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 padre Clemente Vismara
missionario del PIME
beato

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Padre Clemente (bozzetto di Tito Maan - Mangiola)

il beato padre Clemente,
instancabile annunciatore e testimone del Signore Gesù in terra d'Oriente
difensore degli ultimi tra i poveri e i malati

 

fonte Avvenire

 

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     galleria fotografica della beatificazione
    lieto nel Signore
    diventa beato il padre Clemente
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beato Clemente

qui i primi minuti del film "una vita non basta"sul beato Clemente

 

  Chi è Clemente Vismara e perché diventa Beato?

   Nato ad Agrate Brianza nel 1897, eroe della prima guerra passa tre anni in trincea come fante e termina la guerra come sergente maggiore con tre medaglie al valor militare. Capisce che “la vita ha valore solo se la si dona agli altri” (scriveva) e diventa sacerdote e missionario del Pime nel 1923 e subito parte per la lontana Birmania dov’è destinato a Kengtung, territorio forestale e montuoso abitato da tribali e quasi inesplorato, ancora sotto il dominio di un re locale (saboà) patrocinato dagli inglesi. Parte con due confratelli dall’ultima città col governatore inglese, Toungoo, e arrivano a Kengtung in 14 giorni a cavallo. Tre mesi di sosta per imparare qualcosa delle lingue locali e poi il superiore della missione in sei giorni a cavallo lo porta alla sua ultima destinazione, Monglin ai confini tra Laos, Cina e Thailandia.

   Era l’ottobre 1924 e in 32 anni (con un’altra guerra mondiale in mezzo, prigioniero dei giapponesi), fonda tre missioni da zero che oggi sono parrocchie: Monglin, Mong Phyak e Kenglap. In una delle sue prime lettere scriveva ad Agrate: “Qui sono a 120 chilometri da Kengtung e se voglio vedere un altro cristiano debbo guardarmi allo specchio”. Ha con sé tre orfani che gli tengono compagnia, vivono in un capannone di fango e paglia, il suo apostolato è di girare i villaggi dei tribali a cavallo, piantare la sua tenda e farsi conoscere: porta medicine, strappa i denti che fanno male, si adatta a vivere con loro, al clima, ai pericoli, al cibo, mangiano topi e scimmie, riso e salsa piccante. E poi, fin dall’inizio porta a Monglin orfani o bambini abbandonati per educarli. In seguito fonda un orfanotrofio e viveva con 200-250 orfani e orfane. Oggi è invocato come “protettore dei bambini” e fa molte grazie che riguardano i piccoli.

   Una vita poverissima e Clemente scrive: “Qui è peggio che quando ero in trincea sull’Adamello e il Monte Maio, ma questa guerra l’ho voluta io e debbo combatterla fino in fondo con l’aiuto di Dio. Sono sempre nelle mani di Dio”. Giorgio Torelli ha scritto: “Qualunque storia sul cielo e sulla terra sappiano raccontarvi, date retta a uno che ha veduto e toccato con mano: grande come questa vicenda ce n’é poche o forse nessuna”.

   A poco a poco nasce una cristianità, vengono le suore italiane di Maria Bambina ad aiutarlo, fonda scuole e cappelle, officine e risaie, canali d’irrigazione, insegna la falegnameria e la meccanica, costruisce case in muratura e porta nuove coltivazioni, il frumento, il baco da seta, la verdura (carote, cipolle, insalata – il padre mangia l’erba dicevano all’inizio), ecc. Soprattutto il Beato Clemente ha portato il Vangelo, ha fatto nascere la Chiesa in un angolo di mondo dove non ci sono turisti ma solo contrabbandieri d’oppio, stregoni e guerriglieri di varia estrazione, e poi i membri di tribù che, attraverso la scuola e l’assistenza sanitaria si stanno elevando e oggi hanno medici e infermieri, falegnami e insegnanti, preti e suore e persino vescovi. Non pochi si chiamano Clemente e Clementina.

   Ma fin qui ho raccontato solo la prima parte della sua lunga militanza clamorosa. Per conoscerla tutta vi rimando alla biografia “Prima del sole”, perché Clemente, poeta e sognatore, si alzava prestissimo e saliva sulla vicina collina per veder nascere il sole. Scriveva: “Quando vedo nascere il sole, capisco che Dio non mi ha abbandonato”. E’ morto nel 1988 a 91 anni nella seconda cittadella cristiana costruita a Mongping, dopo 65 anni di vita missionaria, uno dei fondatori della diocesi di Kengtung in Birmania, che i vescovi birmani hanno proclamato “Patriarca della Birmania” nei suoi 60 anni di Birmania (1983).

   Clemente rappresenta bene le virtù dei missionari nella storia della Chiesa e i valori da tramandare alle generazioni future. Nell’ultimo mezzo secolo la missione alle genti è cambiata radicalmente, sempre però continuando ad essere quello che Gesù vuole: “Andate in tutto il mondo, annunziate il Vangelo a tutte le creature”. Ma i metodi nuovi (responsabilità della Chiesa locale, inculturazione, dialogo interreligioso, ecc.) debbono essere vissuti nello spirito e nella continuità della Tradizione ecclesiale che risale addirittura agli Apostoli.

   Clemente è uno degli ultimi anelli di questa gloriosa Tradizione. Due gli aspetti importanti della sua vita, indispensabili anche oggi: la fiducia assoluta nella Provvidenza e l’amore totale al suo popolo. Apprezzava il denaro perché serviva a realizzare la carità e la missione, ne chiedeva a parenti e amici. Ha fondato cinque parrocchie con tutte le strutture necessarie, manteneva 200-250 orfani e orfane, molti poveri e lebbrosi, dieci o più vedove senza casa né cibo. Ma non era mai preoccupato del futuro: si fidava della Provvidenza. Il 9 maggio 1962 scriveva al nipote Innocente Vismara: "La spesa totale in un anno si aggira sui quattro milioni di lire. Non tengo conti perché ho timore che poi Dio se l'abbia a male: vado avanti ad occhi chiusi, è meglio". Suor Battistina Sironi che è stata con Clemente negli ultimi trent'anni della sua vita a Mongping, nel febbraio 1993 a Kengtung mi diceva: "Padre Clemente non teneva nessun tipo di contabilità. Riceveva aiuti dagli amici in Italia e in America perché scriveva molto e spendeva quel che riceveva. La borsa era vuota, ma il giorno dopo era piena. Non ha mai fatto conti né preventivi né bilanci di spesa. Quando aveva bisogno di soldi, frugava nella borsa e misteriosamente ce n'era sempre".

   Il 21 settembre 1978 scriveva ad un amico italiano: "Non te la scaldare tanto per i soldi. Se me li mandano, bene, se non li mandano non me ne importa. La Provvidenza c'è e la devo ringraziare... Più si dona e più si riceve, niente paura". Ad un altro amico il 18 febbraio 1964: “Il denaro è come la paglia: vola via. Io poi sono sempre impegnato in costruzioni e sono spese da orbi. Ma la Provvidenza c'è sempre". In una occasione ringrazia un parente in Italia per le 100.000 lire che gli ha mandato e aggiunge (22 settembre 1961): "Perdiamo, perdiamo quaggiù, se vogliamo ricevere lassù quello che abbiamo perduto. La mia è un'amministrazione un po'... apostolica. Non ho tempo né testa per tenere registri, vado avanti a occhi chiusi, non tengo registrazione alcuna. Spendo, spendo e vedo che ce n'è sempre".

