2014     L'Anno dedicato a Angelo Ramazzotti    2015
venerabile


preghiera

Padre di misericordia, tu vuoi che tutti gli uomini siano salvi.
Per questo il tuo Spirito ha suscitato nel vescovo Angelo Ramazzotti un amore appassionato a Gesù
e un desiderio ardente di spendersi per la diffusione del tuo Regno fino agli estremi confini della terra.

Il tuo Spirito d'Amore lo ha anche guidato nella fondazione del Seminario per le Missioni Estere,
rendendolo padre e guida di tanti missionari.

Per sua intercessione rendi, Signore, noi e tutti i membri del PIME,
servi fedeli del tuo Vangelo e dei nostri fratelli e sorelle,
praticando la stessa povertà radicale e la stessa carità senza limiti del nostro Fondatore.
Fa', o Signore, che la tua Chiesa, proclamandolo santo, possa additarlo come sicuro modello di vita cristiana,
sacerdotale e missionaria.  Amen.

   

 

«Per aumentare la conoscenza e la devozione verso il fondatore del Pime e per pregare intensamente
per la conversione dei missionari che fanno parte dell’Istituto».
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Sono bastate poche ma incisive parole al superiore generale del Pime, padre Ferruccio Brambillasca, per indicare i due obiettivi che si propone l’Anno di preghiera, studio e riflessione dedicato a monsignor Angelo Ramazzotti.

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                                                                                                       7 Aprile 2014, Anniversario della morte di mons. Pietro Avanzini

  Carissimi, vi scrivo questa lettera mentre mi trovo in Messico a predicare gli Esercizi Spirituali alla nostra comunità. Dopo esser stato ospitato nel seminario dei Missionari di Guadalupe a Città del Messico, oggi sono arrivato insieme ai padri della Delegazione nel monastero benedettino di Cuernavaca, a quattro ore di macchina da Acapulco e un'ora di macchina da Città del Messico. I Missionari di Guadalupe sono sempre molto ospitali con i padri del PIME. Oltre a lavorare in alcuni nostri paesi di missione, pare che si siano ispirati molto alle nostre Costituzioni e al nostro stile di fare missione. Essendo un Istituto nato in Messico, ha esclusivamente vocazioni messicane. Tra meno di un anno avranno il Capitolo Generale e proprio in questo Capitolo, mi diceva il loro Superiore Generale, tratteranno per la prima volta il tema dell'Internazionalità. I Missionari di Guadalupe stimano molto il PIME e anche la piccola presenza del PIME in Messico e nelle zone indigene. Parlo di piccola presenza (sono quattro i padri che partecipano agli Esercizi Spirituali…) non legata molto a strutture nostre, ma a servizio della chiesa locale, soprattutto nelle zone di prima evangelizzazione. Mi chiedo, proprio mentre predico gli Esercizi Spirituali a questa piccola comunità, se il PIME del futuro non avrà forse una struttura simile: poche presenze, poche strutture e il tutto a servizio dell'essenziale, la missione della chiesa.

  In questi mesi e anche in questi giorni mentre sono in visita alla nostra comunità del Messico, mi vengono spesso in mente tre domande a cui tutti noi, prima o poi, dovremmo dare una risposta. Cosa ha il PIME? Cosa manca al PIME? Come sarà il PIME? Domande che riguardano il passato, il presente e il futuro del nostro Istituto.

  Oggi con voi vorrei fermarmi sulla prima domanda, "Cosa ha il PIME?", mentre nelle lettere successive svilupperò le altre domande. Il PIME ha una lunga tradizione di missionari, di martiri e di santi. La prossima beatificazione del nostro martire p. Mario Vergara ci fa ricordare questa lunga e stupenda tradizione. Alla domanda "Cosa ha il PIME?", dobbiamo innanzitutto ricordare il nostro passato per vivere bene il presente e "programmare" il nostro futuro. Credo che nel nostro Istituto, che ha più di 160 anni di storia, la categoria del "ricordare" sia una categoria essenziale poiché ci aiuta a ricordare le meraviglie compiute dai nostri missionari, ma anche gli errori, le debolezze presenti nella nostra vita missionaria. Quindi, oltre a ringraziare il Signore per le grazie ricevute in questi 160 anni di storia, dobbiamo chiedere perdono come Istituto per gli errori commessi verso le chiese locali dove abbiamo lavorato e anche verso le persone con cui abbiamo lavorato nelle nostre missioni.

  Oggi però con questa mia lettera vorrei (anche se qualcosa avevo già accennato...) ricordare la figura del nostro Fondatore mons. Ramazzotti e invitare tutto i membri dell'Istituto a ricordarlo in modo particolare. Per questo motivo, dopo aver ascoltato il parere del Consiglio Generale, INDICO UFFICIALMENTE UN ANNO DEDICATO A MONS. RAMAZZOTTI.

