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MISSIONARI  

  IERI E OGGI

 

 

Febbraio, tempo dell'attesa 

Attesa della Pasqua che celebreremo il 23 marzo e attesa di attività di un certo rilievo che accadranno qui a Ducenta. 

Lasciamo ancora la foto delle arance del nostro giardino, aspettando la fioritura dei mandorli e dei peschi. 

La riflessione del mese la prendo dal messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ci ha inviato per la quaresima.

Tema: pratica dell'elemosina
Qualche passaggio più interessante:

La Quaresima ci offre una provvidenziale occasione per approfondire il senso e il valore del nostro essere cristiani, e ci stimola a riscoprire la misericordia di Dio.

La Chiesa si preoccupa di proporre alcunispecifici impegni che accompagnino concretamente i fedeli in questo processo di rinnovamento interiore: essi sono la preghiera, il digiuno e l'elemosina.

Quest'anno desidero soffermarmi a rifletteresulla pratica dell'elemosina, che rappresenta un modo concreto di venire in aiuto a chi è nel bisogno e, al tempo stesso, un esercizio ascetico per liberarsi dall'attaccamento ai beni terreni.

L'elemosina ci aiuta a vincere questa costante tentazione, educandoci a venire incontro alle necessità del prossimo e a condividere con gli altri quanto per bontà divina possediamo. A questo mirano le collette speciali a favore dei poveri, che in Quaresima vengono promosse in molte parti del mondo. In tal modo, alla purificazione interiore si aggiunge un gesto di comunione ecclesiale, secondo quanto avveniva già nella Chiesa primitiva.

Nel Vangelo è chiaro il monito di Gesù verso chi possiede e utilizza solo per sé le ricchezze terrene. Di fronte alle moltitudini che, carenti di tutto, patiscono la fame, acquistano il tono di un forte rimprovero le parole di san Giovanni: "Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il proprio fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio?" (1 Gv 3,17).

Con maggiore eloquenza risuona il richiamo alla condivisione nei Paesi la cui popolazione è composta in maggioranza da cristiani, essendo ancor più grave la loro responsabilità di fronte alle moltitudini che soffrono nell'indigenza e nell'abbandono. Soccorrerle è un dovere di giustizia prima ancora che un atto di carità. 

Il Vangelo pone in luce una caratteristica tipica dell'elemosina cristiana: deve essere nascosta. "Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra", dice Gesù, "perché la tua elemosina resti segreta" (Mt 6,3-4). E poco prima aveva detto che non ci si deve vantare delle proprie buone azioni, per non rischiare di essere privati della ricompensa celeste (cfr Mt 6,1-2).

Invitandoci a considerare l'elemosina con uno sguardo più profondo, che trascenda la dimensione puramente materiale, la Scrittura ci insegna che c'è più gioia nel dare che nel ricevere (cfr At 20,35). Quando agiamo con amore esprimiamo la verità del nostro essere: siamo stati infatti creati non per noi stessi, ma per Dio e per i fratelli (cfr 2 Cor 5,15). Ogni volta che per amore di Dio condividiamo i nostri beni con il prossimo bisognoso, sperimentiamo che la pienezza di vita viene dall'amore e tutto ci ritorna come benedizione in forma di pace, di interiore soddisfazione e di gioia. Il Padre celeste ricompensa le nostre elemosine con la sua gioia. 

E c'è di più: san Pietro cita tra i frutti spirituali dell'elemosina il perdono dei peccati. "La carità - egli scrive - copre una moltitudine di peccati" (1 Pt 4,8). Come spesso ripete la liturgia quaresimale, Iddio offre a noi peccatori la possibilità di essere perdonati. Il fatto di condividere con i poveri ciò che possediamo ci dispone a ricevere tale dono. Penso, in questo momento, a quanti avvertono il peso del male compiuto e, proprio per questo, si sentono lontani da Dio, timorosi e quasi incapaci di ricorrere a Lui. L'elemosina, avvicinandoci agli altri, ci avvicina a Dio e può diventare strumento di autentica conversione e riconciliazione con Lui e con i fratelli.

L'elemosina educa alla generosità dell'amore. San Giuseppe Benedetto Cottolengo soleva raccomandare: "Non contate mai le monete che date, perché io dico sempre così: se nel fare l'elemosina la mano sinistra non ha da sapere ciò che fa la destra, anche la destra non ha da sapere ciò che fa essa medesima" (Detti e pensieri, Edilibri, n. 201). Al riguardo, è quanto mai significativo l'episodio evangelico della vedova che, nella sua miseria, getta nel tesoro del tempio "tutto quanto aveva per vivere" (Mc 12,44). La sua piccola e insignificante moneta diviene un simbolo eloquente: questa vedova dona a Dio non del suo superfluo, non tanto ciò che ha, ma quello che è. Tutta se stessa. 