   Nel febbraio 1983 ho visitato in Birmania padre Clemente Vismara (che sarà beatificato in Piazza Duomo a Milano domenica 26 giugno; morto nel 1988 a 91 anni, dopo 65 anni di vita in una regione conosciuta come 'il triangolo dell’oppio', ai confini con Cina, Laos e Thailandia, fra contrabbandieri, briganti, guerriglieri, gruppi tribali bellicosi e poverissimi). Padre Vismara viveva con 250 orfani e orfane, aiutato dalle suore di Maria Bambina e aveva 86 anni, il medico più vicino era a 120 chilometri (con quelle strade!). Aveva fondato, partendo da zero, cinque parrocchie e un centinaio di villaggi cattolici. Dai 'suoi' cristiani sono venuti fuori cinque sacerdoti e quattordici suore. Ero andato per intervistarlo sulle sue avventure e lui mi sorrise: «Ho già scritto tutto più volte. Lascia perdere il mio passato, parliamo del mio futuro». E prese a raccontarmi dei villaggi da visitare, delle conversioni da propiziare, delle scuole e cappelle da costruire. Pensai: questo il prete che anch’io vorrei essere, che non si lascia indurire dalle difficoltà dai pericoli, dalle persecuzioni.

   Perché dunque il 26 giugno prossimo, in piazza Duomo a Milano padre Clemente Vismara (1897-1988) sarà proclamato Beato della Chiesa universale? Non era un martire né un vescovo né un fondatore o superiore di ordine religioso; non ha avuto visioni o compiuto miracoli; non ha costruito grandi chiese o scuole o importanti opere ecclesiali. Insomma era un missionario del tutto normale e il suo confratello in Birmania padre Angelo Campagnoli aggiunge che Clemente non emergeva in nulla: non era un costruttore, né un teologo, né uno studioso di culture o di lingue e nemmeno un rinomato predicatore. E quando si è iniziato a pensare alla sua causa di beatificazione, padre Osvaldo Filippazzi che è stato con lui fino alla morte mi diceva: “Sì, Clemente era un bravo missionario, ma se fate santo lui dovete fare santi anche noi che abbiamo fatto la sua stessa vita”. Perché Vismara Beato?

   Un missionario come tutti gli altri

Forse proprio per questo motivo: era un missionario come tutti gli altri, però “straordinario nell’ordinario”. Ha vissuto per 65 anni la normale vita di missione in modo straordinario, ha praticato “in modo eroico” la fede, la carità, la preghiera, la donazione totale al suo popolo, la generosità, la gioia di vivere e l’entusiasmo del suo sacerdozio e della vocazione missionaria. Quindi è il personaggio adatto a diventare, come dire, l’icona della santità missionaria, il modello per chiunque sia chiamato a seguire il Signore Gesù in questa affascinante avventura umana e cristiana. Quinto di sei fratelli e sorelle. Rimasto orfano a tre anni della mamma e a sette del papà, Clemente è allevato da parenti e poi a 14 anni entra nel seminario minore della diocesi di Milano. Nel 1916 è richiamato alle armi e passa tre anni come fante della divisione Roma in trincea (1916-1918). Nel 1919 è licenziato sergente maggiore con una medaglia al valor militare. Gli orrori della guerra gli hanno fatto capire che solo per Dio vale la pena di spendere la vita. Entra nel Pime, ordinato sacerdote nel 1923, tre mesi dopo parte per la Birmania e vi rimane 65 anni, 32 dei quali a Monglin, dove fonda partendo da zero tre parrocchie e una quarantina di villaggi cattolici e 33 a Mong Ping (distante 200 km), dove fonda altre due parrocchie e lascia 52 villaggi cattolici. Muore a Mong Ping il 15 giugno 1988. 23 anni dopo, il 26 giugno 2011, diventa Beato!

   Nel febbraio 1994 sono andato in Birmania con i padri Gianni Zimbaldi e Angelo Campagnoli (già missionari a Kengtung) per chiedere a mons. Abramo Than come mai voleva fare diventare Beato e Santo padre Clemente. Il vescovo risponde: “Mai a Kengtung avevamo visto una cosa simile. Abbiamo avuto tanti santi missionari del Pime che hanno fondato la diocesi, compreso il primo vescovo mons. Erminio Bonetta, che molti ricordano come un modello di carità evangelica, e altri il cui ricordo di bontà è ancora vivo. Ma per nessuno di essi si sono verificati questa devozione e questo movimento di popolo per dichiararli santi, come per padre Vismara, e questo non solo da parte dei cattolici, ma dei non cristiani animisti, buddhisti, indù, musulmani. In questo io ho visto un segno di Dio per iniziare il processo informativo diocesano”. Ancora oggi a Mongping, grosso villaggio in zona di guerriglia che per noi stranieri è difficile avere il permesso governativo di visitare, la tomba di padre Clemente, accanto alla chiesa e alla grotta di Lourdes da lui costruite, è sempre piena di fiori, di lumini e di devoti che pregano.

   Il processo diocesano della causa di beatificazione, iniziato dal card. Carlo Maria Martini il 18 ottobre 1996 e chiuso dallo stesso ad Agrate il 17 ottobre 1998 con 132 sessioni e l’interrogazione di 121 testimoni in Birmania, Italia, Thailandia e Brasile, ha ricevuto dalla Congregazione dei Santi il “decreto di validità” il 7 maggio 1999. Da allora sono passati solo poco più di 12 anni per giungere alla beatificazione del 26 giugno 2011. Un periodo straordinariamente breve, che è un altro segno di come la semplicità e la trasparenza Clemente abbiano conquistato i severi membri delle commissioni della Congregazione dei Santi (cardinali e teologi ad esempio) che, mi hanno detto, “hanno approvato con entusiasmo” i vari passaggi del suo cammino verso la santità.

   A Kengtung nel 1993 ho intervistato a lungo suor Battistina Sironi di Maria Bambina (1906-1997), che è stata con Clemente a Mongping dal 1957 alla sua morte, tenendogli in ordine la missione e facendo funzionare un’impresa di fede e di carità che, fra l’altro, manteneva circa 300 persone ospitate (orfani, vedove, ammalati, disabili, sciancati, lebbrosi, ladri scacciati dai villaggi dopo avergli tagliato un dito): tutti in qualche modo lavoravano e mangiavano. In quell’ambiente di miseria, carestie, guerriglie, brigantaggio, trovare il riso tutti i giorni per 250-300 persone era già un’impresa. Un’intervista, quella a suor Battistina, veramente commovente, che mi ha fatto capire a fondo quel che scriveva Clemente di lei: “Prego il Signore di morire io prima di suor Battistina, perché lei senza di me vive bene lo stesso, ma io senza di lei non saprei proprio come andare avanti”.

  “Per salvare le anime era disposto a tutto”

Le chiedo: qual era lo stile di padre Vismara nella sua missione? “Salvare le anime e per salvarle dava tutto. Quando andava nei villaggi gli dicevo: “Padre metta il corpetto pesante, in questi mesi qui sulle montagne e in foresta fa freddo e lei non è più giovane. Lo metteva, ma sempre veniva a casa senza, a volte anche senza camicia”. Chiedo a suor Battistina se Vismara era un buon confessore e direttore spirituale. Risponde: “Sì e no, dava grandi esempi in tutto, ma poi quando chiedevo un consiglio spirituale mi diceva: lei vada avanti con fiducia nel Signore come ha fatto fino adesso. E sempre tre Ave Maria per penitenza. Non era un uomo profondo, non faceva grandi ragionamenti. Per lui tutto era facile, semplice, bello. Basta amare il Signore e la gente e tutto è facile, non ci sono problemi. Era fedelissimo alle poche cose importanti, fra le quali la preghiera, e basta”.

