è in corso la causa di canonizzazione. Viceversa, per la beatificazione di un martire la prassi vigente della Congregazione delle Cause dei Santi non richiede il miracolo. Dopo la promulgazione del Decreto sul suo martirio, il Servo di Dio può essere beatificato senza ulteriori requisiti. Perché questo? Perché il martirio, sacrificio totale della vita per la fede (o per una virtù collegata con la fede, ad esempio la castità), è considerato l’atto supremo della sequela di Cristo. Tuttavia, per la canonizzazione dei Beati, sia martiri che confessori, la prassi attuale della Chiesa richiede il miracolo. Notiamo, di passaggio, che c’è un dibattito aperto tra gli esperti, teologi e canonisti, su alcune questioni riguardanti la complessa materia delle cause dei santi…

Torniamo ora all’argomento della beatificazione dei “nostri” Mario e Isidoro (anche quest’ultimo è, in un certo senso, “figlio” del PIME). Si tratta di un evento che non può non interpellare e stimolare in particolare noi missionari. Confrontandoci con questi intrepidi apostoli del Vangelo, siamo indotti a interrogarci sulla maniera con cui viviamo la nostra vocazione, sulla “qualità” della nostra testimonianza e del nostro servizio apostolico sia in missione che in patria (per quelli di noi che sono stati chiamati dall’obbedienza o costretti dalla malattia a tornare nella propria terra).

Exempla trahunt (“gli esempi trascinano”), si usa dire. Anche noi del PIME abbiamo la nostra “nube di testimoni” (Eb 12,1), martiri (diciannove, finora) e confessori, che ci spingono, con l’eloquenza della loro vita, a “rivitalizzare” il nostro carisma missionario, a servire con generosità rinnovata Cristo e l’umanità.

A tale scopo, ci fa bene spiritualmente leggere testi biografici, lettere, ecc. che riguardano questi testimoni della fede e del Vangelo. Li proporremo perciò ai lettori in questa rubrica “MISSIONE e SANTITÀ” del nostro sito “pime.org”.

Cominciamo subito con due brani. Il primo è un articolo dal titolo “P. Vergara, il ribelle martire”, apparso su “Mondo e Missione” (febbraio 2014, p. 47). Per quelli che non hanno avuto l’opportunità di leggerlo lo ripropongo qui, con qualche aggiunta riguardante i dettagli del martirio. Il secondo brano è un profilo biografico del catechista Isidoro, attinto dai pochi documenti che abbiamo a disposizione, riguardanti questo fedele collaboratore di P. Mario Vergara.

PADRE MARIO VERGARA, IL RIBELLE MARTIRE

Il buon giorno si vede dal mattino: è un proverbio che viene spontaneamente alla mente quando si legge la biografia di padre Mario Vergara, missionario del PIME, martire, che quest’anno sarà proclamato beato. Sarà il terzo missionario del PIME, tra quelli che hanno lavorato in Birmania (oggi Myanmar), ad essere beatificato, dopo i padri Paolo Manna (1872-1952, beatificato nel 2001) e Clemente Vismara (1897-1988, beatificato nel 2011). E non basta: in... lista d’attesa (per ora) ci sono i Servi di Dio fratel Felice Tantardini (1898-1991) e padre Alfredo Cremonesi, martire (1902-1953).

Nato il 18 novembre 1910 a Frattamaggiore (provincia di Napoli e diocesi di Aversa), Mario Vergara manifesta fin da fanciullo fede viva e un’attenzione speciale ai poveri e infelici.

Seminarista prima ad Aversa e poi a Posillipo, di carattere vivace e per qualche superiore un po’ “ribelle”, si appassiona per le missioni in Estremo Oriente e chiede di entrare nel PIME. Un compagno di seminario gli domanda perché vuole andare proprio così lontano, giacché anche in Italia si può fare tanto bene. E lui risponde: “Perché là c’è la speranza di morire martire”.

Dopo varie traversie dovute a problemi di salute e alla contrarietà dei familiari, riesce finalmente a coronare il suo sogno entrando nel PIME.