Questo episodio commovente si trova inserito nella descrizione dei giorni che precedono immediatamente la passione e morte di Gesù, il quale, come nota san Paolo, si è fatto povero per arricchirci della sua povertà (cfr 2 Cor 8,9); ha dato tutto se stesso per noi. 

La Quaresima, anche attraverso la pratica dell'elemosina ci spinge a seguire il suo esempio. Alla sua scuola possiamo imparare a fare della nostra vita un dono totale; imitandolo riusciamo a renderci disponibili, non tanto a dare qualcosa di ciò che possediamo, bensì noi stessi. L'intero Vangelo non si riassume forse nell'unico comandamento della carità? La pratica quaresimale dell'elemosina diviene pertanto un mezzo per approfondire la nostra vocazione cristiana. Quando gratuitamente offre se stesso, il cristiano testimonia che non è la ricchezza materiale a dettare le leggi dell'esistenza, ma l'amore. 

La Quaresima ci invita ad "allenarci" spiritualmente, anche mediante la pratica dell'elemosina, per crescere nella carità e riconoscere nei poveri Cristo stesso.

>> SE POTETE, LEGGETE L'INTERO MESSAGGIO DEL PAPA. 

 

 Il Papa ai Superiori Generali

Desidero citare il discorso tenuto dal Papa ai Superiori Generali delle Società Missionarie di Vita Apostolica, di cui fa parte il PIME, il 16 novembre scorso.

Negli ultimi decenni un segno promettente di rinnovamento della consapevolezza missionaria della Chiesa è stato il desiderio crescente di molti laici, uomini e donne, sposati o no, di cooperare generosamente alla missio ad gentes. 

Come ha sottolineato il Concilio, l'opera di evangelizzazione è un compito fondamentale di tutto il popolo di Dio e tutti i battezzati sono chiamati alla "viva coscienza della loro responsabilità per l'opera di evangelizzazione" (Cfr Ad gentes, n. 36)

Sebbene le Società Missionarie abbiano avuto una lunga storia di stretta collaborazione con i laici, altri hanno sviluppato solo di recente forme di associazione laicale con il proprio apostolato.

Data la vastità e l'importanza del contributo reso da questi associati all'opera delle varie Società, le forme proprie della loro cooperazione dovrebbero naturalmente essere governate da statuti specifici e direttive chiare nel rispetto dell'identità canonica propria di ogni istituto. 

Oggi, come in passato, i missionari continuano a lasciare la propria famiglia e la propria casa, spesso con grande sacrificio, al solo scopo di proclamare la Buona Novella di Cristo e servirlo nei loro fratelli e nelle loro sorelle. 

Molti, anche nel nostro tempo, hanno eroicamente confermato la loro predicazione versando il proprio sangue e hanno contribuito all'insediamento della Chiesa in terre lontane. 

Oggi, circostanze difficili hanno portato in molti casi alla diminuzione del numero di giovani attratti dalle società missionarie e a un conseguente declino dell'influenza missionaria.Ciononostante, come insisteva Papa Giovanni Paolo II, la missione ad gentes è ancora solo agli inizi e il Signore esorta noi, tutti noi, a impegnarci generosamente al suo servizio (cfr Redemptoris missio, n. 1).           

"La messe è molta" (Mt 9, 37). Consapevole delle sfide che dovete affrontare, vi incoraggio a seguire fedelmente le orme dei vostri fondatori e a ravvivare i carismi e lo zelo apostolico che avete ereditato da loro, fiduciosi nel fatto che Cristo continuerà a operare con voi e a confermare la vostra predicazione con segni della sua presenza e della sua forza (Cfr Mc 16, 20).

 

 I detti dei nostri missionari

Bramo tanto e prego il buon Dio e la cara Madonna che mi conservino una perenne giovinezza di spirito e mi concedano la perseveranza nella mia bella vocazione missionaria, bella che non ce n'è l'uguale credo.  E anche dopo la morte, una volta in Pradiso - dove spero di andare - intendo di continuare da lassù a far il missionario, non più, certamente, picchiando l'incudine, ma martellando senza posa il cuore del buon Dio, per strappare tante grazie per questa povera gente (dico soprattutto i pagani), che ora vedo attorno a me. Ma che sono impotente ad aiutare e a salvare… 

Fratel Felice Tandardini del PIME                    (Introbio 28.06.1898 - Taunggyi, Myanmar 23.03.1991).

 

Festa di Sant'Alberico Crescitelli       18 febbraio 2008 clicca per accedere alla scheda biografica    Alle ore 17,00 solenne celebrazione eucaristica in onore di Sant'Alberico Crescitelli, martire del Pime, martirizzato dai boxer in Cina il 21 luglio 1900. Accompagnerà i canti la scola cantorum delle suore "Discepole di S. Teresa del Bambino Gesù" di Qualiano.

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