  L'anno dedicato a mons. Ramazzotti avrà inizio con il Congressino di Milano, settembre 2014. Inoltre, sempre con il consenso del Consiglio Generale, nomino una commissione che dovrà animare l'anno dedicato a mons. Ramazzotti. I membri di questa Commissione sono: p. Giovanni Musi (segretario), p. Mauro Mezzadonna, p. Costanzo Donegana e p. Claudio Corti. Perché un anno dedicato a mons. Ramazzotti in questo periodo del nostro Istituto?

  I motivi sono diversi. Il primo riguarda la visita che personalmente (accompagnato dai pp. Musi e Costa) ho fatto al card. Amato, Prefetto della Congregazione dei Santi, chiedendo un'accelerazione dei lavori per giungere al Decreto sulla eroicità delle virtù del nostro Fondatore. Il suggerimento del card. Amato è stato chiaro: esortate tutti membri del vostro Istituto a pregare e far pregare mons. Ramazzotti per ottenere grazie per sua intercessione e, quando Dio vorrà, anche un "miracolo" da sottoporre all'esame della Commissione medica della Congregazione stessa. Un altro motivo che ritengo importante (già qualcosa avevo detto nella precedente lettera...), oltre a quello di pregare per le vocazioni missionarie, è quello che durante l'anno dedicato a mons. Ramazzotti, ci sia una volontà forte di pregare per la nostra fedeltà alla vocazione sacerdotale e missionaria. Non pensiamo che questa sia una preghiera inutile e scontata. Noi missionari preghiamo spesso per gli altri, per i poveri, gli ammalati, le persone in qualsiasi genere di difficoltà... Tutte preghiere giuste e necessarie per il bene del mondo. Preghiamo allora anche per il bene del nostro Istituto, quel bene che siamo noi missionari.

  Se durante l'anno dedicato a mons. Ramazzotti ognuno di noi si impegnasse non solamente a pregare per la fedeltà alla vocazione sacerdotale e missionaria, ma anche a riflettere profondamente sulla propria esistenza missionaria, quella passata e anche quella che verrà, credo che tutto l'Istituto potrà avere tanti benefici. Lo dico spesso nelle mie visite alle missioni e lo ripeto ancora in questa mia lettera: il fermarci, il sostare a pensare, a riflettere, non è tempo perso nella nostra vita missionaria, ma un momento fondamentale per capire meglio quello che stiamo facendo e, soprattutto, per non essere missionari che agiscono sempre con schemi già pre-stabiliti ("schemi da laboratorio" direbbe Papa Francesco...) e che hanno le risposte a tutte le problematiche, senza mai chiedersi il perché dei cambiamenti che avvengono nell'uomo, nella missione, nella chiesa e nel mondo. La Commissione incaricata di animare l'anno dedicato a mons. Ramazzotti sta già pensando a diverse iniziative (distribuzione delle immaginette del nostro Fondatore, schema di preghiera da inviare a tutte le case del PIME, un libro piacevole sulla figura del nostro Fondatore e sul PIME oggi, ecc...).

  Chiedo a tutti di collaborare profondamente a queste iniziative proposte dalla Commissione, per il bene di tutti i missionari del PIME sparsi nel mondo. Colgo l'occasione, anche a nome di tutta la Direzione Generale, oltre ad augurare a tutti una buona preparazione all'anno dedicato a mons. Ramazzotti, di porvi i miei migliori auguri di una Buona Pasqua.

         Cordiali saluti,  p. Ferruccio Brambillasca  Superiore Generale del PIME

 

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E, quasi a conclusione dell'Anno Ramazzottiano...

Roma, 5 luglio 2015         

  Carissimi confratelli, il mese scorso, durante la visita ai nostri missionari che lavorano ad Hong Kong, ho avuto la possibilità di visitare la Cina e le nostre ex-missioni. È stata questa un'esperienza molto bella e intensa, capace di far riflettere molto sulla nostra presenza in Cina e sul legame/responsabilità che abbiamo ancora verso le nostre cosiddette "ex-missioni".

  Il PIME in Cina credo che abbia ancora qualcosa da dire: non solo nelle grandi città dove forse è più facile una presenza come la nostra, ma anche nelle nostre ex-missioni dove la presenza (anche saltuaria…) di qualcuno di noi può essere un aiuto al clero e ai religiosi locali (troviamo infatti ancora la presenza di istituti religiosi femminili fondati dai nostri padri). È interessante notare come in Cina (ma penso anche in altri paesi…) la chiesa ha bisogno di missionari in grado di costruire non più grosse strutture o progetti insostenibili, ma missionari-formatori che sappiano costruire personalità, cioè formare sacerdoti e religiosi che sappiano portare avanti la propria chiesa e il proprio carisma. Naturalmente, il tipo di presenza di un missionario in Cina, viste ancora le difficoltà per ottenere un visto, dovrebbe essere molto discreta e umile, capace di un annuncio silenzioso che sembra non cambiare nessuno, ma cambia te stesso e cambiando te stesso cambia le realtà che ti circonda, anche in Cina! La Cina mi sembra che stia appunto cambiando sotto tutti gli aspetti, ma in questo grande cambiamento penso ci sia ancora un piccolo posto per una testimonianza evangelica che sicuramente non è inutile o senza senso.