È ordinato sacerdote il 26 agosto 1934 e a fine settembre parte per Toungoo, Birmania, dove è accolto cordialmente dal Vicario Apostolico, il vescovo mons. Sagrada. Si applica subito con impegno allo studio dell’inglese e delle lingue locali. Nel 1936 è inviato nel distretto montuoso di Citaciò, tra i Cariani della tribù dei Sokù, una delle più povere e primitive. Ivi dispiega, con l’aiuto di catechisti da lui formati e affrontando disagi d’ogni genere, un’attività instancabile in favore delle popolazioni dei vari villaggi: formazione umana e cristiana, amministrazione dei sacramenti, cura degli orfani e dei malati.

Lo scoppio della seconda guerra mondiale interrompe bruscamente il lavoro apostolico. Nel 1941 Vergara è internato, con tutti i missionari italiani - considerati nemici dagli inglesi - nei campi di concentramento indiani. Sarà rilasciato solo dopo quattro anni penosi e snervanti. È fortemente indebolito nel fisico, rischia la vita dopo l’asportazione di un rene. Tornato in Birmania, si offre generosamente al vescovo di Toungoo, mons. Lanfranconi, per l’apertura di un nuovo distretto tra i Cariani rossi a est di Loikaw, verso il fiume Salween, con numerosi villaggi da conquistare a Cristo. Privo di mezzi, osteggiato dai protestanti battisti, studia la lingua locale, si sobbarca a ogni genere di sacrifici, coprendo lunghe distanze a piedi, amando e curando tutti i Cariani indistintamente: cattolici, catecumeni, pagani. Dal 1948 è coadiuvato da un giovane confratello, padre Pietro Galastri, di Partina (Arezzo), il quale, dotato di ingegno pratico, si fa carico della costruzione degli edifici utili alla missione: scuola, chiesa, orfanotrofio e dispensario. In seguito all’indipendenza dall’Inghilterra (1948), scoppiano disordini e la guerra civile tra governativi e ribelli cariani. Padre Vergara prende le difese degli oppressi, attirandosi l’odio dei ribelli operanti in quella zona, che avevano una “vernice” di cristianesimo battista, ma in realtà erano sanguinari, superstiziosi e fanatici. Ben presto la situazione precipita. Il 24 maggio 1950 padre Vergara si reca al centro di Shadaw insieme al maestro catechista Isidoro per protestare e convincere il capodistretto Tire a liberare un altro catechista che era stato arrestato. Si trova invece di fronte il capo dei ribelli Richmond che, dopo di averlo sottoposto a un duro interrogatorio, ordina l’arresto del missionario e di Isidoro che lo accompagna. Dopo un penoso tragitto notturno nella foresta, ambedue furono trucidati sulle rive del fiume Salween, probabilmente nelle prime ore del 25 maggio. I loro corpi, chiusi in un sacco, furono gettati nel fiume. Contemporaneamente anche padre Pietro Galastri fu catturato, mentre pregava con gli orfanelli nella cappella della residenza dei padri. Dopo un periodo di incertezza sulla sua sorte, si venne a sapere che anche il missionario toscano era stato ucciso dai ribelli. Permane tuttavia il mistero sul luogo, la data e le modalità dell’assassinio; il suo cadavere non fu mai ritrovato. Si spera che anche padre Galastri, non meno generoso ed eroico del confratello, possa essere un giorno beatificato.

IL PRIMO BEATO BIRMANO: UN APOSTOLO LAICO, MARTIRE

Il catechista Isidoro Ngei Ko Lat è il primo fedele birmano ad essere beatificato. Non disponiamo di molte notizie riguardanti questo attivo collaboratore di padre Mario Vergara; tuttavia quelle che abbiamo sono sufficienti per farci un’idea di questa umile, ma splendida figura di apostolo laico: una vita donata, a servizio del Vangelo e dei fratelli, coronata dal martirio.

     

Tra gli esigui documenti a noi pervenuti figura il certificato del battesimo, amministrato dal padre Domenico Pedrotti, PIME: la data è quella del 7 settembre 1918, il luogo è Taw Pon Athet, lo stesso dove è nato. Isidoro appartiene a una famiglia di agricoltori, già convertita al cattolicesimo grazie all’efficace opera evangelizzatrice del Beato padre Paolo Manna. Perciò fin da piccolo è educato alla fede.

