I partecipanti provenivano dai seguenti Paesi dell’Europa:
Italia, Spagna, Germania, Polonia, Svizzera,
Portogallo; dell’America: Colombia, Brasile,
Honduras; dell’Africa: Etiopia; dell’Asia: Indonesia;
dell’Oceania: Papua Nuova Guinea.
Le delegazioni dei
diversi Paesi sono state 33, e tra i loro membri vi
erano 80 Vescovi, 465 sacerdoti, 250 religiosi, 22
diaconi e 664 laici.
Dall’Ecuador hanno partecipato
21 Vescovi, 133 sacerdoti, 307 religiosi, 21 diaconi,
87 seminaristi e 816 laici. Rappresentante del Santo
Padre Benedetto XVI è stato il Cardinale Nicolás
López Rodríguez, Arcivescovo di Santo Domingo e
Primate dell’America Latina.
L’obiettivo principale del Congresso, voluto dal
Consiglio Episcopale Latino-americano (CELAM) era di
“promuovere ed approfondire la fede ed il
rinvigorimento della Chiesa, per porre un argine al
fenomeno delle sette che hanno attratto molti
cattolici, e ad alcuni concetti teologici che hanno
seminato sconcerto”.
Si intendeva anche ravvivare
nelle Chiese particolari dell’America l’avvenimento
della Pentecoste, affinché dall’esperienza del
discepolato le comunità si mettessero in “stato di
missione”, sviluppando la Nuova Evangelizzazione e
la Missione Ad Gentes.
Al termine della Santa Messa conclusiva del
Congresso, il Presidente del CELAM, Mons. Raymundo
Damasceno Assis, ha lanciato la Grande Missione
Continentale, frutto della V Conferenza Generale
dell’Episcopato Latino-americano e dei Caraibi,
celebrata ad Aparecida (Brasile) nel 2007. Il Card.
Antonio González Zumárraga, Presidente onorario
della Conferenza Episcopale Ecuadoriana e Presidente della Commissione organizzatrice del CAM 3, ha
annunciato che il prossimo incontro continentale
missionario, CAM 4, avrà luogo nel 2012 a Maracaibo,
in Venezuela.
Al termine del Congresso è stato diffuso il
“Messaggio del CAM 3 all’umanità, Famiglia di Dio”
nel quale viene ricordato che “è lo Spirito che ci
lega all’Asia, all’Africa, all’Europa e all’Oceania
e ci fa condividere la nostra fede operando insieme
per il Regno”.
I missionari riaffermano, inoltre, il
loro desiderio di restare sempre discepoli,
“continuando a lasciarsi alle spalle situazioni
stabili, reti, barche, genitori, terra, strutture,
successi e stili di vita che realizzano e danno
sicurezza”.
In effetti “la centralità di Cristo
nella nostra vita di discepoli è la radice dell’identità
missionaria, che rinnova costantemente la comunione
fraterna e sostiene l’impegno nella trasformazione
del mondo per mezzo del servizio missionario”.
In una missione che va controcorrente rispetto alla
società, è necessario assumere “la sfida della
crescita della povertà che colpisce la maggioranza
della popolazione mondiale e che è conseguenza dell’espansione
di strutture e sistemi socioeconomici e politici
ingiusti”.
La Missione, continua il Messaggio, si situa nel
cuore del mondo, perciò “guardiamo alla società
intera nelle sue aspirazioni, progetti, nel suo
umanesimo e nella sua sete di Dio. Ci fa male
vederla soffrire per la crisi del modello economico
e sociale, per la crisi ecologica, culturale e
democratica; più ancora per la povertà, l’esclusione,
la violenza e la persecuzione”.
Di fronte a questa situazione, i missionari
ricordano che non ci sono ricette concrete per
risolverla se non “la fiducia nel Signore, il cuore
aperto e il dare ragione della nostra speranza alla
luce del Vangelo”.
“Siamo invitati ad impegnarci con
la nostra Chiesa e la nostra società, collaborando
nella definizione e nella realizzazione di tappe,
priorità e mete di questa storia; a vivere la
solidarietà, la condivisione e la gratuità vissute
dalla comunità missionaria”.
Gli estensori del Messaggio concludono manifestando
il loro desiderio di “mettersi con la Chiesa in
stato permanente di missione”, di “essere servi tra
i poveri”, di “comunicare la bellezza e la forza di
Gesù”, di “riconciliare ed unire la famiglia umana”.
(RG) (Agenzia Fides 1/9/2008)
Quito, Agenzia Fides
I detti dei nostri missionari
"Siamo uniti a Dio mediante
una vita di meditazione e diventeremo strumenti
mirabili delle sue misericordie.
Non ci illudiamo:
lo zelo apostolico, senza del quale nulla siamo come
missionari, non divampa che da un cuore acceso d'amore
di Dio.
Quando il nostro cuore sarà unito a Dio nell'intimità
della meditazione e della preghiera, allora "arde il
fuoco" e il nostro amore ci suggerirà quello zelo
ingegnoso, pratico, perseverante, infaticabile che
contraddistingue il vero apostolo di Gesù Cristo".
Beato Paolo Manna,1872 – 1952, (VA 93).
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