  Accanto a tutto ciò, la visita alle nostre ex-missioni, che ha occupato la maggior parte del nostro viaggio in Cina, è stata una vera esperienza spirituale (quasi un pellegrinaggio per una formazione continua…) che ha sicuramente da insegnare qualcosa a tutti noi. La prima cosa che subito ho notato visitando le nostre ex-missioni (Kaifeng, Anyang, Nanyang e Hanzhong) è che i nostri primi padri avevano un schema (organigramma?) ben preciso di come organizzare le nostre missioni, sempre attenti, nei modi di vestire e costruire strutture, alla cultura e ai costumi locali. Immagino poi, visto come erano strutturate alcune nostre missioni, dove tutti vivevano in un'area comune (l'area della missione!), che la vita comunitaria e la vita di preghiera erano i capisaldi delle nostre prime comunità missionarie. Visitando le nostre ex-missioni, ho avuto cura, oltre che a parlare con il clero e i religiosi locali, di conoscere il luogo dei nostri martiri, segno di una vita spesa per la missione e per l'Istituto. Ho visitato Yanzibian, luogo del martirio di S. Alberico Crescitelli. Nel villaggetto di fronte al luogo del martirio, purtroppo è rimasta solo una chiesetta diroccata (a malapena si capisce che è una chiesa…) in pessime condizioni. Inoltre, pare che in quella zona sia rimasta solo una famiglia cristiana e quindi sembra che il seme cristiano stia ormai scomparendo.

  Mi chiedevo allora, mentre mi trovavo sul luogo del martirio del nostro Alberico, a cosa è servito veramente il suo martirio. Non è rimasto nulla, forse non ci sarà più nulla e, anche se costruissero ex-novo la chiesetta, non credo che la comunità cristiana da quelle parti possa rifiorire facilmente. La stessa cosa mi domandavo quando ho visitato Kaifeng e mi sconsigliavano di andare a visitare Dingcun (luogo del martirio di mons. Barosi e dei pp. Zanardi, Zanella e Lazzaroni), poiché avrei trovato diverse difficoltà. Inoltre, mi dicevano che molto difficilmente si potrà costruire qualcosa di religioso in quella zona e che, anche da quelle parti, la presenza cristiana pare sia ridotta ai minimi termini.

  Ecco allora la stessa domanda/e: "A cosa è servito tutto ciò? Ha ancora valore per l'evangelizzazione un martirio del genere? Cosa ci ha "guadagnato" l'Istituto con il martirio dei nostri confratelli?". Capisco, sono domande "nude e crude", che potrebbero non avere senso, ma, se viste positivamente, potrebbero farci riflettere seriamente sulla nostra vita missionaria. Ricordo, in questa direzione, cosa un sacerdote di un altro Istituto missionario diceva al suo Superiore Generale: "Ha senso preparare per tanti anni dei confratelli, spendendo energie, tempo e denaro, se poi mandiamo immediatamente questi confratelli in luoghi a rischio dove potrebbero essere ammazzati o morire per malattia da un giorno all'altro…?" Credo che queste domande, se pur in ottica cristiana non hanno senso, ci richiamano all'essenziale della nostra vocazione e del nostro Istituto, che non è solamente la chiamata al martirio (non siamo entrati nell'Istituto per diventare martiri, anche se qualcuno avrà questo dono…) ; che non è quello di vantarci perché abbiamo dei santi o dei martiri; che non è quello di offrire liberamente al mondo dei missionari che possono morire da un momento all'altro, senza che tutto questo possa cambiare veramente certe situazioni, per il bene della Chiesa e della società… 

  Certamente, il martirio di S. Alberico e degli altri nostri confratelli uccisi in Cina è servito a me in quanto padre del PIME e a tanti altri nostri confratelli che vivono nell'Istituto. Non in quanto, come dicevo prima, questo martirio è una gloria per l'Istituto, ma perché pone a tutti noi la domanda fondamentale

  che vorrei che tutti noi ci ponessimo: COME IL NOSTRO ISTITUTO OGGI STA SERVENDO LA MISSIONE DELLA CHIESA E COME IO MISSIONARIO DEL PIME SERVO OGGI L'ISTITUTO?