È ancora fanciullo quando i genitori muoiono. Così va a vivere con un fratellino presso una zia. Nel corso dell’Inchiesta diocesana nella Curia di Loikaw, una sua cugina, che viveva nello stesso villaggio, testimonia che sin da piccolo Isidoro frequentava i missionari e andava spesso con loro. Sorge così in lui il desiderio di diventare sacerdote ed entra nel seminario minore di Toungoo. Antichi compagni di seminario testimoniano sul suo zelo e la sua serietà. È un giovane semplice, onesto e umile. Rivela una squisita sensibilità religiosa e una spiccata attitudine allo studio. Ma a causa della salute cagionevole - soffre di asma bronchiale - è costretto a rientrare in famiglia. Non può realizzare il suo sogno di diventare sacerdote, ma rimane in lui un grande desiderio di fare qualcosa per il Signore. Così decide di non sposarsi. Non è ancora catechista, ma è sempre pronto ad aiutare il catechista del villaggio. Nel suo villaggio di Dorokhò apre una scuola privata gratuita, in cui insegna ai bambini il birmano e l’inglese, impartisce lezioni di catechismo, musica e canzoni sacre. È in buoni rapporti con la gente e tutti gli vogliono bene.

Il primo incontro con padre Vergara, che era sempre a caccia di catechisti, avviene a Leikthò. È il 1948. Isidoro accoglie subito con gioia l’invito a svolgere il servizio di catechista a Shadaw. Rimane al fianco del missionario frattese fino al momento del martirio.

Il catechista Isidoro fa anche da interprete a padre Galastri che ancora non conosceva bene la lingua locale. La popolazione di Shadaw era composta da contadini analfabeti, la cui maggioranza era stata evangelizzata dai battisti, ostili ai cattolici. Isidoro, pur muovendosi tra mille difficoltà, collabora attivamente con padre Vergara nell’opera di elevazione culturale, sociale e religiosa di quella gente.

Già prima del 24 maggio 1950 si era registrata, in diverse circostanze, un’azione intimidatoria contro i missionari cattolici da parte di una fazione fanatica di ribelli battisti. Erano bande armate che facevano capo sul piano militare al comandante Richmond e sul piano politico-religioso al capodistretto Tire. Anche i catechisti, agendo in stretto contatto con i missionari Vergara e Galastri, diventano bersaglio dell’intolleranza della soldataglia ribelle. È proprio a causa di uno di questi catechisti, Giacomo Còlei, che era stato incarcerato, che si determina la vicenda che porterà al martirio Isidoro e Vergara. Ambedue infatti, temendo per la vita di Còlei, decidono coraggiosamente di rischiare andando a incontrare il capodistretto per indurlo a liberare il prigioniero. Ma era probabilmente una trappola architettata per sopprimere gli apostoli del Vangelo. Questi, infatti, non trovano Tire, ma devono vedersela con il comandante Richmond, in combutta con il capodistretto e partecipe dell’odio contro i missionari. Il resto della vicenda lo conosciamo già dal testo precedente.

I vescovi della Chiesa del Myanmar hanno definito la beatificazione del padre Vergara e del suo catechista «un grande incoraggiamento per l’intera comunità cattolica del Myanmar a vivere una fede più in conformità con il Vangelo e a testimoniarla in maniera coraggiosa ed eroica, sull’esempio del catechista Isidoro che non ha esitato a offrire la sua stessa vita per il Vangelo insieme con padre Vergara».

 

 

Padre Mario Vergara e Isidoro Ngei Ko Lat beati martiri della Chiesa in Myanmar

  di Padre Piero Gheddo  

Papa Francesco ha firmato il Decreto che approva il martirio dei servi di Dio Mario Vergara, sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere, e Isidoro Ngei Ko Lat, laico e catechista, uccisi in odio alla fede a Shadaw in Birmania (oggi Myanmar) il 24 maggio 1950. Il Processo diocesano per la Causa di Beatificazione era stato iniziato nel 2003 da mons. Sotero Phamo, vescovo di Loikaw e figlio di un catechista di padre Vergara. La Chiesa birmana festeggia così il suo primo beato e il Pime il suo quinto missionario elevato alla gloria degli altari.

