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MISSIONARI  

  IERI E OGGI

 

 

 Giugno a Ducenta

   La Casa dove il Beato Paolo Manna ha lasciato il segno, rallenta il ritmo delle attività. 

   Giovani e adulti che seguono i nostri cammini sono impegnati in diverse iniziative estive: Campi di animazione, pellegrinaggi, campi di lavoro, campi scuola per orientamento vocazionale.

   A tutti auguriamo buona vacanze, un tempo da usare bene per sé e per gli altri.

 

  Accorgersi degli altri

   Molti anni fa ebbi una lezione da un missionario dei Pime che ritornava da Hong Kong. Si chiamava p. Giuseppe Famiglietti (1916-2004), nato ad Aquilonia (AV), che aveva trascorso diversi anni in missione ed era bravo in matematica. Doveva trascorrere un periodo di ferie in Italia e stava visitando gli amici che si tenevano ancora in contatto con lui.

   Quel pomeriggio voleva raggiungere un paese poco distante, ma siccome pioveva mi chiese di imprestargli l’ombrello. “Padre, se vuole l’accompagno con l’auto”, gli dissi. “Ti ringrazio – rispose  – ma desidero andare a piedi”. “Non vede come piove? …è meglio andare in macchina”. Sorrise, come era suo solito, e aggiunse: “Devi sapere che se andiamo in macchina la gente è costretta a spostarsi. Se invece vado a piedi chi passa per strada si avvicina, mi saluta e io colgo l’occasione per dire una buona parola”.

    Potete immaginare come rimasi; quella risposta non me l’aspettavo. Vi confesso che fu una vera lezione: p. Giuseppe mi fece capire che nella vita dobbiamo accorgerci di chi ci passa accanto. Se questo principio lo facessimo nostro ci convinceremmo che costituisce il primo passo di una missione orientata a fare del bene a tutti. 

   Se ci riflettiamo è stato proprio Gesù a comportarsi in questo modo: si è accorto del cieco nato e del lebbroso, della Maddalena e della samaritana, dei giusti e dei peccatori. Di questi ultimi, poi, si è interessato un po’ di più; erano i più bisognosi. Li paragonava ai malati che hanno bisogno del medico, e il medico infallibile era lui. Nel mondo di oggi, diventato problematico per tante emergenze, ci dobbiamo convincere che l’inizio di una buona missione deve partire dalla condivisione. E condividere significa capire i problemi degli altri, donare speranza a chi è disorientato.

   È facile fare la predica oppure limitarsi ai buoni consigli. Molte volte chi passa per strada è alla ricerca di motivazioni che l’aiutino ad affrontare la giornata, trovare il necessario per portare avanti la famiglia, difendere i figli dalle aggressioni di una società disorientata. Dalla condivisione è facile passare alla testimonianza che può indicare un modo di essere e di vivere, ispirato al vangelo di Gesù.

   Ricordo che p. Famiglietti attirava i ragazzi con un gioco di destrezza “facile facile”, che faceva ricordare il metodo di S. Giovanni Bosco.

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    Prendeva una monetina e, passandola da una mano all’altra, la faceva scomparire nella manica della giacca, per poi farla riapparire altrove. Visto il “prodigio” immediatamente si formava il gruppetto di piccoli curiosi. Attirata la loro attenzione, passava alla catechesi spicciola. 

    Chiedeva se pregavano Gesù mattina e sera, se ubbidivano alla mamma, se rispettavano i compagni. I ragazzi, presa confidenza con l’uomo ritornato dalla Cina, rispondevano e formulavano domande su domande. Volevano sapere come il missionario aveva imparato a far scomparire le monetine, come si diventava missionari e come vivevano i bambini dagli occhi a mandorla.

    Purtroppo i tempi sono cambiati e se ritornasse p. Giuseppe Famiglietti i ragazzi non si avvicinerebbero più come una volta. I genitori hanno paura di tutto e mettono in guardia i figli perché non avvicinino persone a sconosciute. Non devono accettare neppure le caramelle, che potrebbero contenere sostanze pericolose. Che brutto mondo stiamo costruendo! Visti i tempi che corrono, è sbagliato desiderare il ritorno del tempo in cui ci si salutava per strada, si portava al vicino di casa il pane caldo appena sfornato dalla mamma; si passava la voce per conoscere i nuovi ammalati da visitare?

    Caro p. Giuseppe, non dimenticherò la lezione di quel pomeriggio piovoso. Grazie per avermi fatto capire che la missione comincia con i piccoli gesti, accorgendosi che il vicino è un compagno di viaggio, diretto come noi verso il cielo.

 

   I detti dei nostri missionari

  P. Mario Vergara (1910 - 1950)

Il 31 agosto 1933, scrive al Superiore: «La gioia che mi riempie il cuore è così grande da rendermi impossibile esprimere i miei sentimenti di gratitudine per la grazia singolare concessami».

Scrive dalla missione: «Abito ora in una capanna di bambù, posta su un cocuzzolo di un monte sovrastante il villaggio di Taruddà – uno dei due villaggi cattolici che è diventato la sua residenza –. Vento e sole entrano liberamente; se piove ho il bagno a domicilio, proprio come i grandi signori... eh, quando uno nasce fortunato! Per il mobilio due sedie e un tavolino che ho fatto col coltellaccio del mio catechista; per cibo un po' di riso con erbe di bosco. 

  A sinistra catene di monti digradanti fino alla pianura di Loikaw e popolatissimi; sono duecento i villaggi di Cariani rossi e alcuni di Shan. I protestanti vi giunsero vent'anni or sono, capite? E contano quattro villaggi. Presto vi farò un giro di "ricognizione" col prete cariano e alcuni catechisti».

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      . Piazza Paolo Manna, 69

       .81038 Trentola Ducenta CE

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       .mail:  rettore.ducenta@pime.org

 

      Domeniche e giorni festivi S.Messa alle ore 9.30

 

 

 

 

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