   Dio si rivela ai semplici, dico a Battistina e lei dice: “Ah sì, padre Clemente era veramente un semplice. Credeva a tutti, anche a quelli che non lo meritavano. Noi gli dicevamo: Padre, non creda a quel tale, non è sincero. Lui rispondeva: 'Ah no, è venuto a parlare con me, è pentito, è sincero'. Credeva davvero a tutti. Negli ultimi anni un po’ meno, era diventato più prudente, ma all’inizio che è venuto a Mongping credeva davvero a tutti, anche quando raccontavano bugie grandi come una casa. Ma lui, per prendere le anime era disposto a tutto”.

   Eppure Clemente era tutt’altro che uno sprovveduto, un sempliciotto! Era piuttosto un furbo, non secondo la furbizia umana ma secondo il Vangelo. Partendo da zero ha fondato cinque parrocchie: Monglin, Kenglap, Mongphyak, Mongping e Tongtà (con chiesa e tutte le costruzioni necessarie in muratura, casa del padre e casa delle suore, centro parrocchiale, scuole, dispensario, orfanotrofio maschile e femminile, falegnameria, magazzini e stalle, officina, campi coltivati); e poi decine villaggi cattolici per ciascuna parrocchia con chiesetta in legno o in muratura e scuola come minimo. Una volta sono fermati dai briganti per strada, gli portano via tutto, poi lui dice: “Poveretti, avevano fame anche loro”. Un’altra volta i briganti fermano la sua carovana e vogliono rapinare quella povera gente. Clemente li rimprovera con successo: “Non vi vergognate di portare via a questi poveretti tutto quel che hanno? Venite alla mia missione di Monglin e potrete mangiare”. Quando voleva era autorevole, era un uomo robusto e alto circa 1,92 (secondo la testimonianza del sarto di Agrate quando tornò in Italia), un sergente maggiore della prima guerra mondiale con una medaglia al valore militare, e sapeva farsi obbedire. Ma in lui trionfava quasi sempre l’accoglienza, il perdono, la fiducia nell’uomo che aveva davanti e in Dio.

   Pregava molto e non contava mai i soldi

Ecco la vera e risolutiva risposta al perché Clemente diventa Beato e domani, speriamo, Santo della Chiesa universale: pregava molto. Tutte le testimonianze giurate al processo informativo diocesano rilevano questa sua caratteristica. A Battistina chiedo se in 32 anni di vita assieme a lui non saprebbe dirmi almeno un difetto di Clemente. “No, risponde, per me era un santo. Era un po’ semplice e superficiale nella fede, ma ha sempre pregato molto. Me lo diceva anche suor Antonietta che era stata con lui a Monglin nei primi anni della sua missione. Quand’era qui a Mongping andava in chiesa sei volte al giorno, fino all’ultimo giorno che è stato in piedi”. Padre Mario Meda, anche lui confratello di Clemente in Birmania per otto anni, testimonia che Clemente diceva tre Rosari al giorno, oltre a tutte le altre preghiere del buon prete. “Ricordava quel che diceva il santo vescovo Erminio Bonetta: Seminate di Rosari la vostra giornata e ne vedrete i frutti”.

   Fin dall’inizio, per ricevere aiuti padre Vismara scriveva molti articoli e lettere, sapeva scrivere bene, i suoi scritti si rileggono ancora con gusto e commozione. Dopo aver cenato alle 19, andava in chiesa a dire le preghiere della sera con i suoi bambini. Poi si ritirava in stanza e scriveva al lume di candela. Anzi in una lettera degli ultimi anni dice: “Divento un po’ orbo e per scrivere questa lettera debbo accendere due candeline, una a destra e una a sinistra per vederci meglio. Una sola non mi basta più”.

   Suor Battistina diceva: “Riceveva grandi somme di denaro, ma per sè non spendeva niente. E’ tornato dall’Italia nel 1957, l’unica volta che ci è andato in 65 anni di missione, con un paio di scarponi da montagna e usava sempre quelli. Guai a dirgli di comperare un altro paio di scarpe. Tutto il denaro che riceveva lo spendeva per comperare il riso e le medicine e per le spese della missione”. Battistina aggiunge che Clemente non teneva nessun registro per i conti della missione non faceva bilanci né preventivi, non contava mai i soldi che avevaperchè, diceva, “se conto i soldi vuol dire che non mi fido della Provvidenza”. Aveva una borsa chiusa a chiave che teneva in un cassetto della sua scrivania, quando da Kengtung gli mandavano i soldi ricevuti li metteva dentro la borsa e quando doveva spendere apriva la borsa e tirava fuori il necessario. Suor Battistina diceva: “Non so come facesse perché di soldi ce n’erano sempre e se qualche volta era in difficoltà andavamo in chiesa a pregare con i bambini e i soldi arrivavano”.

   Nella preghiera per la beatificazione di padre Clemente diciamo: “Fa, o Signore, che abbiamo anche noi quella fede semplice ed entusiasta che è stata l’anima di padre Clemente e dei suoi 65 anni di missione”. La fede illumina e spiega tutta la vita e la missione di Clemente Vismara: non una fede come fatto intellettuale, ma incarnata nel quotidiano, un sentimento appassionato che si manifestava nell’assoluta fiducia nella Provvidenza e nell’amore al prossimo più povero e abbandonato che incontrava. Bella la testimonianza data dal suo vescovo mons. Abramo Than al processo diocesano: “Padre Clemente Vismara fu un uomo di fede: vedeva le cose e gli eventi quotidiani con gli occhi della fede. La sua fede lo metteva in grado di vedere Dio in ogni creatura, specialmente nelle persone povere e abbandonate”.

   Clemente era innamorato del suo popolo, specie dei piccoli e degli ultimi e scriveva: “Questi orfani non sono miei, ma di Dio e Dio non lascia mai mancare il necessario”. Viveva alla lettera quanto dice Gesù nel Vangelo: “Non preoccupatevi troppo dicendo: 'Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Come ci vestiremo?'. Sono quelli che non conoscono Dio che si preoccupano di tutte queste cose... Voi invece cercate il Regno di Dio e fate la sua volontà: tutto il resto Dio ve lo darà in più" (Matt. 6, 31-34). Utopia? No, in Clemente era una realtà vissuta, che gli portava la gioia nel cuore nonostante tutti i problemi che aveva.

           Padre Piero Gheddo  PIME

 

 "... senza rimorsi, ché uomo allegro il Ciel l'aiuta! E voi?!
          Voi così, non mai... se non verrete presto
...
"
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 "... Oriente, montagne, dorsi di muli, orfanotrofio, riso, foresta, spari, cinesi,
         banditi, malattie, ospedali, rivoluzioni, preghiere, mani e cuore di fanciullo!
...
"
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"
... il bene fatto non conta, perché troppo ne rimane da compiere! Una vita non basta!..."

 

        Il Beato Vismara e le vocazioni      "beato Clemente, ragazzo sbarazzino e irrequieto" - clicca

   Si avvicina la beatificazione di padre Clemente Vismara, missionario e “Patriarca della Birmania”, in Piazza Duomo a Milano la domenica 26 giugno 2011. Fervono i preparativi da parte della Curia diocesana di Milano, della cittadina di Agrate Brianza (patria di Clemente) e del Pime di Milano, l’Istituto a cui apparteneva il prossimo Beato. Si prevedono circa 10-12.000.fedeli in Piazza Duomo (ore 10-12) per la Messa e la cerimonia di beatificazione. Ma si avverte anche il bisogno di preghiere affinché Clemente susciti tante e sante vocazioni sacerdotali, religiose e missionarie, come ha sempre fatto con i suoi scritti mentre era ancora in vita (1897-1988).

