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MISSIONARI  

  IERI E OGGI

 

 

Marzo, la primavera ci porta la Pasqua 

Mentre la natura si abbellisce di fiori   e gli uccelli cantano nel tempo in cui nidificano, arriva la Festa per eccellenza, la santa Pasqua. Ancora un po' di attenzione alla quaresima e poi via con l'alleluia pasquale. Sappiamo ancora estasiarci osservando le poche rondini che annunciano la primavera? La natura e quanto vive intorno a noi possono dirci tante cose belle e sempre nuove. E saremo al massimo della meraviglia mentre esplode la natura primaverile, se sapremo fissare lo sguardo alla tomba da cui è balzato fuori Cristo Risorto. Fin d'ora auguri di santa Pasqua a tutti, dai missionari di Ducenta!

 

Facciamo Pasqua pensando agli altri

Pasqua è una festa troppo grande per liquidarla in poche battute. Va goduta fino in fondo se vogliamo capire dove è arrivato Gesù che ha rimesso tutto in ordine. S. Paolo dice che Gesù con la passione, morte e risurrezione ha ricapitolato tutto in sé per salvarci. 

Così scriveva p. Adriano Pelosin, missionario del Pime in Thailandia: "La prima cosa che mi viene in mente quando pronunzio la parola Pasqua è la morte e la risurrezione di Gesù. In questi due elementi vedo tutte le morti e tutte le risurrezioni degli uomini, delle donne, dei bambini e della natura stessa. Non voglio parlare di grandi avvenimenti che ci sconvolgono in questi tempi, ma di alcuni fatti che mi coinvolgono con i più piccoli". 

Ci racconta la storia di Fa (Cielo) e Fon (Pioggia) di cinque e quattro anni. Pochi anni fa la loro mamma è stata messa in prigione perché spacciava droga, il papà non si è più fatto vedere. Le bambine sono vissute con la nonna e il nonno. La nonna raccoglieva carta, vetro e ferro vecchio e si portava dietro le bambine sul carrettino delle cose raccolte. Il nonno andava a cantare nelle piazze e chiedeva l'elemosina. Poi la nonna si è ammalata di cancro e le due bambine per un po' di tempo sono state affidate ad una signora che non si interessava molto di loro e poi sono tornate dalla nonna. 

Quando la nonna si è ammalata Fa e Fon sono diventate ospiti della casa-famiglia costruita dalla missione e che ora è gestita da Mamma Utsa. Poco dopo la nonna è morta. La Mamma Utsa ha insegnato le cose elementari della vita, dal tenersi pulite e mangiare di tutto, ha curato le loro piaghe. Presto Fa e Fon sono diventate due brave bambine pronte per andare all'asilo. La loro mamma, uscita da prigione è andata ad abitare con un altro uomo da cui ha avuto il terzo figlio. Ad un certo punto è venuta e si è portata Fa e Fon, solo per lasciarle in custodia del papà vedovo e cieco. Qualche giorno dopo il missionario è andato a trovare le bambine, il nonno lo ha pregato di riportarle nella casa-famiglia, dove potevano essere seguite. Ora Fa e Fon hanno ritrovato la gioia della vita. Una storia triste che poi ha avuto come lieto fine una propria "risurrezione". 

Di storie simili il mio confratello che lavora in un Paese lontano ne conosce proprio tante; come l'altra di Kook, un ragazzo di dodici anni che ha sofferto la passione, morte e risurrezione. Kook era un ragazzo buddista ma stando nella missione conobbe la bontà che Gesù aveva verso i bambini e gli ammalati. "Leggetemi qualcosa di Gesù - chiedeva spesso - e i ragazzi Tii, Bi, Oo, Kee, Bon, Giorg, Pi, Ken a turno gli leggevano il Vangelo. "Raccontatemi - chiese un giorno - di quando Gesù ha vinto la morte ed è uscito dalla tomba". 

Così finì la storia del bambino di dodici anni. Tii ebbe l'onore di leggere il racconto della risurrezione…, poi Kook si addormentò…, era già mezzanotte e tutti si addormentarono. Sul far del mattino una infermiera venne a chiamare i ragazzi allarmata: "Kook è morto". I ragazzi si spaventarono e poi si ripresero. Il missionario disse loro che un giorno Kook risorgerà come è risorto Gesù. Quante storie di risurrezione potremmo raccontare anche noi: storie conosciute e che ci hanno coinvolto. Basterebbe proprio poco per dare un lieto fine a una storia triste che ci tocca da vicino. Le nostre storie potrebbero essere dirette verso un finale glorioso se le mettiamo sull'onda del vero Risorto che ha detto: "Io sono la risurrezione e la vita".