  I nostri martiri in Cina (e non solo…) hanno dato una risposta precisa (donando la vita intera con una grande fedeltà giornaliera) a questa domanda: l'Istituto serve alla missione della Chiesa quando ogni luogo a esso assegnato, anche insignificante, diventa luogo in cui l'Istituto si coinvolge pienamente con amore e senza remore per le persone (anche poche…) che vivono in quel luogo e in quel periodo storico (che mai andrebbe dimenticato come memoria viva per il presente); inoltre, io come missionario del PIME, "servo" all'Istituto quando le mie parole, i miei progetti e le mie aspirazioni sono in armonia con l'amore pieno e sincero che l'Istituto riversa nei luoghi e nei tempi storici della sua missione, anche quando questa sembra non aver portato a nessun risultato concreto o cambiato situazioni che mai cambieranno. In questi giorni, noi della Direzione Generale, stiamo preparando il programma (che vi verrà mandato in queste settimane) del prossimo Consiglio Plenario che si terrà ad Hong Kong nel settembre 2016. Oltre al programma, naturalmente, abbiamo pensato anche ai temi principali che vorremmo discutere durante il Consiglio Plenario e, come potete immaginare, i temi che potrebbero essere messi all'ordine del giorno non sono pochi, anzi credo che la lista da noi preparata sia più che sufficiente!

  Temi che poi vorrei trattare personalmente, come suggerito anche dai Consiglieri, sono: il recupero della stima dei confratelli, il rapporto tra il centro e la periferia (Direzione Generale e Circoscrizioni) e la famosa questione "regioni di Istituto" e "regioni di missione".

  Ma non voglio fermarmi adesso a discutere su questi temi, visto che saranno affrontati durante il Consiglio Plenario e poi ripresi nella mia relazione al Consiglio Plenario.

  In vista di trovare un tema unico (una specie di sintesi tematica) che ci aiuti in questi mesi di riflessione fino al prossimo Consiglio Plenario, l'argomento potrebbe essere riassunto in una frase:

  UOMINI NUOVI IN STRUTTURE NUOVE.

  Ecco cosa serve alla Chiesa e al PIME, per riprendere la riflessione iniziata in questa lettera! Penso, cercando di spiegare brevemente il tema principale del prossimo Consiglio Plenario, che il PIME abbia bisogni di uomini nuovi che sappiano ascoltare molto (tutti lo dicono, ma quanta fatica facciamo a mettere in pratica questo valore…) per imparare le parole che le persone a cui siamo mandati e i nostri confratelli possono capire; uomini che cercano parole di senso che toccano il cuore delle persone e non uomini che cercano la calunnia o l'offesa verso le persone con cui lavorano o con cui vivono. Solo persone nuove possono rinnovare le nostre strutture (ancora troppe e difficili da gestire…) che continuamente hanno bisogno di essere rinnovate attraverso un nuovo modo di concepire la nostra presenza e la nostra missione.

  A conclusione dell'anno dedicato al nostro Fondatore, chiedo per il nostro Istituto, sull'esempio di mons. Ramazzotti che ha saputo rinnovare la Chiesa con l'idea di missione "ad extra", la grazia del rinnovamento, non solo "ad extra", ma anche "ad intra", affinché tutti possiamo essere una "cosa sola" nel vivere la missione che la Chiesa ci ha affidato. L'Istituto, nonostante le sue debolezze, continua a servire con fedeltà la missione della Chiesa; noi missionari del PIME, presi singolarmente, possiamo dire di continuare a servire con spirito sempre rinnovato l'Istituto? Buona Missione!

p. Ferruccio Brambillasca             

 

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Celebrazione conclusiva dell'anno ramazzottiano

al PIME di Ducenta, domenica 6 settembre, alle ore 9.30,
concelebrazione della S.Messa presieduta da mons. Angelo Spinillo, vescovo di Aversa.
Seguirà una tavola rotonda su mons. Angelo Ramazzotti, con mons. Spinillo, il dr. Gerolamo Fazzini e p. Giovanni Musi.

 

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possiamo onorarlo come
venerabile


 

            

 


   Anno Ramazzottiano, intervista a Padre Ferruccio Brambillasca, Superiore Generale del PIME

   Angelo Ramazzotti, quale e quanto cuore

   Il Patriarca Angelo Ramazzotti, fondatore del PIME

   Dal Popolo ai Popoli, di Angelo Montonati

   Le Missioni Estere di Angelo Ramazzotti

   Quel roveto contagioso, stile di vita

   Convegno su Ramazzotti, fondatore del PIME

   Da avvocato a fondatore del primo istituto missionario italiano, di P. Giovanni Battista Tragella,  P.I.M.E.

   Angelo Ramazzotti, il fondatore del PIME