   Sono stato invitato dalle suore di clausura Romite Ambrosiane di Perego in provincia di Lecco (vengono da Sant’Ambrogio e San Carlo Borromeo): Messa solenne in rito ambrosiano e lunga conferenza al pomeriggio su padre Clemente. Una giornata per me consolante, perché mi ha colpito l’interesse di queste care sorelle (27, di cui parecchie sotto i cinquanta e una novizia) appunto sul carisma del prossimo Beato di suscitare vocazioni alla vita consacrata. L’ho sperimentato io stesso, quando dal seminario diocesano di Vercelli nel settembre 1945 sono venuto al Pime per diventare missionario, in seguito agli articoli di Clemente su “Italia Missionaria”. Ma poi, visitando le missioni in tutto il mondo, ho incontrato numerosi preti, fratelli e suore italiani (non solo del Pime) che mi raccontavano come la loro vocazione alle missioni era nata allo stesso modo della mia. Naturalmente la chiamata alla vita consacrata viene da Dio, ma gli articoli di Vismara erano e sono adatti per presentare in modo affascinante la vita di missione ai giovani.

   Perché questo carisma? Intanto perché era un santo, viveva nell’amore di Dio e lo trasmetteva in tutto quel che faceva. Poi perché sapeva scrivere e fin dall’inizio scriveva molte lettere e articoli (ne ho raccolti 2.300 e 600) per poter ricevere aiuti dai lettori delle riviste missionarie. Ma era talmente innamorato della sua vocazione, che era sempre sereno e contento pur vivendo in una povertà commovente e in mezzo a guerre e guerriglie, briganti e lebbrosi, villaggi di fango e paglia, poverissimi tribali, in una regione montagnosa e forestale priva dei più moderni conforti a cui siamo abituati: elettricità, acqua corrente, strade, medicine e assistenza sanitaria: negli ultimi tempi, il medico più vicino era a 120 chilometri, con quelle strade!

   Però Clemente aveva una visione ottimistica della vita, che veniva dalla grande fede e fiducia nella Provvidenza, e riusciva a trasfigurare quella realtà misera rendendola poetica e avventurosa, facendo sognare noi giovani. Ma i suoi articoli e lettere, come la sua biografia costruita sulle sue lettere (“Prima del Sole”, Emi 1998), fanno sognare anche i giovani d’oggi, che hanno bisogno di eroi “positivi” e di evadere con la fantasia dal mondo materialista e consumistico d’oggi, che tarpa le loro ali e impedisce loro di volare. Clemente tocca il cuore e trasmette i grandi ideali evangelici, con frasi incisive che scuotono e fanno riflettere. Questa ad esempio: “La vita è fatta per essere donata. Una vita vissuta per se stessi è sprecata e porta al pessimismo, una vita donata al prossimo è affascinante e ti dà gioia”. Se non c’è poesia, fantasia, amore ed entusiasmo per il Signore Gesù, le vocazioni alla vita consacrata non nascono. Clemente tocca il cuore e con l’aiuto di Dio fa nascere tutto questo.

        Padre Piero Gheddo  PIME

 

 

     Carissime Sorelle (dei circa 530 Monasteri di Clausura in Italia),

   questa volta non ho nessun nuovo libro da mandarvi (lo manderò, se Dio vuole, a novembre, intitolato “Meno male che siamo cristiani”), ma voglio condividere con voi la grande grazia che il Signore ha concesso al Pime, alla Chiesa e modestamente anche al sottoscritto: domenica 26 giugno in Piazza Duomo a Milano (ore 10-12) verrà beatificato il venerabile padre Clemente Vismara, che voi già conoscete. La televisione di Rai Uno trasmetterà tutta la cerimonia in diretta.

   Ho una grande gioia nel cuore. Un mio confratello, missionario per 65 anni in un angolo remoto del mondo, fra guerriglieri e briganti, lebbrosi e contrabbandieri di oppio, povera gente tribale il cui principale problema è mangiare almeno una volta al giorno; ecco, questo confratello, 23 anni dopo la morte (1988), la Chiesa lo tira fuori dall’anonimato, fa un “processo” sulla sua vita, lo eleva alla gloria degli altari e lo propone come modello ai credenti di tutto il mondo. Che grande cosa la fede e che grande cosa la Chiesa, carissime sorelle. Noi rischiamo di vedere solo il piccolo quotidiano della nostra Italia e siamo tentati di pessimismo. La fede ci invita a volare alto: oltre le nubi risplende sempre il sole! Vismara è un raggio di questo sole.

   Di padre Clemente e della sua santità potrei dirvi molte cose, ma le ho già scritte in libri ed articoli e voi le conoscete. Mi preme invece mettere in risalto il particolare carisma del nuovo Beato, che ha suscitato molte vocazioni alla vita consacrata. Chiediamo a Dio la grazia di suscitare, attraverso gli scritti e la vita di padre Vismara, altre numerose e sante vocazioni di sacerdoti, di missionari, di religiosi e religiose.

   Voi sapete che padre Clemente è invocato “protettore dei bambini” perché viveva con 200-250 orfani e orfane, li educava con l’aiuto delle suore di Maria Bambina e li preparava alla vita civile e cristiana. Aveva un chiodo fisso in testa: “Chi prenderà il mio posto quando io ci sarò più?”, scriveva in molte sue lettere. Nelle sue prediche, catechismi e direzione spirituale parlava spesso della vocazione alla vita consacrata. Riferendosi ai suoi piccoli orfani scriveva: “Da questi teneri, cari, amati e spennacchiati virgulti, sorgerà (non ne dubito) la nostra Chiesa”. E così è stato. Sulla scia della sua testimonianza missionaria numerosi ragazzi e ragazze hanno preso la via del sacerdozio e della consacrazione religiosa. Dalle sue parrocchie, formate da credenti battezzati da Vismara stesso, sono venuti fuori cinque preti e 14 suore, parecchi dei quali si chiamano Clemente o Clementina. Preti e suore quasi sempre nati in famiglie animiste, pagane, in una società ancor molto lontana da Cristo. Ecco perché parlo di un carisma particolare di padre Vismara. Tutti noi sacerdoti vorremmo aver suscitato altri cinque sacerdoti e 14 suore, nel nostro paese cristiano!

   Ho sperimentato il fascino del carisma di Clemente. Nell’ottobre 1940 sono entrato nel seminario minore diocesano di Vercelli a Moncrivello. La vocazione sacerdotale era nata dalle preghiere dei miei genitori, mamma Rosetta e papà Giovanni, che sposandosi nel 1928 avevano chiesto a Dio di avere un figlio prete. Io questo l’ho saputo dopo l’ordinazione sacerdotale nel 1953, ma la zia Adelaide (sorella di papà) e la nonna Anna mi dicevano che fin da piccolo a chi mi chiedeva: “Pierino, cosa farai da grande?” io rispondevo deciso: “Il prete!”. Infatti nella mia vita non ho mai avuto altro ideale che di essere sacerdote di Gesù Cristo.

   Poi, in seminario leggevamo la rivista “Italia Missionaria” del Pime, che quasi ogni mese pubblicava un articolo di Clemente Vismara dalla Birmania. In quegli anni di guerra, di odio e di violenze, i suoi scritti facevano sognare, ispiravano la fantasia, riscaldavano il cuore, allargavano gli orizzonti della nostra mente. Nel settembre 1945 sono entrato in prima liceo nel Pime, immaginando di poter andare anch’io nelle foreste birmane a tener compagnia al mitico Clemente. Poi ho dovuto accontentarmi di pubblicare molti suoi scritti sulla stampa missionaria e godermi le sue lettere sempre nuove e geniali, pur raccontando fatti già ben noti. Però quel mito degli anni giovanili l’ho poi incontrato nel mio primo viaggio in Birmania (1983), quando lui aveva 86 anni e non mi ha affatto deluso. Siamo stati assieme cinque giorni e ho visto, in lui ed in altri confratelli, la bellezza della vita missionaria. E l’ho ringraziato perché i suoi scritti erano stati per me la chiamata di Dio alle missioni.