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

 

 

 

 

 

 

"Cristo si è fatto povero per voi"     (2 Cor 8,9) 

Solo qualche brano per preparaci, con il Papa, alla Pasqua che celebreremo il 23 marzo.  >>

 

>> Ogni anno, la Quaresima ci offre una provvidenziale occasione per approfondire il senso e il valore del nostro essere cristiani, e ci stimola a riscoprire la misericordia di Dio perché diventiamo, a nostra volta, più misericordiosi verso i fratelli. 

Nel tempo quaresimale la Chiesa si preoccupa di proporre alcuni specifici impegni che accompagnino concretamente i fedeli in questo processo di rinnovamento interiore: essi sono la preghiera, il digiuno e l'elemosina. Quest'anno, nel consueto Messaggio quaresimale, desidero soffermarmi a riflettere sulla pratica dell'elemosina, che rappresenta un modo concreto di venire in aiuto a chi è nel bisogno

  

e, al tempo stesso, un esercizio ascetico per liberarsi dall'attaccamento ai beni terreni. Quanto sia forte la suggestione delle ricchezze materiali, e quanto netta debba essere la nostra decisione di non idolatrarle, lo afferma Gesù in maniera perentoria: "Non potete servire a Dio e al denaro" (Lc 16,13). L'elemosina ci aiuta a vincere questa costante tentazione, educandoci a venire incontro alle necessità del prossimo e a condividere con gli altri quanto per bontà divina possediamo…

>> Nel Vangelo è chiaro il monito di Gesù verso chi possiede e utilizza solo per sé le ricchezze terrene. Di fronte alle moltitudini che, carenti di tutto, patiscono la fame, acquistano il tono di un forte rimprovero le parole di san Giovanni: "Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il proprio fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio?" (1 Gv 3,17). Con maggiore eloquenza risuona il richiamo alla condivisione nei Paesi la cui popolazione è composta in maggioranza da cristiani, essendo ancor più grave la loro responsabilità di fronte alle moltitudini che soffrono nell'indigenza e nell'abbandono. Soccorrerle è un dovere di giustizia prima ancora che un atto di carità. 

>> Invitandoci a considerare l'elemosina con uno sguardo più profondo, che trascenda la dimensione puramente materiale, la Scrittura ci insegna che c'è più gioia nel dare che nel ricevere (cfr At 20,35).   Quando agiamo con amore esprimiamo la verità del nostro essere: siamo stati infatti creati non per noi stessi, ma per Dio e per i fratelli (cfr 2 Cor 5,15). Ogni volta che per amore di Dio condividiamo i nostri beni con il prossimo bisognoso, sperimentiamo che la pienezza di vita viene dall'amore e tutto ci ritorna come benedizione in forma di pace, di interiore soddisfazione e di gioia… 

>> L'elemosina educa alla generosità dell'amore. San Giuseppe Benedetto Cottolengo soleva raccomandare: "Non contate mai le monete che date, perché io dico sempre così: se nel fare l'elemosina la mano sinistra non ha da sapere ciò che fa la destra, anche la destra non ha da sapere ciò che fa essa medesima" (Detti e pensieri, Edilibri, n. 201). Al riguardo, è quanto mai significativo l'episodio evangelico della vedova che, nella sua miseria, getta nel tesoro del tempio "tutto quanto aveva per vivere" (Mc 12,44). La sua piccola e insignificante moneta diviene un simbolo eloquente: questa vedova dona a Dio non del suo superfluo, non tanto ciò che ha, ma quello che è. Tutta se stessa.

>> Cari fratelli e sorelle, la Quaresima ci invita ad "allenarci" spiritualmente, anche mediante la pratica dell'elemosina, per crescere nella carità e riconoscere nei poveri Cristo stesso.

 

 I detti dei nostri missionari

"Io penso al mio ideale: spandere nelle anime la Luce e l'amore, e tramontare negli ardori della carità, scomparire in seno a Dio! Scomparire dalla vista degli uomini, ma non riposare: portar, come il sole, sorrisi e vita ad altre anime, sempre, finché ci sia tenebra e freddo nel mondo! Laggiù, il cielo è cosparso d'un fantastico pulviscolo d'oro, quasi residuo di ali angeliche. Fioriscono allora sul labbro le Avemaria… Portatele lontano, o Angeli, sulle terre desolate a cui sospiriamo! Vi rigermineranno, un giorno, in fiori di cielo…". 

P. Pasquale Ziello ( 1901-1976), scrive sulla nave che lo portò verso la Birmania, dove giunse il 18 febbraio 1928

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