Padre Mario Vergara nasce a Frattamaggiore (diocesi di Aversa) il 16 novembre 1910. Nel 1929, dopo gli studi presso il seminario minore dei gesuiti a Posillipo, viene ammesso al seminario di Monza del Pime. Il 26 agosto 1934 è ordinato sacerdote dal cardinal Ildefonso Schuster e a fine settembre parte per la Birmania, allora colonia inglese. Al suo arrivo, p. Vergara viene accolto dal vescovo Sagrada, vicario apostolico di Toungoo, che nel 1936 gli affida del distretto di Citaciò, una vasta regione di montagna e foreste abitata dai cariani Sokù, una delle più popolazioni povere e primitive della Birmania. Padre Mario è uno dei primi missionari che annunziano Cristo a questa etnia. Visita i villaggi, fonda scuole elementari, costruisce cappelle e porta in missione i bambini orfani, ammalati, denutriti. Aiutato dalle Suore della Riparazione, allo scoppio della seconda guerra mondiale, aveva 82 piccoli nel suo orfanotrofio, accanto al quale un ospedaletto e un sanatorio, per i malati di tubercolosi, malattia allora comunissima.

  

La missione di Citaciò fiorisce anche attraverso l’opera dei catechisti, ma nel 1941 padre Vergara viene internato nel campo di prigionia inglese di Dehra Dum in India insieme ad altri missionari italiani, considerati “nemici” dagli inglesi. Dopo 4 anni segnati da gravi problemi di salute, nel corso dei quali subisce persino l’asportazione di un rene, viene rilasciato e parte in treno per Hyderabad in India, dove c’erano i confratelli del Pime. Nell’autunno del 1946 riesce a tornare in Birmania e viene inviato dal vescovo Lanfranconi a Pretholé sui monti dei cariani a 2000 metri di altezza, dove oggi c’è la diocesi di Loikaw (una delle sei fondate dal Pime in Birmania), per far rinascere la missione abbandonata durante la guerra mondiale.

Il 1° gennaio 1948, la Birmania diventa indipendente dall’Inghilterra e pochi mesi dopo scoppia la “guerra dei cariani” (1948-1953), la tribù maggioritaria, che chiedevano l’indipendenza dalla Birmania, dominata dai birmani, loro nemici storici prima della colonizzazione inglese. Il distretto di Pretholé è però lontano dalla guerra e Vergara continua nella sua missione, aiutato, dal settembre 1948, dal giovane missionario padre Pietro Galastri di Arezzo (1918-1950). In una delle sue prime lettere da Pretholé (1947) Vergara scriveva: “Abito in una capanna di bambù, posta su un cocuzzolo di monte. Vento e sole entrano liberamente, se piove ho il bagno a domicilio, proprio come i grandi signori… eh, quando uno nasce fortunato! Per mobilio due sedie e un tavolino che ho fatto col coltellaccio del mio catechista; per cibo un po’ di riso con erbe di bosco. A sinistra catene di monti digradanti fino alla pianura di Loikaw e popolatissimi: sono duecento i villaggi di cariani rossi e alcuni di shan. I protestanti vi giunsero vent’anni fa, capite?”.

Padre Mario, oltre a una grande fede, bel carattere e capacità di realizzare iniziative a favore dei cariani (in campo educativo e sanitario), godeva della fama di guaritore. Un bambino moribondo guarisce bevendo un sorso di vino da Messa, uno storpio che si trascina penosamente guarisce dopo alcuni massaggi del missionario alla gamba ammalata. Il martirio del padre Vergara e del catechista birmano Isidoro va inquadrato storicamente nel tempo della guerra dei cariani contro i birmani, disastrosa per i cariani e la Birmania, ma da essa inizia la conversione a Cristo di questa grande e forte tribù dei monti. I battisti erano fra i cariani da vent’anni prima dei missionari cattolici, cioè d’inizio del 1900 e avevano già compiuto un’ opera di pre-evangelizzazione, con scuole e primo annunzio di Cristo e un certo numero di fedeli, soprattutto avevano formato la élite cristiana della tribù.