   Perché Vismara suscitava vocazioni alla vita consacrata? Anzitutto per la sua santità. Pregava molto ed era sempre unito a Dio, era totalmente dedicato al suo popolo, non teneva nulla per sé, vedeva in tutti, specie nei piccoli e nei poveri, l’immagine di Gesù. I suoi scritti riflettono il suo animo e toccano il cuore. Come ha scritto Giorgio Torelli: “Le lettere di Clemente sono un corso di esercizi spirituali con parole di fede e di coraggio”.

   E poi perché parlava spesso, alle famiglie e ai giovani, della vocazione al sacerdozio e alla vita religiosa. Uno dei testimoni al processo canonico per la beatificazione, Paul Lee Tha, catechista di Clemente, sposato con cinque figli, ha detto: “Ho conosciuto padre Vismara nel 1969 quando sono venuto a Mong Ping. Una notte mi chiamò, mi fece vedere le stelle e mi disse: “Guarda quante stelle. Quanta luce Dio ha creato per far risplendere il cielo e farci conoscere il suo amore. Noi siamo come le stelle. Dobbiamo brillare per far risplendere anche noi il Cielo di Dio”. Così mi propose di diventare catechista. All’inizio non volevo accettare, ma poi accettai. Padre Vismara mi propose poi di entrare in seminario, ma io non volevo e su questa proposta non insistette, perché lui non forzava nessuno. Anche per diventare catechisti lui esortava, ma non forzava nessuno”. Mi chiedo: oggi noi preti parliamo ancora di vocazioni sacerdotali e religiose, ai giovani e alle famiglie credenti?

   Per concludere vi chiedo anche di pregare per questo motivo. Dopo la beatificazione di Clemente mi sono proposto di scrivere la sua vera biografia, perché “Prima del Sole “ l’ho scritto nel 1990, poco dopo la sua morte. Ma dopo quell’anno abbiamo ricevuto gran parte del materiale per la sua beatificazione. Nell’Archivio generale del Pime a Roma c’erano poco più di 300 sue lettere, oggi ne abbiamo ricuperate più di 2000! E poi le 130 testimonianze giurate al suo processo e tanto altro materiale. La santità di Clemente merita di essere ricordata e tramandata ai posteri in modo più completo. Chiedo al Signore la grazia di poter portare a termine anche questo lavoro impegnativo e affascinante.

     Grazie a voi tutte, carissime sorelle, 

      dal vostro padre Piero Gheddo  PIME

 

         La sua fede, una fede entusiasta, gioiosa

   Padre Clemente a Mong Lin si impegnò a imparare la lingua. Però, parlando con la gente, so che non la imparò mai bene, ma parlava con il cuore e proprio per questo lo capivano lo stesso…. Preciso che non era molto bravo nel parlare, rispetto alla bellezza del suo scrivere, ma anche qui bisogna dire che egli incantava perchè parlava con il cuore e con profonda commozione (pag. 218 della “Positio”).

   Io rimasi con lui due anni (1952-1954) ed ero incaricato dell’orfanotrofio per imparare la lingua. Occorre precisare che orfanotrofio è un termine indicativo: molti ragazzi lì accolti avevano i genitori, ma erano troppo poveri per allevarli. Talvolta padre Clemente comprava i bambini. Al mercato settimanale accadeva spesso che venissero genitori con figli moribondi tanto erano denutriti ed egli li comperava dai genitori dando loro un po’ di denaro ed impegnandosi a mantenerli. Ed era cosa provvidenziale perché tra i ragazzi dell’orfanotrofio nascevano vocazioni sacerdotali e religiose, catechisti e catechiste: la Chiesa crebbe per mezzo di questo servizio di carità. Ed era difficile anche perché i missionari aiutavano gli ultimi della società, quelle tribù e quelle classi sociali che non valevano nulla agli occhi della classe sociale dominante. I buddhisti spesso ci chiedevano perché aiutavamo gente che non serviva e non aveva capacità. Per loro la nostra opera era inutile e anche socialmente disturbante. I buddhisti rispettavano, ma non approvavano.

   Padre Vismara accoglieva solo maschi, a meno che in missione non ci fossero le suore, alle quali affidava le ragazze. Infatti andava d’accordo con le suore anche se, secondo le regole del tempo, non stava troppo a parlare con loro, se non per le cose della missione (pag. 218 della ”Positio”).

   Padre Vismara sopportava tutte le prove con gioia perché diceva che se eravamo perseguitati voleva dire che tutto andava bene. Era la sua fede, una fede entusiasta, gioiosa, piena di desiderio di salvare le anime; una fede biblica, giacché la vita cristiana era basata sui fatti, sull’essere conformi alla volontà del Signore, di quel Dio che interviene concretamente nella storia degli uomini e chiama gli uomini a costruire questa sua storia. Questa fu la fede di padre Clemente, che lo sostenne per tutta la vita fino alla morte, con grande allegria e una grande voglia di vivere che sentiva per sé e per i ragazzi che accoglieva appena poteva (pag. 219 della “Positio”).

   Nei due anni che spesi con lui per imparare la lingua, andammo sempre d’accordo. Io ero giovane e quindi molto rispettoso e trovai sempre in lui uno spirito paterno. Pregavamo anche insieme nel senso che ci trovavamo in chiesa a pregare come facevano i preti una volta. Così posso testimoniare che padre Clemente pregava e pregava molto. Diceva: “Se non ci fosse la preghiera, come farei ad essere sempre allegro? Ad accettare le fatiche dei giorni faticosi?”.

   Egli pregava con grande raccoglimento e con grande fedeltà, anche quando eravamo nei villaggi pagani. Ci sosteneva molto la Parola di Dio, che era il nostro riferimento costante e il nostro cibo, perché ci indicava la via di ogni giorno, perché il Vangelo è il manuale del missionario. So che padre Vismara amava particolarmente le figure di Abramo e di Mosè che conducono il popolo. Gli dava la forza di essere paziente con la gente, affermava che se Dio era stato così paziente, così doveva esserlo anche lui con il suo popolo.

   Egli sopportò tutte le fatiche, sebbene soffrisse di forti dolori di schiena, che diminuirono solo negli ultimi anni. Soffrì anche moralmente quando le cose andavano poco bene, quando vedeva matrimoni fallire o giovani che deviavano dalla strada del bene. Quando vennero i giapponesi, durante la seconda guerra mondiale, egli subì molte umiliazioni, ma sopportò tutto perché voleva rimanere in difesa dei suoi ragazzi (pag. 220 della “Positio”).

   Una ragazza vicina ad un uomo, in quelle regioni, si pensa subito che abbiano rapporti sessuali. Per questo padre Clemente era molto delicato anche con le donne. Visse sempre profondamente la purezza: lo so perché mi accadde di parlarne con lui e di confessarci. In casa sua non giravano donne, ma anche chi lo accudiva non abitava nell’edificio. Non riceveva mai una donna da sola, sempre per quella prudenza che lo caratterizzava. Questa prudenza gli permise anche di consigliare e indirizzare i giovani alla vita sacerdotale e religiosa.

   Anche nell’uso delle cose era capace di serenità e temperanza. Ricordo che fumava la pipa ed era molto contento e quando fumava diceva: “Grazie, Signore, per questo splendido dono che mi hai fatto”. Ma era anche parco nel cibo e in tutto e infatti negli ultimi anni, quando la salute non lo aiutava, smise serenamente anche di fumare. Lui soffriva di malaria e tremava tutto e dovevo coprirlo con coperte e, passata la crisi, rimaneva spossato, ma era sempre sereno. Non so come facesse a riprendersi serenamente, perché normalmente si rimane stanchi per qualche tempo, prima di riprendere le forze. Anche qui si esprimeva la sua serenità.

   Padre Vismara parlò sempre con devozione del Papa e del vescovo. Certo lui (come noi, come ogni missionario) parlava dei confratelli e ne vedeva i difetti, ma mai con cattiveria o malanimo, piuttosto spesso per vedere come aiutarlo. Tra noi missionari poi ci si diceva: abbiamo parlato di te e pensiamo che dovresti fare così o così. Era dunque un modo di vivere la correzione fraterna. Mai dunque poteva essere un parlare di qualunque padre. Padre Clemente poi era sempre molto delicato anche in questo: non parlava mai inutilmente degli altri. Andava molto d’accordo con il vescovo mons. Guercilena, il quale aveva molta stima di padre Clemente (pag. 221 della “Positio”).

   Personalmente sono molto d’accordo con la sua beatificazione, ne parlo e propongo di pregarlo per ottenerne l’intercessione e le grazie. Lo vedrei volentieri beato perché lo era già nella sua vita. Egli amava Dio e godeva profondamente quando c’erano certe conversioni, quando alcune situazioni si mettevano a favore del bene, quando celebrava i battesimi. In queste circostanze, quando celebrava, quando battezzata un centinaio di persone alla volta, sprizzava di gioia da tutti i pori e tutta la comunità viveva momenti di intensissima gioia e tutti ne rimanevano contagiati. Era la gioia di Dio e del Paradiso che si comunicava.  (pag. 222 della “Positio”).

        Padre Rizieri Badiali  missionario del PIME in Birmania

 

 

 

CRONOLOGIA DI PADRE CLEMENTE VISMARA         

1890 - 24 settembre - Nella parrocchia S. Eusebio di Agrate Brianza (provincia e diocesi di Milano), matrimonio tra Attilio Egidio Vismara, sellaio, nato ad Agrate l'11 febbraio 1865, e Stella Annunziata Porta, cucitrice, nata ad Agrate il 2 ottobre 1872, genitori del Servo di Dio, quintogenito di cinque fratelli e una sorella. Prima di lui, Egidio, Carlo, Francesco e Maria.

1897 - 6 settembre - Clemente Vismara nasce ad Agrate ed è battezzato il 7 settembre nella chiesa parrocchiale di S.Eusebio.

1902 - 22 settembre - La mamma di Clemente dà alla luce l'ultimo figlio Luigi e muore per le difficoltà del parto.

1905 - 8 gennaio - Muore il padre di Clemente, che viene allevato dalle famiglie dei parenti, fra i quali due zii sacerdoti.

1906-1913 - Al Collegio Villoresi di Monza Clemente frequenta la V elementare, il ginnasio e la prima classe di liceo.

1913 - 24 ottobre - Clemente entra nel seminario arcivescovile di San Pietro Martire (Seveso, Milano), dove termina il liceo e inizia la teologia. Rimane affascinato dalla lettura di "Operarii autem pauci" sulla vocazione missionaria, del Beato padre Paolo Manna.

1916-1919 - Il 21 settembre 1916 è richiamato alle armi e mandato in prima linea come soldato semplice dell'80° Reggimento di fanteria, "Brigata Roma". Combatte sul Monte Maio e sull'Adamello. Congedato il 6 novembre 1919. Termina la guerra con tre medaglie e il grado di sergente maggiore.

1920 - 21 aprile - Entra nel seminario teologico del "Seminario lombardo per le Missioni Estere" a Milano (che nel 1926 diventa il PIME, Pontificio istituto missioni estere). Gli ultimi due anni di studio della teologia li trascorre nella casa del Pime a Genova, come prefetto dei giovani "apostolini".

1923 - 26 maggio - Ordinazione sacerdotale nel Duomo di Milano per mano del card. Eugenio Tosi.

1923 - 2 agosto - Parte da Venezia per la missione di Birmania sulla nave "Trieste"; alla fine di settembre è a Toungoo, la prima missione del Pime in Birmania, dove inizia ad imparare l'inglese.

1924 - 16 marzo - Padre Erminio Bonetta, fondatore della missione di Kengtung, con un viaggio di 14 giorni a cavallo (attraversando a guado 28 fiumi o torrenti) lo porta a Kengtung; poi lo destina a Mongping con p. Francesco Portaluppi per imparare la lingua shan.

1924 - 27 ottobre - Con padre Bonetta arriva a Monglin (sei giorni di cavallo) per fondare una nuova missione. Bonetta rimane con lui fino al marzo 1925, con un breve ritorno a Kengtung per celebrare il Natale con gli altri missionari e la piccola comunità cristiana.

1925 - A inizio marzo, padre Bonetta ritorna a Kengtung e lascia solo Vismara, dopo aver fatto con lui alcuni viaggi esplorativi nelle regioni attorno a Monglin. Sua unica compagnia erano alcuni orfani.

1925 - 25 aprile - Arriva padre Luigi Cambiaso da Kengtung (dov'era giunto nel 1919), nominato parroco di Monglin: allargano il raggio d'azione della missione, visitando nuovi villaggi e costituendo le prime comunità cristiane. La povertà della missione è assoluta, il cibo per i missionari del tutto insufficiente.

1927 - I due missionari iniziano la costruzione della chiesa a Monglin, ma in giugno padre Cambiaso si ammala gravemente per la denutrizione e l'assenza di qualsiasi assistenza sanitaria. Deve ritornare a Kengtung con un viaggio avventuroso: un po' portato in barella e un po' su un elefante graziosamente mandato dal residente inglese di Loimwé. Clemente rimane solo.

1927 - Il 27 aprile il Papa Pio XI erige ufficialmente la prefettura apostolica di Kengtung (diocesi in formazione), staccandola dal vicariato apostolico di Toungoo e in luglio arriva da Kengtung a Monglin il giovane padre Antonio Farronato per aiutare padre Clemente.

1928 - aprile - Padre Paolo Manna visita la missione di Monglin con mons. Erminio Bonetta. Il superiore generale del Pime, vista l'estrema povertà della missione, minaccia il vescovo: "Se a Kengtung muore ancora un missionario giovane, non manderò più nessuno e chiuderemo la missione".

1929-1931 - Sono gli anni di espansione della missione di Monglin: i cattolici aumentano di circa 300 l'anno e le costruzioni (chiesa, case dei missionari e delle suore, orfanotrofio, ospedale, cappelle, ecc.) sono in aumento. In aprile arrivano tre suore di Maria Bambina a Monglin e si apre l'orfanotrofio femminile: Clemente è felice come un ragazzo e si scola con padre Farronato una bottiglia di vino da Messa. Ma l'11 ottobre muore padre Antonio Farronato (32 anni!) e Vismara rimane di nuovo solo.

Anni trenta - Padre Clemente, oltre che curare il suo distretto di Monglin, fonda altre tre missioni autonome: Kenglap, Mongyong e Mongpyak, che hanno i loro missionari e suore residenti. Per ciascuna di esse esplora il territorio, fonda le prime comunità cristiane, costruisce chiesa, case per il padre e per le suore, orfanotrofio, scuole, cappelle, ecc. E' il missionario che a Kengtung ha avuto i maggiori successi apostolici, con una salute invidiabile.

1934 - 15 febbraio - 7 marzo - Padre Clemente partecipa con altri confratelli al Capitolo generale del Pime che si svolge ad Hong Kong, eletto dai confratelli delle due missioni affidate all'Istituto in Birmania, Toungoo e Kengtung. Prima di partire è preoccupato. Scrive infatti in una lettera: "Per andare in luoghi civili mi mancano anche i vestiti. La veste è tutta verde e di calzoni europei ne ho un paio solo corti: anche quelli me li regalò monsignore… Ho provato a rimettere un colletto fattomi dalle suore, ma mi sembra mi soffochi e mi tagli il collo. L'ho appeso ad un chiodo, però ad Hong Kong lo porterò, convoglio far figure".