Oggi, con l’ecumenismo vissuto in tutte le missioni, questo sarebbe impossibile, ma i primi missionari cattolici tra i cariani erano letteralmente perseguitati. Facile immaginare la reazione dei battisti verso i due preti cattolici di Pretholé “concorrenti” che attiravano molta gente. Padre Mario racconta: “Mentre sono in cerca di maestri, i protestanti si portano sul luogo a sparlare della nostra religione. La gente, disgustata, non prende più né me né loro. Soffro indicibilmente, solo la preghiera di chi mi vuol bene mi può sostenere”. I battisti spargevano calunnie infamanti e proibizione ai locali di prestare ai preti cattolici qualsiasi servizio, nemmeno di vendere terre o cibo. La missione cattolica comunque si afferma, per la testimonianza di sacrificio e di paziente sopportazione di missionari e suore e si distingue perché aiuta, cura e accoglie tutti i cariani anche quelli non cattolici; inoltre i due missionari difendono i loro fedeli dalla persecuzione autentica che alcune forze ribelli, di religione battista esercitano contro i loro fedeli. Quando scoppia la guerra dei cariani, gli stessi cristiani si dividono: i battisti proclamano e dirigono la “guerra d’indipendenza” del popolo cariano, i cattolici rifiutano la resistenza violenta al governo della Birmania riconosciuto dall’Onu, anche per un motivo molto pratico: impossibile uno stato separato dalla Birmania, quando i birmani sono il 59-60% degli abitanti e i cariani solo il 9-10%, sia pur concentrati in una regione abbastanza ristretta. Nel 1949 la guerra arriva anche nella regione di Pretholé. Ben presto la situazione precipita: il 24 maggio 1950 padre Mario Vergara viene arrestato insieme al maestro catechista Isidoro Ngei Ko Lat. I due vengono trucidati dai ribelli il giorno seguente e i loro corpi, chiusi in un sacco, vengono abbandonati alla corrente del fiume Salween. Anche p. Galastri, arrestato mentre è in preghiera, viene ucciso poco tempo dopo.

In quale situazione avviene il martirio di padre Vergara e di Isidoro? Nel dicembre 1949 il capo missione padre Vergara è invitato a partecipare a un convegno dei guerriglieri con i capi-villaggio della regione. Va con alcuni suoi catechisti e, richiesto del suo parere, anzitutto protesta perché i guerriglieri hanno ucciso alcuni cristiani e un suo catechista e poi si mostra del tutto contrario all’arruolamento di altre reclute cariane anche perché la sconfitta era quasi certa: l’esercito nazionale era molto ben equipaggiato e la gente cariana avrebbe ancor più sofferto la fame e le prevedibili ritorsioni. Questo suo atteggiameno gli attira l’odio del capo politico dei ribelli, un certo Tiré, battista fanatico, già maldisposto verso il missionario per le conquiste che faceva alla religione cattolica.

Nel gennaio 1950 la cittadina di Loikaw cade in mano alle truppe governative e divide in due la missione di Vergara e Galastri. I missionari sono costretti ad attraversare le linee per andare a Loikaw, unico luogo di rifornimento; incominciano a circolare voci che i padri sono spie del governo. Tale accusa prende consistenza quando l’11 maggio 1950 i guerriglieri cariani tentano di riprendere la cittadina di Loikaw, ma sono sconfitti e si ritirano lasciando sul terreno molti morti. La sera del 24 maggio padre Vergara è invitato ad andare dal capo Tiré. Ci va col suo catechista Isidoro e incontra Richmond, capo dei ribelli a tutti noto per le sue violenze e crudeltà. Richmond accusa il missionario di essere una spia e di altri crimini mai commessi. Discutono in inglese, i presenti non capiscono cosa dicono, ma vedono padre Vergara e il suo catechista uscire dalla casa ammanettati e avviarsi verso la foresta vicina, dove, a 24 chilometri, scorre il fiume Salween.