1937 - Kengtung celebra il XXV° di fondazione della missione: i primi tre missionari vi si erano stabiliti nel 1912 venendo da Toungoo. Vismara partecipa alle celebrazioni andandovi con i suoi ragazzi e cristiani da Monglin (nove giorni di viaggio a cavallo e a piedi).

1940 - ottobre - I giovani missionari italiani in Birmania sono internati in campo di concentramento in India dalle autorità coloniali inglesi. Padre Clemente, come gli altri più anziani, non è disturbato.

1941 - giugno - Mentre i giapponesi progettano di occupare la Birmania, Clemente è internato dagli inglesi a Kalaw in Birmania con altri missionari italiani (sei di Toungoo e sei di Kengtung), perché appartenenti ad una nazione nemica dell'Inghilterra.

1942 - A gennaio i giapponesi invadono la Birmania e a fine aprile liberano i missionari italiani a Kalaw, che possono tornare alle loro missioni. La missione di Kengtung è completamente distrutta, mentre a Monglin (dove Clemente arriva a fine agosto) tutto è rimasto intatto, ma le costruzioni della missione sono quasi tutte occupate dai giapponesi, mentre le suore erano rimaste al loro posto. Clemente riapre l'orfanotrofio maschile e con i suoi ragazzi taglia alberi in foresta e spacca legna per i giapponesi, per guadagnare qualcosa.

1945 - In agosto termina anche in Birmania l'occupazione giapponese, ma la ripresa delle attività missionarie è molto lenta per le distruzioni e il dissesto in cui è il paese. Clemente deve anche chiudere l'ospedale per la mancanza assoluta di medicine (prima le fornivano i giapponesi) e l'eccessivo costo del cibo. Mantiene i suoi orfani vendendo legna, coltivando un grande orto e frutteto, tenendo otto vacche da latte.

1948 - 4 gennaio - La Birmania diventa indipendente dall'Inghilterra e subito incomincia la guerriglia separatista delle tribù minoritarie, specialmente quelle delle Birmania orientale in cui lavorano i missionari del Pime (karen, shan, lahu, akhà, padaung, ecc.). Da allora ad oggi non c'è più stata vera pace in queste regioni!

1949 - 22 febbraio - Mons. Erminio Bonetta muore a Kengtung per la rottura dei freni del camion sul quale viaggiava in una ripida discesa.

1950 - 31 maggio - Padre Ferdinando Guercilena è eletto prefetto apostolico di Kengtung e consacrato vescovo il 10 ottobre 1950 al suo paese natale di Montodine in diocesi di Crema (provincia di Cremona).

1955 - In gennaio Clemente si trasferisce da Monglin e Mongping, 225 km. distante, in un posto più alto e più salubre, ma in cui c'era ancora tutto da fare. Clemente era a Monglin da 31 anni e aveva messo in piedi una cittadina cattolica. Ormai sessantenne, il vescovo era indeciso se mandarlo altrove. Glie lo dice e il servo di Dio gli risponde: "Non ti chiedo nemmeno perché mi sposti, tu sei il vescovo e io obbedisco. Vuoi che venga via subito o mi dai qualche giorno per prepararmi?". Il motivo del trasferimento era che Vismara riceveva tanti aiuti dall'estero (perché scriveva molte lettere e articoli) e aveva ancora energie sufficienti per costruire una nuova missione. Più tardi scrive in una lettera: "Ho obbedito perché sono convinto che se faccio di testa mia sicuramente sbaglio".

1957 - Dal 30 gennaio al 22 dicembre Clemente è in Italia per l'unica vacanza in patria. Ad Agrate ha "un'accoglienza trionfale - scrive il bollettino della parrocchia - con la banda musicale e le autorità cittadine ad accoglierlo". Passa un mese in vari ospedali (per cure ed operazioni) e un mese per un corso di esercizi spirituali ignaziani dai gesuiti. Il resto del tempo lo impiega in conferenze, incontri con parenti, amici e benefattori, celebrazioni, visite ai seminari, riconoscimenti ricevuti da varie parti; e va in pellegrinaggio a Lourdes. Quando ritorna in Birmania scrive: "In Italia più che riposare ho sgobbato"; ma è contento perché porta con sé molti aiuti. Però scrive: "Non per offendervi, ma io mi trovo molto meglio qui che ad Agrate. Certo lì si mangia bene, si beve meglio, si dorme sul soffice… Ma qui qualcosa di buono lo posso fare tutti i giorni, lì cosa facevo se non chiacchierare?".

1961 - 10 aprile - Padre Stefano Vong, il primo prete locale di Kengtung è ucciso da buddisti che volevano fermare le conversioni al cristianesimo nella sua tribù Akhà. Clemente, suo grande amico, ne scrive la biografia: "Agguato nella foresta" (Pime, Milano 1966, pagg. 120).

Anni sessanta - Grande impegno per dare a Mongping le strutture necessarie. Clemente costruisce l'orfanotrofio (1960), la scuola (1961), chiesa e Grotta di Lourdes (1962), case per i missionari e le suore (1963), ecc. La scuola, partita da zero nel 1958, nell'autunno 1960 ha 123 alunni, 232 nell'ottobre 1962, 400 nel 1965 ("due terzi dei quali pagani").

1962 - 2 marzo - Il generale Ne Win conquista il potere con un colpo di stato abolendo partiti, libertà di stampa e sistema democratico. Il paese è in mano ai militari, la linea politica è "la via birmana al socialismo": in pratica una dittatura di tipo staliniano, con feroce repressione delle opposizioni, nazionalizzazione sistematica delle terre, dei commerci, ecc. La Birmania, il più evoluto paese del sud-est asiatico e con le maggiori risorse naturali, oggi è quello più povero e più oppresso dalla stessa dittatura militar-socialista.

1965 - Il 1° aprile il governo nazionalizza ospedali, dispensari medici e scuole delle missioni. Clemente, in un angolo isolato della Birmania, riesce ancora a mantenere per un po' di tempo la proprietà e la gestione della scuola a Mongping.

1966 - Il 1° gennaio il governo espelle tutti i missionari stranieri entrati in Birmania dopo il 4 gennaio 1948 (cioè dopo l'indipendenza). Rimangono 31 missionari del Pime (19 gli espulsi).

1966 - febbraio-maggio - Clemente va a Taunggyi e poi a Mandalay per essere operato di prostata. Molti dolori e lungaggini incredibili, gli danno sei volte l'anestesia: "Se fosse stato in Italia sarebbe stato meno lungo e doloroso".

1966 - giugno-luglio - E' all'ospedale di Namtù (di legno) per curare un piede rovinato quando la jeep su cui viaggiava si è capovolta. In una lettera da Namtù (5/7/1966) scrive: "Eccoti il mio stato di servizio: 32 giorni all'ospedale di Mandalay con operazione (di prostata), 28 giorni all'ospedale di Taunggyi per curarmi di certi foruncoli, credo causati dalla trasfusione di tre litri di sangue birmano! Oggi sono 44 giorni che sono in questo ospedale di Namtù, dove ci son tanti topi che di notte girano indisturbati. Abito in una stanzetta larga 2,5 metri e lunga 3,50. Il cibo lo mandano dal convento. La superiora è una cariana che cuoce sempre la stessa brodaglia. Veramente sto sopportando una bella prova!".

1969 - Il vescovo mons. Ferdinando Guercilena, venuto in Italia per grave e urgente problema di salute, non può più tornare in Birmania. Dopo vari tentativi è costretto a dare le dimissioni e muore di crepacuore il 6 maggio 1973.

1969 - 11 maggio - Mons. Abramo Than, della diocesi di Toungoo, è consacrato vescovo ausiliare di Guercilena e il 19 settembre 1972 è vescovo di Kengtung.

1970 - Mons. Than va nella capitale Rangoon e compera una jeep fuoristrada per padre Vismara, per facilitargli la visita dei villaggi: ormai ha più di 70 anni e il vescovo non vuole più che faccia viaggi faticosi. Clemente lo ringrazia e scrive: "Ho paura di mettermi nei pasticci. Di cavalli con 4 gambe me ne intendo, ma di carri con 4 ruote non so niente".

1972 - gennaio-febbraio - Clemente si reca due volte nella capitale Rangoon (in aereo), per farsi togliere gli ultimi denti ch'egli restano e farsi mettere una dentiera.

1972 - agosto - Mons. Aristide Pirovano, superiore generale del Pime, riesce a visitare i missionari in Birmania con un permesso di 15 giorni; e si spinge fino a Kengtung dove incontra Clemente Vismara. Nella diocesi di Kengtung rimangono nove missionari dell'istituto.

1972 - 26 novembre - A Kengtung grande festa per il 50° di sacerdozio del servo di Dio, che ricorre il 26 maggio 1973.

1973 - Il vescovo mons. Than manda a Mongping un giovane sacerdote birmano come coadiutore. Clemente è più libero e si dedica alla fondazione e costruzione della nuova missione di Tontà fra Kengtung e Mongping.

1973 - In una lettera del 28 giugno, Clemente scrive che quando lasciò Monglin aveva 4.000 battezzati nella parrocchia, nonostante che questa fosse stata divisa due volte. A Mongping ha circa 4.000 "pecore", in parte ancora catecumeni.

1975 - 1978 - I guerriglieri comunisti birmani, appoggiati dai cinesi, assaltano e occupano la regione del Bofà, a nord di Mongping. Padre Grazioso Banfi e i suoi cristiani fuggono e si rifugiano a Mongping da padre Vismara, con un viaggio a piedi in foresta di cinque giorni con donne e bambini, portando in salvo da Wansan la statua della Madonna. "Se avessero lasciato là la Madonna - scrive padre Clemente - i comunisti l'avrebbero distrutta. Loro salvarono la Madonna e la Madonna salvò loro".

1975 - 26 novembre - Nasce la prefettura apostolica di Lashio, staccata dalla diocesi di Kengtung e fondata dai missionari del Pime. Viene assunta dai salesiani birmani e diventa diocesi il 7 luglio 1990.

1978 - Padre Clemente riceve il cavalierato di Vittorio Veneto, che gli dà diritto ad una pensione annua ricevuta in due rate semestrali di 30.000 lire (60.000 lire in tutto!)

1979 - In gennaio padre Fedele Giannini, nuovo superiore generale del Pime, visita Kengtung e si spinge fino a Taunggyi per vedere tutti i missionari dell'istituto ancora in Birmania (una dozzina). Anche Clemente va da Mongping a Taunggyi con la jeep fuoristrada, felice di incontrare il superiore e i confratelli. Ma il viaggio è durato 14 ore e Clemente scrive: "Arrivai a casa alle 7,20 di sera imbiancato, impolverato, infarinato come un pesce prima di buttarlo in padella. Un coro all'unisono di oltre 200 orfanelli e orfanelle mi accolse. Qui è il mio regno, qui sono sovrano e vivo felice".

1979 - 15 agosto - Muore a Rangoon padre Giovanni Camnasio, vicario generale di Kengtung, ferito in una sparatoria di banditi.

1980 - maggio - Il servo di Dio benedice il nuovo distretto di Tontà (Tongtà) da lui fondato fra gli Ikò, mettendovi tre suore in assenza di sacerdoti, con una trentina di villaggi cristiani o catecumeni da seguire.

1981 - 6 febbraio - Muore a Kengtung p. Elia Cattani, di cui Clemente scrive: "Aveva 72 anni. Tutta la sua proprietà era in una cesta di vimini con delle coperte e dei vestiti". Con la sua morte nella diocesi di Kengtung rimangono due missionari del Pime: mons. Osvaldo Filippazzi, vicario generale di Kengtung, e p. Clemente parroco a Mongping. Con Vismara è rimasta anche una delle ultime suore italiane di Maria Bambina, Battistina Sironi. Clemente scrive che "se mancasse lei non saprei più come fare a parlare milanese. Qui non mi capirebbe nessuno". In altra lettera aggiunge: "Prego il Signore mi morire io prima di lei (come infatti poi è avvenuto, n.d.r.), perché lei senza di me può campare bene lo stesso, io senza di lei non posso".

1983 - febbraio - Il superiore generale p. Fedele Giannini, visita di nuovo la Birmania e incontra padre Clemente e gli altri missionari a Rangoon. Negli anni ottanta, Clemente, ormai con più di 80 anni, non riesce più a cavalcare sui sentieri di montagna per visitare i villaggi. Si adatta a farsi trasportare su una sedia con le stanghe, sostenuta da quattro giovanotti e poi da quattro robuste ragazze. In una lettera scrive: "Che vergogna, farmi portare dalle donne!".

1983 - Padre Vismara celebra i 60 anni di sacerdozio e di Birmania. La Chiesa birmana gli dedica la copertina del Calendario murale nazionale dei cattolici, con la sua foto e la dedica: "Il Patriarca della Chiesa di Birmania celebra i 60 anni di sacerdozio e di apostolato nel nostro paese".

1983 - novembre - Il nuovo superiore generale del Pime, padre Fernando Galbiati, visita la Birmania e incontra padre Clemente e gli altri missionari a Kengtung: sono ancora una quindicina in tutto nelle diocesi di Toungoo, Taunggyi e Kengtung.

1986 - L'ultimo distretto missionario (parrocchia) aperto dal servo di Dio è quello di Pannulong, con tre suore residenti e 42 villaggi cristiani della tribù Akhà da curare.

1988 - 15 giugno - Alle 20,15 il servo di Dio muore santamente a Mongping, dopo aver ricevuto il Sacramento dell'unzione degli infermi dal vescovo mons. Abramo Than. E' sepolto davanti alla Grotta di Lourdes nel piazzale della chiesa, da lui costruita nel 1962. Al funerale accorrono anche molti buddisti e musulmani. La sua tomba è ancor oggi piena di lumini, candele, fiori.

1988 - 21 giugno - Solenne Messa funebre nel suo paese natale di Agrate Brianza (Mi), celebrata da mons. Aristide Pirovano che canta il Te Deum prima di incominciare la Messa! La parrocchia di Agrate e il gruppo missionario parrocchiale scrivono una lettera al Pime (poi non spedita subito), per chiedere l'inizio della causa di canonizzazione di Clemente.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

              

 

Dio, Padre della misericordia, che per mezzo del tuo servo Clemente Vismara hai dato il tuo aiuto provvidenziale ai poveri e ai bambini abbandonati della Birmania, donaci di sperimentare che la vera letizia sta nel liberarci dall'egoismo e, per amore tuo, nel donare noi stessi al nostro prossimo più bisognoso.

Fa' che abbiamo anche noi quella fede semplice ed entusiasta che è stata l'anima dei suoi 65 anni di missione.

Concedi che anche oggi sorgano molti giovani pronti a prendere il suo posto.

Dio grande e misericordioso, ti ringraziamo della beatificazione del nostro caro padre Clemente, un dono gioioso per la Chiesa e per tutta l'umanità.

Donaci di crescere nella comunione dei santi. Amen

 

Foto da quadro di Guadalaxara, pittore di Gaeta