Poi i ribelli vanno alla missione dove trovano il giovane padre Galastri in preghiera e gli ordinano di seguirli. I due missionari e il catechista Isidoro sono fucilati sulla riva del Salween e gettati nel fiume chiusi in sacchi. Padre Galastri è ucciso il giorno dopo, quando al mattino del 26 maggio dal vicino villaggio la gente sente gli spari della fucilazione. Nel commentare la morte violenta dei due missionari e del catechista, padre Pasquale Ziello scriveva che erano stati vittime di una persecuzione ispirata dall’odio verso la Chiesa e la loro carità e auspicava che la Chiesa potesse un giorno sanzionare la sua convinzione dichiarandoli “martiri della fede e dell’amore. E il beato padre Paolo Manna ha dichiarava: “Si deve ritenere che padre Vergara e p. Galastri siano stati uccisi e fatti scomparire proprio in odium fidei”.

La prossima beatificazione rappresenta una fonte di grande gioia anche per la Chiesa birmana, che in Isidoro Ngei vede il suo primo beato, dopo il beato padre Clemente Vismara (1897-1988), con 65 anni di vita in Birmania, beatificato nel 2011. Nel maggio del 2008, la Conferenza episcopale scrive una lettera a Benedetto XVI per “chiedere umilmente al Papa di autorizzare lo studio della causa”. La beatificazione di p. Vergara e del suo catechista, scrivevano i vescovi, “sarebbe un grande incoraggiamento per l’intera comunità cattolica del Myanmar a vivere una fede più in conformità con il Vangelo e a testimoniare in maniera coraggiosa ed eroica la propria fede, incoraggiati dall’esempio del catechista Isidoro che non ha esitato ad offrire la sua stessa vita per il Vangelo insieme a p. Vergara”.

 

 

 Padre Vergara il ribelle martire

  di Padre Giovanni Musi, Postulatore Generale del PIME

Il buongiorno si vede dal mattino: un detto che ben si adatta alla biografia di padre Mario Vergara, missionario del Pime, martire, che quest'anno sarà proclamato beato. Sarà il terzo sacerdote dell'Istituto, tra quelli che hanno operato in Birmania (oggi Myanmar), ad essere beatificato, dopo i padri Paolo Manna (1872-1952, beatificato nel 2001) e Clemente Vismara (1897-1988, beatificato nel 2011). E non basta: in... lista d'attesa (per ora) ci sono i Servi di Dio Felice Tantardini (1898-1991) e Alfredo Cremonesi, martire (1902-1953).

Nato il 18 novembre 1910 a Frattamaggiore (provincia di Napoli e diocesi di Aversa), Vergara manifesta fin da fanciullo fede viva e un'attenzione speciale ai poveri e infelici. Seminarista ad Aversa e a Posillipo, di carattere vivace e per qualche superiore un po' "ribelle", si appassiona per le missioni in Estremo Oriente e chiede di entrare nel Pime. Un compagno di seminario gli domanda perché voglia andare così lontano, giacché anche in Italia si può fare tanto bene. Lui risponde: «Perché là c'è la speranza di morire martire».

Dopo varie traversie dovute a problemi di salute e alla contrarietà dei familiari, riesce a coronare il suo sogno: è ordinato sacerdote il 26 agosto 1934 e a settembre parte per Toungoo, Birmania, dove è accolto dal Vicario apostolico, il vescovo monsignor Sagrada. Si applica subito con impegno allo studio dell'inglese e delle lingue locali.

Nel 1936 è inviato nel distretto montuoso di Citaciò, tra i Cariani della tribù dei Sokù, una delle più povere e primitive. Ivi dispiega, con l'aiuto di catechisti da lui formati e affrontando disagi d'ogni genere, un'attività instancabile in favore delle popolazioni dei villaggi: formazione umana e cristiana, amministrazione dei sacramenti, cura degli orfani e dei malati. Lo scoppio della Seconda guerra mondiale interrompe bruscamente il lavoro apostolico.

Nel 1941 Vergara è internato, con tutti i missionari italiani - considerati nemici dagli inglesi - nei campi di concentramento indiani. Sarà rilasciato solo dopo quattro anni snervanti. È fortemente indebolito, rischia la vita dopo l'asportazione di un rene. Tornato in Birmania, si offre generosamente al vescovo di Toungoo, monsignor Lanfranconi, per l'apertura di un nuovo distretto tra i Cariani rossi a est di Loikaw, verso il fiume Salween. Privo di mezzi, osteggiato dai protestanti battisti, studia la lingua locale, si sobbarca ogni genere di sacrifici, coprendo lunghe distanze a piedi, amando e curando tutti i Cariani: cattolici, catecumeni, pagani.

Dal 1948 è coadiuvato da un giovane confratello, padre Pietro Galastri, che lo aiuta nella costruzione degli edifici utili alla missione: scuola, chiesa, orfanotrofio e dispensario. Con l'indipendenza dall'Inghilterra (1948), scoppia la guerra civile tra governativi e ribelli cariani. Padre Vergara prende le difese degli oppressi, attirandosi l'odio dei ribelli. Presto la situazione precipita.

Il 24 maggio 1950 è arrestato dai ribelli e il giorno seguente è trucidato insieme al maestro catechista Isidoro; i loro corpi sono gettati nel fiume Salween. Qualche tempo dopo anche padre Galastri subisce la stessa sorte.

C'è un motivo speciale di esultanza per la Chiesa del Myanmar: Isidoro Ngei Ko Lat (1918-1950) sarà il primo beato birmano. Purtroppo il rito di beatificazione non si potrà celebrare in Myanmar, per motivi legati alla situazione politica. Sarà celebrato ad Aversa, sede della diocesi da cui proveniva padre Vergara.   (fonte MM)

 

 

   DIO SI COMUNICA ALLE ANIME CHE LO AMANO

  Lettera di Padre Mario Vergara al cugino Carmine

Toungoo, 22/7/1935
                                                        Carissimo Carmine, alias “povero figlio”, mi congratulo prima di tutto con te che ora ti sei laureato in Imbroglioneria, cioè in Legge. Almeno di tanti di razza Vergara ci sei tu che puoi ostentare una scartoffia legale. Bravo, ti do un bacio di tutto cuore senza pungerti con la barba! Spero che ti sia già rimesso in salute e non solo in salute fisica ma soprattutto in salute morale. Mi fa tanto male pensare ad un cugino del mio cuore, freddo nell'amore verso Dio. 

Caro Carmine, ricordalo sempre, che per conoscere Dio bisogna prima amarlo. Con Dio il processo va tutto all'opposto che per l'amore delle cose create: per queste infatti bisogna prima conoscerle e poi amarle; per Dio, invece, bisogna prima amarLo e poi conoscerLo.

Dio si comunica alle anime che lo amano. Ora in che consiste questo amore? Consiste nell'indirizzo del nostro intelletto a Lui. Cioè nel sottomettere, senza riserve, il nostro intelletto a quanto Dio ha rivelato e la Chiesa insegna e comanda. Dopo questo atto di volontaria sottomissione, e solo dopo questo noi cominceremo a vedere ed intendere anche “a posteriori" quelle verità che noi ammettevamo già “a priori”.

Non ti spaventi questo piccolo predichino. Darei la vita per saperti buono. Credo prepari già la divisa da Sottotenente coloniale in vista di questa guerra che sembra inevitabile. Qui i giornali inglesi si sfogano a loro bell’agio contro l'Italia e sono articoli spassosissimi. Ti accludo una riuscita vignetta dove due soldati italiani armati a tutto punto e su un carro armato, gridano l'allarme contro un povero abissino il quale ha solo una piccola lancia ed è tutto spaventato. Per dire che l'Italia da assalitrice pretende passare per assalita.

Attendo una tua lettera che mi dica cosa ti proponi fare nel tuo avvenire. Il commercio come va? Saluti all'Avv. Vitale. Raccomandami al Signore. Ti abbraccio e benedico.     Tuo fratello Mario

 


 

 

di seguito due articoli già apparsi sulle nostre riviste

 



 

 

la copertina del documentatissimo libro di P.Germani sul Beato Padre Mario
(
esaurito, del 1987)

 

 

qui profilo del Padre Mario Vergara dall'archivio PIME